In viaggio a tempo indeterminato/401: la polenta con il formaggio a colazione

La polenta con il formaggio a colazione.
1000 punti per la Colombia già al mattino alle 7.
Un signore davanti alla porta del nostro hotel le scalda su una piastra appoggiata su un carretto di metallo.
Sono dischi di farina di mais ripieni di formaggio.
"Puedo tomar un vidéo?" (posso fare in video?) gli chiedo sicura come se parlassi spagnolo fluente.
Credo sia la prima frase che ho pronunciato in spagnolo da quando siamo in Colombia. Come se vedere il volto rassicurante di quel signore che cucina le arepas, mi avesse dato la spinta a parlare in una lingua che non ho mai studiato ma che un po' mi era entrata dentro nei mesi in Messico durante il periodo della pandemia.
Lui mi ha guardato, sorriso e un istante dopo mi ha risposto con una gentilezza dolce quanto la marmellata di ananas da accompagnare alle sue arepas.
"Claro qué sí señorita! Con mucho gusto!" (certo signorina, con molto piacere!)
Mi sono sciolta? Sì.
Mi ha dato della signorina e nella stessa frase ci ha messo un modo di dire gentilissimo? Sì.
Abbiamo comprato arepas dal signore ogni mattina del nostro soggiorno a Bogotà? Ovviamente si.
"Le faccio da molti anni. Sono qui ogni mattina finché non finisco l'impasto. Magari con il tuo video divento famoso e le esporto all'estero!".
Gli sorrido un po' sorpresa un po' commossa.
C'è la fila che aspetta di comprare quelle delizie quindi mi sposto qualche metro e lo osservo servire tutti con la stessa gentilezza che ha appena riservato a una "señorita" straniera che gli ha chiesto un video.
Gira le arepas sulla piastra. Controlla la cottura con la spatola.
Poi ne sceglie una e la infila in una busta. Qualche tovagliolo. Prende i 3000 pesos (0,65€). Saluta.
È una danza nella tranquilla Bogotà che si sveglia alle 7 del mattino.
I palazzi storici, i murales e le case colorate sono lo sfondo magico di questo momento. Mi sento in un film.

"Ma quello è un mitra?"
"Non me lo dire neanche! Tu e le tue idee!"
Bogotà perde 500 punti e son solo le 7:30 del mattina.
L'idea era di andare al mercato di Paloquemao, uno dei più grandi della città. Ogni giorno qui vengono a rifornirsi di materie prime i ristoratori di tutta Bogotà.
Si trova a 3,5 km dalla Candelaria, il quartiere storico dove abbiamo la stanza.
Ci siamo svegliati presto e non sono neanche tanti km, quindi ci viene l'idea di andarci a piedi.
Il centro si sta svegliando, il traffico è tranquillo a quest'ora e i primi venditori stanno allestendo i loro banchetti nella via principale.
Mi sento tranquilla. Io e Paolo camminiamo di buon passo, spinti dalla voglia di berci un caffè appena arrivati a destinazione.
Dopo qualche centinaio di metri, però, lo scenario attorno a noi inizia a cambiare.
È una differenza che percepiamo subito ma che si fa più evidente più ci allontaniamo dal centro storico.
I palazzi diventano più grigi e degradati.
I lavoratori diretti verso gli uffici sono sempre di meno.
Le serrande dei pochi negozi sono ancora tutte abbassate e la quantità di sbarre metalliche davanti alle porte delle case si è moltiplicata.
La mia tranquillità inizia a venire meno ma Paolo è sereno e imperterrito continua a camminare.
Noto su di noi lo sguardo di alcune ragazze in piedi alla angolo di una strada. Stanno facendo quello che qualcuno definisce il "lavoro più antico del mondo" ma ammetto che vederle mi spiazza un po'. Non sono nemmeno le 8 di mattina.
Continuiamo a camminare e attorno a noi adesso la differenza rispetto al centro è drastica.
Allunghiamo il passo ancora di più e anche Paolo, che fino a pochi metri prima era tranquillo, inizia a dubitare quella che sia stata una scelta saggia.
Ci guardiamo intorno più guardinghi che mai.
In una strada secondaria stanno bruciando immondizia. Il fumo sale e nella mia testa risuonano tutte quelle frasi sentite prima di partire: "State attenti in Colombia c'è molta violenza", "Non avete paura ad andarci?" "Il Sudamerica non è sicuro come l'Asia".
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Stiamo camminando sul marciapiede di una grande strada a due corsie per senso di marcia.
Ci sono persone che stanno dormendo nell'aiuola che fa da spartitraffico e al semaforo un gruppo di ragazzi si mette in moto per lavare i vetri delle auto ferme al rosso.
Tra loro, a un tratto, notiamo un personaggio che, lo ammetto, in ogni altra situazione mi avrebbe fatto sorridere ma lì, in quella zona di Bogotà, mi metto parecchia ansia.
Ha un mitra in mano, una barba lunga e un turbante in testa. Si avvicina alle macchine. Picchia nel finestrino e tutti gli danno qualche moneta.
Appena lo notiamo, acceleriamo ancora di più il passo.
"Ma sarà vero quel mitra? Secondo me è finto!" mi dice Paolo.
"Vuoi andare a chiederglielo?" gli rispondo io spazientita e sull'orlo di una crisi di panico.
Ammetto in quel momento di aver perso la mia lucidità e di aver pensato che io in Colombia non ci sarei mai dovuta andare.
Gli ultimi km verso il mercato li abbiamo fatti volando e arrivati a destinazione abbiamo tirato un sospiro di sollievo.
Un caffè caldo e un dolce con la marmellata di guava mi hanno riportato la calma e la serenità che avevo perso. Ho capito di aver esagerato e che ancora mi devo staccare dall'idea che la Colombia sia solo pericolosa.
È inutile negarlo, questo Paese ha avuto un passato molto violento fatto di vere e proprie guerra tra cartelli per il controllo dei traffici di droga. Fino a qualche anno fa, città come Bogotà e Medellin erano considerate tra le più pericolose al mondo. Omicidi e sequestri, anche di civili innocenti, erano molto frequenti e all'estero questo Paese era visto come molto violento.
Oggi fortunatamente non è più così.
La Colombia ha fatto passi da gigante e attira moltissimi turisti da tutto il mondo. Il livello di violenza e pericolosità è decisamente diminuito e fortunatamente si può godere della bellezza di questo Paese in modo molto sereno.
Le grandi città restano ancora "l'anello debole" ed è necessario fare parecchia attenzione soprattutto in determinati quartieri.
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Non sapremo mai se quel mitra era vero o no. La facilità con cui il signore in questione riusciva a raccogliere denaro ci lascerà sempre il dubbio.
Quello che è certo è che da questa giornata, iniziata con la polenta, ci portiamo a casa un bilancio positivo, con un bello spavento ma siccome è andato tutto bene non possiamo dire nulla.
La lezione imparata oggi, però, è che in città forse è sempre meglio prendere l'autobus!
Angela (e Paolo)
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