PAROLE CHE PARLANO/252
Clinico
È iniziato il periodo delle malattie da raffreddamento e, mentre ci auguriamo di evitarle (o almeno di cavarcela senza complicazioni), sappiamo che un buon quadro clinico può fare la differenza per una guarigione rapida. Un medico esperto, infatti, sa riconoscere i segni di una malattia a colpo d’occhio e sa formulare una diagnosi tempestiva. È proprio da questa precisione diagnostica che nasce il modo di dire "avere l’occhio clinico", usato oggi per indicare chi possiede acutezza, intuito e attenzione ai dettagli in qualsiasi situazione.
Ma da dove deriva il termine "clinico"? La sua origine è sorprendente: deriva dal greco klinē, che significa "letto". Non a caso, però: è proprio sul letto che i medici dell’antichità (e non solo) si chinavano per visitare i malati, osservarne i sintomi e ascoltarne le lamentele. Il "clinico", quindi, è colui che si avvicina al paziente, che lo studia in presenza, non solo attraverso libri o analisi di laboratorio.
Curiosamente, la stessa radice (klinē) compare in un altro contesto, apparentemente lontano dalla medicina: il triclinio romano (tri- + klinē). Questo termine indicava la sala da pranzo dove i Romani banchettavano, sdraiati su tre letti disposti a ferro di cavallo attorno a un tavolino detto mensa. Ogni letto-divano ospitava tre commensali, per un totale di nove persone, il numero ideale per un convivio, come possiamo vedere anche in film come Ben Hur.
Da un letto all’altro, insomma: se la klinē era il luogo del riposo per i malati, per i Romani era anche il simbolo di convivialità e piacere. Chissà se i medici dell’epoca, dopo una lunga giornata di visite, si concedevano un banchetto su una klinē…
L’augurio, quindi, è duplice: non ammalarsi (o guarire in fretta, con l’aiuto di un bravo clinico!) e godersi la vita come in un triclinio romano: tra risate, buon cibo e compagnia, con o senza klinē!
Rubrica a cura di Dino Ticli














