L’ambigua dimensione del ''sacro''
In questi giorni uggiosi, tra le caldarroste di piazza Duomo a Milano o tra quelle di un crocevia del labirinto brianzolo, sotto un gazebo, le giornate si accorciano. Le ombre della sera si estendono, avvolgendo questo mondo di cartapesta che festeggia Halloween, festa dalle radici celtiche.
La festa annuncia il lungo inverno. I bambini festeggiano, mascherandosi, le vacanze concluse e i giorni passati. Senza saperlo, come gli adulti, stanno esorcizzando la paura del futuro.
Fra Galdino, nel frattempo, bussa le porte, in cerca di noci da portare in convento, per affrontare l’incerto inverno, sperando che non si trasformino in foglie secche, come nel “Miracolo delle Noci” neI Promessi Sposi. Anche perché, in tempi come questi, è facile che le promesse gaudenti si trasformino in vapori schiumosi, puzzolenti e ingannevoli.
Queste ricorrenze hanno radici nelle favole, nei miti celtici, nei racconti ancestrali, nelle parabole, tuttavia, rimbalzano con prepotenza in questa società tecnologica, consumistica e materialistica. Sotto la cenere di questa società razionale, urbana, metropolitana, privatistica, si cela un bisogno impalpabile e indefinito di risposte a domande esistenziali.
Non è un caso che, dodici milioni di italiani, ogni anno, cerchino questa risposta, bussando alla porta di maghi e chiromanti, con una spesa media di 500 euro. In Italia, la lettura di una mano/tarocchi, costa tra i 20 e i 100€; un consulto generale, costa tra i 50 e i 100€. Negli Usa, la lettura della mano/tarocchi, costa tra i 25 e i 150$; un consulto generale, costa tra i 60 e i 300$.
Esistono altre forme più complesse e più strutturate. Il “sacro” rappresenta un modo profondo per rispondere alle difficoltà della vita, all'angoscia di morte e alla sofferenza. Le varie religioni, e non solo, offrono queste “illusioni”, promettendo la vita eterna, la giustizia divina e la protezione da eventi incontrollabili.
Il "sacro" è una costruzione psicologica necessaria per la sicurezza e la protezione.
La dimensione del “sacro” è ambigua: da un lato cerca di rispondere a un bisogno di sicurezza, protezione, accoglienza, condivisione; dall’altro costruisce situazioni sociali e individuali che, per difendersi, rischiano di scivolare nella violenza. Il bisogno di “sacro” è una parte umana individuale e sociale esistenziale come per il rito funebre.
Il rito funebre è un insieme di pratiche che accompagnano la morte di una persona, con l'obiettivo di onorare il defunto, sostenere i vivi e facilitare il processo di lutto. La forma specifica di questi riti varia secondo il contesto culturale, religioso e personale. Esistono riti cristiani, islamici, ebraici, buddisti e di altre religioni; riti laici, che non sono legati a una specifica religione, ma che si concentrano sull'umanità e sul ricordo del defunto; riti che seguono le usanze e le consuetudini di una particolare cultura o comunità; riti che incorporano nuove tendenze e tecnologie, come la trasmissione in diretta delle cerimonie o la creazione di memoriali online.
Tutte queste sono forme del “sacro”. L’attuale contesto sociale, conservando in casa le ceneri o spargendole, tende a privatizzare il post mortem. Il post mortem, invece, necessita del sociale, della condivisione, del riconoscimento e dell’incontro. La privatizzazione della morte occlude all’altro, all’amico, allo sconosciuto la possibilità di coltivare la memoria sulla tomba.
La festa annuncia il lungo inverno. I bambini festeggiano, mascherandosi, le vacanze concluse e i giorni passati. Senza saperlo, come gli adulti, stanno esorcizzando la paura del futuro.
Fra Galdino, nel frattempo, bussa le porte, in cerca di noci da portare in convento, per affrontare l’incerto inverno, sperando che non si trasformino in foglie secche, come nel “Miracolo delle Noci” neI Promessi Sposi. Anche perché, in tempi come questi, è facile che le promesse gaudenti si trasformino in vapori schiumosi, puzzolenti e ingannevoli.
Queste ricorrenze hanno radici nelle favole, nei miti celtici, nei racconti ancestrali, nelle parabole, tuttavia, rimbalzano con prepotenza in questa società tecnologica, consumistica e materialistica. Sotto la cenere di questa società razionale, urbana, metropolitana, privatistica, si cela un bisogno impalpabile e indefinito di risposte a domande esistenziali.
Non è un caso che, dodici milioni di italiani, ogni anno, cerchino questa risposta, bussando alla porta di maghi e chiromanti, con una spesa media di 500 euro. In Italia, la lettura di una mano/tarocchi, costa tra i 20 e i 100€; un consulto generale, costa tra i 50 e i 100€. Negli Usa, la lettura della mano/tarocchi, costa tra i 25 e i 150$; un consulto generale, costa tra i 60 e i 300$.
Esistono altre forme più complesse e più strutturate. Il “sacro” rappresenta un modo profondo per rispondere alle difficoltà della vita, all'angoscia di morte e alla sofferenza. Le varie religioni, e non solo, offrono queste “illusioni”, promettendo la vita eterna, la giustizia divina e la protezione da eventi incontrollabili.
Il "sacro" è una costruzione psicologica necessaria per la sicurezza e la protezione.
La dimensione del “sacro” è ambigua: da un lato cerca di rispondere a un bisogno di sicurezza, protezione, accoglienza, condivisione; dall’altro costruisce situazioni sociali e individuali che, per difendersi, rischiano di scivolare nella violenza. Il bisogno di “sacro” è una parte umana individuale e sociale esistenziale come per il rito funebre.
Il rito funebre è un insieme di pratiche che accompagnano la morte di una persona, con l'obiettivo di onorare il defunto, sostenere i vivi e facilitare il processo di lutto. La forma specifica di questi riti varia secondo il contesto culturale, religioso e personale. Esistono riti cristiani, islamici, ebraici, buddisti e di altre religioni; riti laici, che non sono legati a una specifica religione, ma che si concentrano sull'umanità e sul ricordo del defunto; riti che seguono le usanze e le consuetudini di una particolare cultura o comunità; riti che incorporano nuove tendenze e tecnologie, come la trasmissione in diretta delle cerimonie o la creazione di memoriali online.
Tutte queste sono forme del “sacro”. L’attuale contesto sociale, conservando in casa le ceneri o spargendole, tende a privatizzare il post mortem. Il post mortem, invece, necessita del sociale, della condivisione, del riconoscimento e dell’incontro. La privatizzazione della morte occlude all’altro, all’amico, allo sconosciuto la possibilità di coltivare la memoria sulla tomba.
Dr.Enrico Magni, psicologo e giornalista














