Esino, omicidio Beghetto: in Appello confermati i 24 anni nei confronti di Luciano Biffi
La Corte d'Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado. Ventiquattro anni la condanna disposta nei confronti di Luciano Biffi per i tragici e noti fatti avvenuti nell'aprile 2024 a Esino Lario, quando l'uomo – reo confesso – uccise il vicino di casa Pierluigi Beghetto, noto per il suo impegno civile ed amministrativo nel comune ai piedi della Grigna.
Rigettata anche la richiesta di perizia psichiatrica avanzata dalla difesa; tutto uguale insomma, rispetto a quanto avvenuto in Corte d'Assise a Como in primavera.

Negli scorsi mesi l'avvocato Giorgio Pagnoncelli, difensore dell'imputato, data lettura alle motivazioni della sentenza di primo grado– aveva impugnato il verdetto, con l'udienza fissata quest'oggi. Nel suo ricorso il legale del Foro di Bergamo puntava ad una riduzione della pena, ritenuta eccessiva, sulla scorta di quanto aveva già sostenuto in aula negli scorsi mesi.
Secondo il legale, quelli che la Procura ha ritenuto sin dal principio ''futili motivi'' - contestando a Biffi un'aggravante che gli ha di fatto precluso l'accesso al rito abbreviato - per l'esinese erano una questione di ''vitale importanza''.
Stando infatti a quanto era emerso nella breve istruttoria, l'imputato appariva come ''ossessionato'' da alcuni sacchi di pellet di proprietà del vicino, la cui presenza accanto alla sua abitazione non riusciva proprio a tollerare per via dell'odore che a suo dire emanavano.
Il difensore aveva spiegato alla Corte come l'accumulo di tensione nel suo assistito fosse ''ormai al limite per l'atteggiamento del vicino, ritenuto sfidante e provocatorio'', cercando di tradurre a parole lo stato d'animo del Biffi. ''Non a caso, subito dopo l'omicidio sposta i sacchi di pellet dalla posizione in cui si trovavano''.

Pagnoncelli aveva chiesto l'esclusione dell'aggravante - ''i pellet non sono il motivo di quanto avvenuto, ma l'oggetto della discussione'' le sue parole - così da concedere al proprio assistito la possibilità di scontare di un terzo la pena irrogata.
Di tutt'altro avviso, chiaramente, la posizione del sostituto procuratore Chiara Stoppioni - titolare del fascicolo d'indagine ereditato dalla collega Giulia Angeleri - che nella sua requisitoria aveva ricondotto l'omicidio ad una mera questione di vicinato, banale, che Luciano Biffi però non era riuscito a gestire con lucidità.
Una tesi sposata in pieno dalla Corte d'Assise presieduta dal giudice Carlo Cecchetti, con la condanna a ventiquattro anni di reclusione nei confronti di Biffi (uno in meno di quanto chiesto dal PM) tenendo conto delle attenuanti generiche e della contestata aggravante. Disposto altresì, la scorsa primavera, un risarcimento danni di quasi 1.400.000 euro nei confronti delle parti civili costituite, dunque la moglie e i due figli di Beghetto, oltre al pagamento delle spese processuali.
Un verdetto confermato pochi istanti fa dai giudici della Corte d'Appello di Milano, nel corso dell'udienza fissata per le ore 9 di quest'oggi alla quale ha preso parte anche l'imputato, ancora oggi detenuto in carcere a Monza.
Dopo la discussione delle parti (era presente anche l'avvocato Massimiliano Tebaldi in rappresentanza della famiglia Beghetto ndr) e una camera di consiglio durata un paio d'ore, è stata data lettura della sentenza, che di fatto - come dicevamo - non sposta nulla rispetto al primo grado.
''Sono amareggiato: una volta depositate le motivazioni valuteremo il da farsi'' il breve commento dell'avvocato Pagnoncelli al termine dell'udienza.
Rigettata anche la richiesta di perizia psichiatrica avanzata dalla difesa; tutto uguale insomma, rispetto a quanto avvenuto in Corte d'Assise a Como in primavera.

Luciano Biffi, reo confesso dell'omicidio del vicino di casa
Negli scorsi mesi l'avvocato Giorgio Pagnoncelli, difensore dell'imputato, data lettura alle motivazioni della sentenza di primo grado– aveva impugnato il verdetto, con l'udienza fissata quest'oggi. Nel suo ricorso il legale del Foro di Bergamo puntava ad una riduzione della pena, ritenuta eccessiva, sulla scorta di quanto aveva già sostenuto in aula negli scorsi mesi.
Secondo il legale, quelli che la Procura ha ritenuto sin dal principio ''futili motivi'' - contestando a Biffi un'aggravante che gli ha di fatto precluso l'accesso al rito abbreviato - per l'esinese erano una questione di ''vitale importanza''.
Stando infatti a quanto era emerso nella breve istruttoria, l'imputato appariva come ''ossessionato'' da alcuni sacchi di pellet di proprietà del vicino, la cui presenza accanto alla sua abitazione non riusciva proprio a tollerare per via dell'odore che a suo dire emanavano.
Il difensore aveva spiegato alla Corte come l'accumulo di tensione nel suo assistito fosse ''ormai al limite per l'atteggiamento del vicino, ritenuto sfidante e provocatorio'', cercando di tradurre a parole lo stato d'animo del Biffi. ''Non a caso, subito dopo l'omicidio sposta i sacchi di pellet dalla posizione in cui si trovavano''.

Pierluigi Beghetto
Pagnoncelli aveva chiesto l'esclusione dell'aggravante - ''i pellet non sono il motivo di quanto avvenuto, ma l'oggetto della discussione'' le sue parole - così da concedere al proprio assistito la possibilità di scontare di un terzo la pena irrogata.
Di tutt'altro avviso, chiaramente, la posizione del sostituto procuratore Chiara Stoppioni - titolare del fascicolo d'indagine ereditato dalla collega Giulia Angeleri - che nella sua requisitoria aveva ricondotto l'omicidio ad una mera questione di vicinato, banale, che Luciano Biffi però non era riuscito a gestire con lucidità.
Una tesi sposata in pieno dalla Corte d'Assise presieduta dal giudice Carlo Cecchetti, con la condanna a ventiquattro anni di reclusione nei confronti di Biffi (uno in meno di quanto chiesto dal PM) tenendo conto delle attenuanti generiche e della contestata aggravante. Disposto altresì, la scorsa primavera, un risarcimento danni di quasi 1.400.000 euro nei confronti delle parti civili costituite, dunque la moglie e i due figli di Beghetto, oltre al pagamento delle spese processuali.
Un verdetto confermato pochi istanti fa dai giudici della Corte d'Appello di Milano, nel corso dell'udienza fissata per le ore 9 di quest'oggi alla quale ha preso parte anche l'imputato, ancora oggi detenuto in carcere a Monza.
Dopo la discussione delle parti (era presente anche l'avvocato Massimiliano Tebaldi in rappresentanza della famiglia Beghetto ndr) e una camera di consiglio durata un paio d'ore, è stata data lettura della sentenza, che di fatto - come dicevamo - non sposta nulla rispetto al primo grado.
''Sono amareggiato: una volta depositate le motivazioni valuteremo il da farsi'' il breve commento dell'avvocato Pagnoncelli al termine dell'udienza.
