In 25 anni scovate 161 'nuove' tele di Morlotti. La ricerca continua
Quanti sono, ancora, i quadri di Ennio Morlotti sfuggiti alla catalogazione ufficiale? Soprattutto i quadri dei primi anni, quando Morlotti non era ancora Morlotti. E che magari saltano fuori dall’eredità di un parente. Ignaro o forse no. A quei quadri da un quarto di secolo dà la caccia l’Archivio delle Opere di Ennio Morlotti cha ha sede in via Saffi a Milano, scoprendo dipinti sconosciuti ma anche qualche contraffazione.
Organismo dell’Archivio è infatti il Comitato Autentiche che si riunisce due volte all’anno per verificare, appunto, l’autenticità delle “nuove” opere venute allo scoperto.
Ennio Morlotti, si sa, è tra i maggiori pittori del Novecento italiano. Nacque a Lecco nel 1910, ma i suoi rapporti con la città natale non furono idilliaci e infatti, imboccata definitivamente la strada dell’arte, scelse di vivere in Brianza, una Brianza che con l’Adda che l’attraversa è uno dei temi più noti della sua pittura. Del resto, quello stare a contatto con la natura gli permise di entrare nel paesaggio, scandagliarne le profondità, infilarci le mani, metterne in luce i dettagli. Morì a Milano nel 1992.
Allo scoccare del nuovo secolo e cioè nell’anno 2000 l’editore Skira pubblicò il catalogo ragionato delle opere a olio: due volumi curati da Gianfranco Bruno, Piergiovanni Castagnoli e Donatella Biasin. Venivano censite 2148 opere, ma si sapeva che altre erano sfuggite: quadri conservati in case private, da veri e propri collezionisti, ma non solo. Proprio per tentare di risalire all’intera produzione a olio (e poi ci sarebbero anche disegni e acquerelli ma per ora l’inventario non è stato fatto), nel 2001 è stato appunto costituita l’associazione dell’Archivio delle Opere su iniziativa della vedova Anna Maria Vitalini, della figlia Paola e della nipote Alessia Mesirca. L’Archivio conserva le pubblicazioni, le fotografie, il materiale stampa e la corrispondenza, ma anche materiali orali e tutta la documentazione utili a documentare il lavoro dell’artista lecchese.
Tra i suoi scopi, vi è inoltre la salvaguardia della memoria del pittore, ma anche un ulteriore valorizzazione della sua opera.

«Fino a oggi – ci dice il curatore Lorenzo Paolo Messina – l’Archivio ha avuto un ruolo soprattutto conservativo. Adesso sta un po’ cambiando. Sentiamo infatti la necessità di riportare Morlotti in auge, soprattutto a Milano. Per esempio è in corso un importante lavoro sulle sue lettere, il prossimo mese di febbraio parteciperemo alla rassegna milanese Museocity con una mostra dedicata alla collezione personale di disegni che Morlotti aveva raccolto nella sua vita dimostrando d’avere uno sguardo attento: ci sono, tra le altre, opere di Schiele e Klimt… E poi vi è da parlare dei rapporti con Lecco. Negli anni Ottanta, lo stesso Morlotti aveva donato ai musei lecchesi volumi e cataloghi che costituivano l’intera propria bibliografia. Due o tre anni fa, come Archivio li abbiamo interamente digitalizzati. E’ un grande patrimonio che potrebbe essere messo on line, anche se naturalmente ci sarà qualche problema di diritti editoriali da pagare».

