Lecco, donne e lavoro: paghe inferiori e scarsa possibilità di crescita professionale

Non sono rassicuranti i dati che si evincono dall’analisi commissionata dall’ufficio della Consigliera di Parità della Lombardia al gruppo di ricerca RES dell’Università degli Studi di Brescia: nelle Provincia di Lecco persistono forti divari retributivi di genere e l’occupazione femminile resta scarsa.
A confermarlo il rapporto biennale 2022-2023 “Occupazione femminile e maschile nelle imprese lombarde con più di 50 dipendenti”, che ha analizzato i dati forniti da 8.351 imprese prendendo a riferimento lo stato occupazionale, le tipologie contrattuali, l’utilizzo di forme di flessibilità e di conciliazione vita/lavoro, la formazione svolta e i flussi in entrata e in uscita.
Sul territorio lecchese la presenza femminile nel mondo del lavoro è ancora marginale, tanto da meritare l’ultimo posto nella classifica regionale: in dodicesima posizione, infatti, troviamo Lecco con il 39,8%.
Solo tra gli impiegati il numero di donne supera quello degli uomini (55,6%). La percentuale invece precipita se andiamo a contare le operaie che sono solo il 29,2% del totale. Una nota positiva: se una donna aspira ad un ruolo dirigenziale o di quadro nel territorio di Lecco ha molte più chance di ottenerlo. Il 41,6% tra i dirigenti e il 43,4% tra i quadri infatti sono esponenti del gentil sesso.
Anche nella classifica del divario retributivo la situazione non migliora: Lecco detiene il penultimo posto con un gender pay gap che si attesta al 21,9% contro una media regionale del 20,1%. Considerando il monte retributivo lordo pro-capite, il divario più elevato in Lombardia si registra proprio nella provincia di Lecco, dove le donne percepiscono mediamente 50.131 euro/anno contro i 66.040 euro/anno degli uomini, oltre 15.000€ in meno.
Ad incidere negativamente sulle retribuzioni femminili, oltre all’essere impiegate in ruoli meno remunerativi, è una serie di fattori non secondari: l’alta incidenza del lavoro part-time e di contratti a tempo determinato, l’utilizzo dei congedi parentali e, non ultimo, le dimissioni nei primi anni di vita dei figli. A Lecco, infatti, l’87% degli impiegati e il 79,4% degli operai con un contratto part-time è donna.
Un altro fattore che incide sul gap retributivo di genere è certamente la discontinuità nelle carriere lavorative. Non è necessaria un’attenta analisi dei numeri per certificare l’influenza del ricorso ai congedi parentali sulla minor retribuzione delle donne.
Sul nostro territorio, tra coloro che ne fanno domanda di giorni di permesso per accudire i figli, l’87,5% tra i dirigenti, l’83,7% tra i quadri e l’83,4% tra gli impiegati sono donne. Nell’analisi delle dimissioni nei primi 3 anni dei figli spicca l’incidenza nei lavori impiegatizi: nel lecchese la percentuale femminile è altissima (78,8%).
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“La ridotta occupazione femminile e il divario retributivo sussistente permangono e costituiscono oggettivamente una penalizzazione che si estende dalle lavoratrici al mercato del lavoro" commenta Mirco Scaccabarozzi, Segretario Generale CISL Monza Brianza Lecco. "Che fare? Al netto dell’ovvio impegno contrattuale ai tavoli sindacali occorre altresì un intervento legislativo che consenta più ampi spazi di agibilità per quanto riguarda le azioni mirate alla conciliazione vita lavoro, dal momento che il welfare cosiddetto invisibile poggia ancora in larghissima misura su spalle femminili. Non dimentichiamo poi le cosiddette famiglie sandwich che di nuovo vedono un massiccio impegno delle donne sia per i minori che per gli anziani, talora grandi anziani. Ancora, analizzando il dato retributivo si scopre che il divario maggiore non è sulla paga base ma nelle componenti accessorie, spesso legate alla valutazione discrezionale delle performance. A fronte di ciò sono per noi necessarie maggiore trasparenza e oggettività nella definizione dei criteri di assegnazione in modo che l’attribuzione si svincoli da qualsiasi considerazione di genere”.
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