Lecco: la Casa della Carità si presenta agli studenti

Alla presenza di diversi studenti universitari, questa mattina è stato presentato, presso la Casa della Carità di Lecco, ''Ad ogni Costo'', il docufilm di Jurij Razza, lavoro già protagonista di oltre 200 proiezioni in contesti educativi. L’appuntamento rientra nell’iniziativa Cento lezioni di pace, un percorso dell’Università degli Studi di Milano dedicato a coltivare una cultura del dialogo e della comprensione reciproca sulla cultura pacifista.
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Il programma ha alternato proiezione, confronto e testimonianze. Ad aprire l’incontro è stato Luciano Gualzetti, il quale ha presentato i servizi della Casa della Carità. ''La struttura ospita una mensa con quasi 12.500 pasti annui, un rifugio notturno con oltre 800 pernottamenti, docce, un emporio della solidarietà che serve più di 4700 persone con beni alimentari e di prima necessità, e un servizio guardaroba''.
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La parola è passata al regista Razza, il quale ha raccontato genesi e obiettivi del lavoro: ''È un documentario nato dal basso, con pochissimi mezzi, pensato per allargare lo sguardo su un tema spesso strumentalizzato. Dietro ogni volto c’è una storia e, nel caso di questo docufilm, abbiamo scelto di raccontarne dieci per restituire coralità''.
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Ha poi aggiunto: ''Quello che facciamo è offrire strumenti narrativi. Quello che suggeriamo ai ragazzi e alle persone che incontriamo è di andare oltre la superficie, di cercare fonti affidabili, leggere saggi, guardare film, confrontarsi''.
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Tra i protagonisti, la testimonianza di Jean Jaque, oggi operatore della Casa della Carità di Lecco, che ha ripercorso un viaggio segnato da persecuzioni e fughe: ''Sono stato in prigione nove mesi, con torture, senza sapere dove fosse la mia famiglia. Sono scappato attraversando il Sahara approdando a Messina a novembre del 2016''.
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Jean Jacque e il regista Jurij Razza

La storia di un uomo scappato per motivi etico-religiosi dalla sua terra natia, il Gambia, lasciandosi alle spalle una laurea conseguita in Inghilterra, quattordici anni di lavoro nel turismo, una vita agiata e amore.
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''Mia moglie era mussulmana di famiglia ma si è convertita al cristianesimo, religione che anch’io professo. Questo ha originato una situazione davvero critica, che ha portato ad una nostra separazione forzata. Tutt’oggi, io non ho modo di vederla''. 
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Jean ha spiegato come, la narrazione di queste vicissitudini, lo abbia condotto all’impegno pubblico e alla formazione diventando il cuore della sua vita in Italia: ''Vado spesso in università e aziende per parlare. La condivisione della conoscenza e della bellezza è ciò che mi guida. Ho girato il mondo e la cosa importante è sempre stata comprendere l’altro''.
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Razza ha concluso sottolineando il valore del confronto nelle scuole. ''Già nelle classi si vedono posizioni diverse. Il film aiuta ad aprire gli orizzonti, a porsi domande su temi attuali e importanti come questo''.
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Nel racconto, la figura di Jean emerge come riferimento, ma senza facile retorica, considerandolo come ''un punto di riferimento, senza che questo significhi che la sua storia si sia risolta: non può rientrare nella sua terra natia e vedere la moglie. Per questo insistiamo sullo sguardo complesso cercando soprattutto di smontare i luoghi comuni sul tema migratorio''.
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Dal pubblico, molte domande su media, disinformazione e percorsi di integrazione. Il messaggio, condiviso da regista e testimone, è una chiamata all’esercizio critico e alla responsabilità: cercare fonti certe, dotarsi di strumenti, ascoltare le storie nella loro interezza e come detto da Jean in conclusione di intervento, ''Io cerco sempre di parlare, perché solo così si supera l’ignoranza''.
M.E.
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