Accusato di maltrattamenti, violenza sessuale e lesioni, l'ex marito viene assolto

Nonostante l'avvocato di parte civile Richard Martini si sia battuto per riproporre al collegio giudicante tutto l'elenco di episodi per cui l'imputato era chiamato a rispondere (maltrattamenti, violenza sessuale e lesioni), i magistrati hanno avuto una posizione diversa e si sono allineati alle richieste del pubblico ministero che aveva chiesto l'assoluzione per non avere raggiunto la certezza della sussistenza del fatto. La sentenza è stata così di scagionamento dalle accuse in base all'articolo 530 comma 2° del condice di procedura penale, in quanto “il fatto non sussiste”. 
Soddisfazione piena da parte dell'avvocato Stefano Pelizzari, legale di fiducia dell'imputato, cittadino marocchino classe 1993, portato a processo dalla sua ormai ex moglie. 
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Questa mattina, chiusa l'istruttoria alla scorsa udienza, è stata la volta delle conclusioni. 
Come da codice, prima a prendere la parola, è stato il pubblico ministero Simona Galluzzo che ha rilevato contraddizioni “plurime” di tempo ed eventi di quanto emerso in aula.
Incertezze su situazioni temporali e numero degli episodi e poi relazioni extraconiugali tenute nascoste, testi i cui racconti non sono riusciti ad avvalorare le tesi accusatorie della parte civile e nessuna testimonianza in presa diretta delle violenze fisiche subite. Tutti elementi che, secondo il PM, non hanno fatto emergere senza ombra di dubbio la colpevolezza dell'uomo, descritto come un soggetto autoritario e oppressivo ma che non avrebbe impedito alla donna una sua autonomia lavorativa, oltre che di possedere il cellulare, di utilizzare il velo in maniera libera e senza costrizioni.
Secondo la pubblica accusa incertezze e profonde contraddizioni e il dubbio sulla genuinità dei referti sanitari prodotti (due settimane dopo i fatti, in Marocco, ndr) oltre che sulla loro correlazione con i fatti contestati, hanno portato il magistrato requirente a chiedere l'assoluzione per tutti i reati ascritti all'imputato.
Non senza celare il suo stupore, definendo quella del PM una “ricostruzione semplicistica” a fronte di una vicenda più complessa, il legale di parte civile ha preso la parola per dipingere un quadro accusatorio completamente differente. 
La donna, ha ricordato, era stata portata in Italia nel 2019 dopo che aveva conosciuto il marito (ora ex) su internet e lo aveva visto due volte. 
Dal 2019 al 2023 non aveva mai lavorato mentre precedentemente aveva vissuto una esistenza emancipata, frequentando anche un corso per diventare infermiera, e non portando mai il velo in Marocco.
Giunta in Italia con il consorte si era vista costretta a soggiacere a un regime “semi-carcerario” fatto di imposizioni e di sorveglianza da parte dell'uomo. 
L'avvocato Martini ha poi elencato gli episodi di maltrattamenti e percosse subiti, a suo dire, dalla moglie, alcuni dei quali non presenti nel capo di imputazione contestato all'uomo. 
Dallo spintone con caduta mentre si trovava in Francia ai calci e pugni ricevuti nel febbraio 2020 dopo che lei aveva trovato alcune videochiamate con una donna in abbigliamento intimo, passando per lo schiaffo al centro commerciale solo per avere chiesto di andare qualche giorno in vacanza per arrivare allo spintone al pugno una volta rincasata tardi dal lavoro. 
Un quadro, secondo Martini, che denota una “mentalità possessiva delle cose e delle persone”, sfociata negli episodi descritti, sia inseriti che non nel capo di imputazione, e che avvalorano l'accusa di maltrattamenti.
Portata la donna in Marocco per una vacanza distensiva, in realtà l'uomo palesa altre intenzioni chiedendo la separazione dopo avere scoperto le relazioni extraconiugali della moglie.
“Non ne poteva più di una situazione di oppressione che durava da quattro anni” ha tentato di giustificare il legale “e quando è andata al lavorare nel 2023 ha instaurato una storia con un collega”.
Una persona sicura, dotata di autostima e arrogante, così è stato descritto il 32enne, che obbligava la consorte a portare il velo e ad avere rapporti sessuali non consenzienti, frutto di un clima di costrizione e di violenza.
Chiusa la requisitoria, l'avvocato Martini ha concluso chiedendo la condanna per tutti i capi di imputazione.
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La parola è passata quindi al difensore, avvocato Stefano Pelizzari, che ha voluto smontare pezzo per pezzo la credibilità e l'attendibilità della parte civile, per giungere a chiedere l'assoluzione piena del suo assistito.
La querela che ha dato origine a tutto l'iter giudiziario, infatti, sarebbe stata sporta ai soli fini difensivi e, addirittura, ritorsivi, una volta che la parte civile aveva compreso che il marito era venuto a conoscenza delle sue 4 relazioni infedeli con altrettanti uomini e che lui aveva sporto denuncia per infedeltà in Marocco presentando anche domanda di divorzio, da cui potevano scaturire condizioni negative per l'affidamento delle figlie.
“Nei cinque anni precedenti la signora non era mai andata al pronto soccorso e non si ha traccia di denuncia, eppure era un soggetto che aveva ampia libertà di movimento, aveva un lavoro e intratteneva plurime relazioni. Non era dunque un soggetto succube” ha chiosato Pelizzari.
Per corroborare la tesi della inattendibilità della donna, ha ricordato come la stessa abbiareiteratamente mentito al tribunale sulle relazioni extraconiugali e sull'esatta natura delle stesse.
E ancora dichiarazioni lacunose e contraddittorie sulle lesioni (“lei dice un pugno davanti ai genitori, i quali però parlano di una spunta”), o sulla cessazione del rapporto di lavoro (“la donna aveva detto che era il marito a non darle più il permesso, il datore di lavoro invece che il contratto era scaduto”), l'anomalia della ritrosia a raccontare ai carabinieri tutti gli episodi diversamente da quanto accaduto in tribunale (“di solito avviene il contrario: si parla di più in caserma mentre in aula una persona è più agitata”), l'asserito pugno dopo la richiesta di una vacanza (“che in realtà era già stata programmata, quindi non c'era ragione di avanzare questo desiderio al marito”).
Infine l'assenza di riscontri “esterni” alle dichiarazioni della donna: dai genitori che pur abitando muro a muro non avevano mai sentito la figlia implorare il marito di smetterla ai conoscenti che avevano parlato di una coppia serena senza mai percepire questo disagio.
Se l'imputato, ha comunque precisato Pelizzari, ha ammesso qualche spinta energica e l'inganno della vacanza in Marocco, non così la donna che si è dimostrata inattendibile e non veritiera nel suo racconto.
Arringa difensiva chiusa con una richiesta di assoluzione piena perchè il fatto non sussiste e solo venti minuti di attesa per il verdetto del collegio giudicante, composto dal presidente Paolo Salvatore, a latere Martina Beggio e Giulia Barazzetta, che dopo una breve camera di consiglio hanno confermato le richieste del difensore. “Assolto perchè il fatto non sussiste”.
S.V.
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