Euforia di palazzo
Mi chiedo: non stiamo un po’ esagerando? Oggi tutti in posa per l’inaugurazione delle “stecche” della Piccola, ieri le fanfare per una striscia di vernice sull’asfalto per le bici, domani la grande riapertura del Teatro della Società. Sembra di assistere non alla normale comunicazione istituzionale, ma a una interminabile televendita alla Mike Bongiorno, con sorrisi a favore di camera e applausi registrati. Non che non sia giusto comunicarlo, ci mancherebbe.
Ma tra Sindaco, Assessori, partiti e consiglieri, siamo arrivati a centinaia di post, rilanci, newsletter, selfie, video e foto da ogni angolazione.
Ecco: non sarà mica che tra pochi mesi ci sono le elezioni? Chiedo per un amico.
La corsia ciclabile Una riga di vernice. Tant’è. Un intervento che si poteva fare anni fa, con criterio, con progettazione, con segnaletica, sicurezza, semafori intelligenti, casa avanzata, riduzione velocità, parcheggi ridisegnati… niente di tutto questo. Si è aspettata la campagna elettorale, lo si è fatto in fretta e male, e ora dovremmo pure battere le mani. Un’opera raffazzonata, parziale, inefficace. E però la si celebra come fosse la svolta ecologica del secolo. Non sarà un po’ troppa euforia per una striscia pittata per terra.
Il Teatro. Dopo anni di chiusura, costa ogni mese sempre di più. E nonostante il conto in salita, belle greche e bel sipario resta piccolo: meno di 400 posti. Lo si racconta come il cuore culturale della città, quando storicamente è stato soprattutto il salotto buono della borghesia illuminata o impellicciata. Quella che, curiosamente, negli 8 lunghi anni di chiusura non è che abbia frequentato molto gli altri spazi cittadini. E ora? Serviranno soldi ogni anno per tenerlo vivo. Tanti soldi. Rischio concreto: un teatro “aperto” che nei fatti rimane chiuso dalla sostenibilità economica o per i meno abbienti. Non sarà un po’ eccessiva l’esaltazione per un teatro che rischia di non riuscire a mantenersi aperto?
La Piccola. Oggi è bella da vedere. Illuminata è quasi un quadro. Peccato che non si sappia cosa farci davvero dentro, malgrado tutti questi anni di muratori per pensarci assieme alla città. Il calendario eventi proposto sono repliche di ciò che già esiste altrove e che si farebbe comunque ovunque. Nel frattempo, già i costi di gestione (pulizie, sorveglianza, ect) corrono. E il progetto centrale del mercato coperto, raccontato per mesi come identità e visione, nel silenzio generale è sparito. Al suo posto? Solo il ristorante. Che sappiamo mancano in città, come no. L’ennesimo spazio pubblico (Ostello, Dehors, Lido...) costruito con soldi, tanti, dei cittadini che finisce a beneficio soprattutto del privato. Non sarà un po’ provinciale esultare così per un contenitore ancora senza contenuto?
E Mentre si moltiplicano le inaugurazioni, le cerimonie e gli slogan, i numeri li pagano le famiglie. L’IRPEF comunale è al massimo storico. Triplicata già per molte famiglie fragili negli ultimi tre anni. Perché? Perché servono più soldi, ogni anno, solo per tenere in piedi questa macchina di euforia e scena: palchi, eventi galleggianti, feste a nascondino, cornamuse elettriche, rinfreschi, contributi, manifesti sui muri e campagne di immagine. Insomma: applausi sì. Ma palmo contro palmo, non palmo contro palpebre di occhi chiusi. Vedere è un dovere. Capire, una responsabilità. E fingere che tutto vada bene perché è stato tagliato un nastro non è amministrare: è fare spettacolo
Ma tra Sindaco, Assessori, partiti e consiglieri, siamo arrivati a centinaia di post, rilanci, newsletter, selfie, video e foto da ogni angolazione.
Ecco: non sarà mica che tra pochi mesi ci sono le elezioni? Chiedo per un amico.
La corsia ciclabile Una riga di vernice. Tant’è. Un intervento che si poteva fare anni fa, con criterio, con progettazione, con segnaletica, sicurezza, semafori intelligenti, casa avanzata, riduzione velocità, parcheggi ridisegnati… niente di tutto questo. Si è aspettata la campagna elettorale, lo si è fatto in fretta e male, e ora dovremmo pure battere le mani. Un’opera raffazzonata, parziale, inefficace. E però la si celebra come fosse la svolta ecologica del secolo. Non sarà un po’ troppa euforia per una striscia pittata per terra.
Il Teatro. Dopo anni di chiusura, costa ogni mese sempre di più. E nonostante il conto in salita, belle greche e bel sipario resta piccolo: meno di 400 posti. Lo si racconta come il cuore culturale della città, quando storicamente è stato soprattutto il salotto buono della borghesia illuminata o impellicciata. Quella che, curiosamente, negli 8 lunghi anni di chiusura non è che abbia frequentato molto gli altri spazi cittadini. E ora? Serviranno soldi ogni anno per tenerlo vivo. Tanti soldi. Rischio concreto: un teatro “aperto” che nei fatti rimane chiuso dalla sostenibilità economica o per i meno abbienti. Non sarà un po’ eccessiva l’esaltazione per un teatro che rischia di non riuscire a mantenersi aperto?
La Piccola. Oggi è bella da vedere. Illuminata è quasi un quadro. Peccato che non si sappia cosa farci davvero dentro, malgrado tutti questi anni di muratori per pensarci assieme alla città. Il calendario eventi proposto sono repliche di ciò che già esiste altrove e che si farebbe comunque ovunque. Nel frattempo, già i costi di gestione (pulizie, sorveglianza, ect) corrono. E il progetto centrale del mercato coperto, raccontato per mesi come identità e visione, nel silenzio generale è sparito. Al suo posto? Solo il ristorante. Che sappiamo mancano in città, come no. L’ennesimo spazio pubblico (Ostello, Dehors, Lido...) costruito con soldi, tanti, dei cittadini che finisce a beneficio soprattutto del privato. Non sarà un po’ provinciale esultare così per un contenitore ancora senza contenuto?
E Mentre si moltiplicano le inaugurazioni, le cerimonie e gli slogan, i numeri li pagano le famiglie. L’IRPEF comunale è al massimo storico. Triplicata già per molte famiglie fragili negli ultimi tre anni. Perché? Perché servono più soldi, ogni anno, solo per tenere in piedi questa macchina di euforia e scena: palchi, eventi galleggianti, feste a nascondino, cornamuse elettriche, rinfreschi, contributi, manifesti sui muri e campagne di immagine. Insomma: applausi sì. Ma palmo contro palmo, non palmo contro palpebre di occhi chiusi. Vedere è un dovere. Capire, una responsabilità. E fingere che tutto vada bene perché è stato tagliato un nastro non è amministrare: è fare spettacolo
Paolo Trezzi














