Lecco: un corteo 'contro' la produzione locale di materiale bellico
Una camminata intensa, composta e vibrante di rabbia civile e solidarietà: così si è svolto ieri il corteo che a Lecco ha attraversato i rioni di Belledo e Germanedo per puntare l’attenzione sulla produzione bellica locale e chiedere la definitiva conclusione del massacro in Palestina. La manifestazione, partita da Viale Montegrappa con cartelli e volantini distribuiti lungo il percorso, si è conclusa in piazza V Alpini dopo aver toccato simbolicamente gli stabilimenti indicati dagli organizzatori.


Il gruppo ha sfilato compatto lungo le strade che costeggiano alcune delle aziende coinvolte nell’industria degli armamenti - tra cui Simecom, Fiocchi Munizioni, Invernizzi Presse, Forza 3M e Minuterie 3M —, i cui nomi erano indicati sui volantini che spiegavano anche come, negli ultimi anni, la provincia abbia registrato una crescita delle esportazioni in ambito militare.

Durante il corteo sono stati intonati cori per la Palestina e scandite parole contro la produzione di armi: non slogan vuoti, ma richieste nette, precise, dirette al cuore di una filiera che molti partecipanti ritengono responsabile di sofferenze lontane ma riconducibili anche al territorio.
Cittadini, studenti, rappresentanti di associazioni e gruppi politici hanno marciato insieme, ascoltando i passaggi del volantino distribuito agli astanti e soffermandosi davanti ai cancelli delle aziende per leggere le informazioni e ascoltare gli interventi. In molti si sono fermati ad ascoltare, alcuni hanno raccolto i volantini.

Gli organizzatori avevano scelto un linguaggio chiaro e senza ambiguità, rivolto alle istituzioni e ai cittadini: condannare l’aggressione, chiedere corridoi umanitari, ma anche mettere sotto la lente le connessioni tra produzione industriale locale ed export di materiali che finiscono in teatri di guerra. Si è infatti sottolineato che, nel 2024, la provincia di Lecco ha registrato cifre rilevanti nelle esportazioni di materiale classificato come militare, da qui un motivo in più per una mobilitazione che partisse dal territorio.


La serata si è svolta in un clima pacifico, senza alcuno scontro: gli interventi alternati alle tappe del percorso hanno puntato sul richiamo alla coscienza collettiva, alla responsabilità sociale e alla necessità di agire con strumenti di pressione non violenta. Parole dure contro le complicità economiche, appelli a interrompere la filiera degli armamenti, ma anche l’invito a costruire forme di lotta che coinvolgano lavoratori, sindacati e comunità.

Il corteo si è fatto sentire con cori e voci, ma anche con momenti di silenzio: soste davanti ad alcune fabbriche, letture dei messaggi del volantino e la chiusura in piazza V Alpini, dove i partecipanti si sono radunati per ascoltare gli ultimi interventi. I promotori hanno voluto rendere evidente la contraddizione tra la vita quotidiana della comunità e la produzione di strumenti di morte che, pur “assemblati qui vicino”, finiscono per mietere vittime altrove.

Molti passanti e residenti hanno seguito il passaggio del corteo dal marciapiede, alcuni si sono uniti per un tratto, altri si sono fermati a parlare con gli attivisti. La manifestazione ha così voluto ribadire che la protesta locale può essere una forma concreta di pressione morale e politica, che non si esaurisce nel gesto simbolico ma cerca connessioni con sindacati, lavoratori e soggetti istituzionali per chiedere risposte concrete.

Il volantino distribuito durante la camminata sottolineava anche la dimensione etica: «Da qui partono componenti e macchinari, da qui passano parte di quelle merci che arrivano in teatri di guerra. La responsabilità è anche locale. Da qui possiamo agire per fermare questa catena». L’appello finale del corteo è stato quindi rivolto ai cittadini, ai lavoratori delle aziende interessate e alle istituzioni: intervenire, chiedere trasparenza nelle autorizzazioni alle esportazioni e sostenere alternative economiche e produttive che non siano legate alla guerra.
La serata si è chiusa, come detto, in piazza V Alpini, con la sensazione di aver acceso una discussione che gli organizzatori vogliono portare avanti: il tema non è solo la condanna dell’aggressione internazionale, ma anche la messa in luce delle responsabilità economiche e industriali più vicine a casa. L’intento dichiarato è continuare la mobilitazione, approfondire il dialogo con i sindacati e sollecitare istituzioni e amministrazioni locali a rispondere con misure che possano incidere sulla filiera bellica, sempre nel solco della non violenza.


Il gruppo ha sfilato compatto lungo le strade che costeggiano alcune delle aziende coinvolte nell’industria degli armamenti - tra cui Simecom, Fiocchi Munizioni, Invernizzi Presse, Forza 3M e Minuterie 3M —, i cui nomi erano indicati sui volantini che spiegavano anche come, negli ultimi anni, la provincia abbia registrato una crescita delle esportazioni in ambito militare.

Durante il corteo sono stati intonati cori per la Palestina e scandite parole contro la produzione di armi: non slogan vuoti, ma richieste nette, precise, dirette al cuore di una filiera che molti partecipanti ritengono responsabile di sofferenze lontane ma riconducibili anche al territorio.


Gli organizzatori avevano scelto un linguaggio chiaro e senza ambiguità, rivolto alle istituzioni e ai cittadini: condannare l’aggressione, chiedere corridoi umanitari, ma anche mettere sotto la lente le connessioni tra produzione industriale locale ed export di materiali che finiscono in teatri di guerra. Si è infatti sottolineato che, nel 2024, la provincia di Lecco ha registrato cifre rilevanti nelle esportazioni di materiale classificato come militare, da qui un motivo in più per una mobilitazione che partisse dal territorio.


La serata si è svolta in un clima pacifico, senza alcuno scontro: gli interventi alternati alle tappe del percorso hanno puntato sul richiamo alla coscienza collettiva, alla responsabilità sociale e alla necessità di agire con strumenti di pressione non violenta. Parole dure contro le complicità economiche, appelli a interrompere la filiera degli armamenti, ma anche l’invito a costruire forme di lotta che coinvolgano lavoratori, sindacati e comunità.

Il corteo si è fatto sentire con cori e voci, ma anche con momenti di silenzio: soste davanti ad alcune fabbriche, letture dei messaggi del volantino e la chiusura in piazza V Alpini, dove i partecipanti si sono radunati per ascoltare gli ultimi interventi. I promotori hanno voluto rendere evidente la contraddizione tra la vita quotidiana della comunità e la produzione di strumenti di morte che, pur “assemblati qui vicino”, finiscono per mietere vittime altrove.

Molti passanti e residenti hanno seguito il passaggio del corteo dal marciapiede, alcuni si sono uniti per un tratto, altri si sono fermati a parlare con gli attivisti. La manifestazione ha così voluto ribadire che la protesta locale può essere una forma concreta di pressione morale e politica, che non si esaurisce nel gesto simbolico ma cerca connessioni con sindacati, lavoratori e soggetti istituzionali per chiedere risposte concrete.

Il volantino distribuito durante la camminata sottolineava anche la dimensione etica: «Da qui partono componenti e macchinari, da qui passano parte di quelle merci che arrivano in teatri di guerra. La responsabilità è anche locale. Da qui possiamo agire per fermare questa catena». L’appello finale del corteo è stato quindi rivolto ai cittadini, ai lavoratori delle aziende interessate e alle istituzioni: intervenire, chiedere trasparenza nelle autorizzazioni alle esportazioni e sostenere alternative economiche e produttive che non siano legate alla guerra.

G.D.