In più, come detto, c’è il lavoro del Comitato Autentiche, presieduto da Alessia Mesirca e di cui fanno parte Francesco Guzzetti, Lia Perissinotti, Gian Luigi Rebesco e Claudio Spadoni. Lo scopo è appunto quello di autenticare le opere di Morlotti non presenti nel catalogo “ufficiale” del 2000. La prossima riunione è in calendario per il 27 ottobre.
In questi 25 anni sono state individuate 161 “nuove” opere che portano così la produzione “ufficiale” del grande artista lecchese a quota 2309. Tra le scoperte un’Adda inedito che una signora lecchese aveva ereditato dal padre al quale l’aveva donato lo stesso Morlotti per via di un rapporto di amicizia che li legava. La donna sapeva della paternità dell’opera, che aveva sempre avuto sotto gli occhi, appesa a un muro di casa e che aveva mai pensato dovesse ancora essere catalogata.
In altri casi, c’è il timore che a richiedere un’autentica si finisca con lo scoprire che il quadro firmato Morlotti in realtà non sia autentico e di dover poi fare i conti con conseguenze penali. Da questo punto di vista, lo stesso Messina assicura che il ruolo del comitato è solo quello di attestarne o meno l’autenticità e nel primo caso inserirlo nel catalogo. E’ sufficiente inviare una fotografia allo stesso Archivio per richiedere una verifica del tutto gratuita. Mentre se si richiede un’autenticazione ufficiale si dovrà seguire una procedura un po’ più complessa e a pagamento.
Non si esclude che “nascosti” vi siano ancora molti quadri del maestro lecchese, relativi soprattutto al primo periodo quando appunto un giovane Ennio Morlotti si dibatteva tra lo scegliere una vita da impiegato di provincia con la passione del dipingere oppure buttarsi senza riserve nel mondo dell’arte. Quadri magari regalati o invece ceduti per poche lire. Non si dimentichi che fu con il ricavato dei quadri venduti – grazie all’architetto Mario Cereghini – in occasione della mostra del paesaggio della Quinquiennale di Lecco nel 1937, che Morlotti riuscì a pagarsi un breve soggiorno a Parigi che rappresentò la svolta della sua vita: gli consentì di confrontarsi con i grandi maestri di tutti i tempi, ma lo sprofondò anche in una crisi che per qualche tempo gli impedì, se non saltuariamente (con l’affresco nella chiesa dell’Airoldi e Muzzi, per esempio), di prendere in man un pennello, finché si ritenne all’altezza di reggere quel confronto, seppure con il linguaggio della modernità. Acquisendo infine uno stile personale inconfondibile, caposaldo dell’arte del Novecento.
Di contro, c’è il problema delle eventuali contraffazioni, anche se non pare che per Morlotti il “mercato illegale” sia particolarmente affollato. Se le case d’asta hanno procedure in grado di svelare i possibili falsi, c’è però il cosiddetto mondo sommerso che gravita attorno ad alcuni siti di vendita on line che va costantemente monitorato. E spesso ci si imbatte in acquirenti che in buona fede hanno acquistato per somme irrisorie piccoli quadri firmati Morlotti sulle bancarelle di qualche mercatino per poi scoprire che erano invece semplici copie. Solo in caso di sospetto di un vero e proprio traffico, l’Archivio si rivolge ai carabinieri. In questi anni, sono state una settantina le opere riconosciute come non autentiche.
Informazioni sul sito www.archivimorlotti.com. Si può scrivere una e.mail all’indirizzo associazione@archivimorlotti.com e telefonare al numero 348.089.35.38.

Ennio Morlotti a Lecco
Organismo dell’Archivio è infatti il Comitato Autentiche che si riunisce due volte all’anno per verificare, appunto, l’autenticità delle “nuove” opere venute allo scoperto.
Ennio Morlotti, si sa, è tra i maggiori pittori del Novecento italiano. Nacque a Lecco nel 1910, ma i suoi rapporti con la città natale non furono idilliaci e infatti, imboccata definitivamente la strada dell’arte, scelse di vivere in Brianza, una Brianza che con l’Adda che l’attraversa è uno dei temi più noti della sua pittura. Del resto, quello stare a contatto con la natura gli permise di entrare nel paesaggio, scandagliarne le profondità, infilarci le mani, metterne in luce i dettagli. Morì a Milano nel 1992.

Tra i suoi scopi, vi è inoltre la salvaguardia della memoria del pittore, ma anche un ulteriore valorizzazione della sua opera.

«Fino a oggi – ci dice il curatore Lorenzo Paolo Messina – l’Archivio ha avuto un ruolo soprattutto conservativo. Adesso sta un po’ cambiando. Sentiamo infatti la necessità di riportare Morlotti in auge, soprattutto a Milano. Per esempio è in corso un importante lavoro sulle sue lettere, il prossimo mese di febbraio parteciperemo alla rassegna milanese Museocity con una mostra dedicata alla collezione personale di disegni che Morlotti aveva raccolto nella sua vita dimostrando d’avere uno sguardo attento: ci sono, tra le altre, opere di Schiele e Klimt… E poi vi è da parlare dei rapporti con Lecco. Negli anni Ottanta, lo stesso Morlotti aveva donato ai musei lecchesi volumi e cataloghi che costituivano l’intera propria bibliografia. Due o tre anni fa, come Archivio li abbiamo interamente digitalizzati. E’ un grande patrimonio che potrebbe essere messo on line, anche se naturalmente ci sarà qualche problema di diritti editoriali da pagare».
Morlotti nella sua casa a Milano
In più, come detto, c’è il lavoro del Comitato Autentiche, presieduto da Alessia Mesirca e di cui fanno parte Francesco Guzzetti, Lia Perissinotti, Gian Luigi Rebesco e Claudio Spadoni. Lo scopo è appunto quello di autenticare le opere di Morlotti non presenti nel catalogo “ufficiale” del 2000. La prossima riunione è in calendario per il 27 ottobre.
In questi 25 anni sono state individuate 161 “nuove” opere che portano così la produzione “ufficiale” del grande artista lecchese a quota 2309. Tra le scoperte un’Adda inedito che una signora lecchese aveva ereditato dal padre al quale l’aveva donato lo stesso Morlotti per via di un rapporto di amicizia che li legava. La donna sapeva della paternità dell’opera, che aveva sempre avuto sotto gli occhi, appesa a un muro di casa e che aveva mai pensato dovesse ancora essere catalogata.

L'Adda a Imbersago
In altri casi, c’è il timore che a richiedere un’autentica si finisca con lo scoprire che il quadro firmato Morlotti in realtà non sia autentico e di dover poi fare i conti con conseguenze penali. Da questo punto di vista, lo stesso Messina assicura che il ruolo del comitato è solo quello di attestarne o meno l’autenticità e nel primo caso inserirlo nel catalogo. E’ sufficiente inviare una fotografia allo stesso Archivio per richiedere una verifica del tutto gratuita. Mentre se si richiede un’autenticazione ufficiale si dovrà seguire una procedura un po’ più complessa e a pagamento.
Non si esclude che “nascosti” vi siano ancora molti quadri del maestro lecchese, relativi soprattutto al primo periodo quando appunto un giovane Ennio Morlotti si dibatteva tra lo scegliere una vita da impiegato di provincia con la passione del dipingere oppure buttarsi senza riserve nel mondo dell’arte. Quadri magari regalati o invece ceduti per poche lire. Non si dimentichi che fu con il ricavato dei quadri venduti – grazie all’architetto Mario Cereghini – in occasione della mostra del paesaggio della Quinquiennale di Lecco nel 1937, che Morlotti riuscì a pagarsi un breve soggiorno a Parigi che rappresentò la svolta della sua vita: gli consentì di confrontarsi con i grandi maestri di tutti i tempi, ma lo sprofondò anche in una crisi che per qualche tempo gli impedì, se non saltuariamente (con l’affresco nella chiesa dell’Airoldi e Muzzi, per esempio), di prendere in man un pennello, finché si ritenne all’altezza di reggere quel confronto, seppure con il linguaggio della modernità. Acquisendo infine uno stile personale inconfondibile, caposaldo dell’arte del Novecento.

Nello studio di Colle Brianza
Informazioni sul sito www.archivimorlotti.com. Si può scrivere una e.mail all’indirizzo associazione@archivimorlotti.com e telefonare al numero 348.089.35.38.
D.C.