In viaggio a tempo indeterminato/404: formiche 'con un gran sedere'
Era il 2018 e noi eravamo partiti da pochi mesi.
In Laos faceva molto caldo ma avevamo comunque deciso di prendere una bicicletta e imbarcarci su un traghetto per andare a esplorare un'isola in mezzo al fiume.
Saliamo sul traghetto, ci sediamo sulle panche esterne per gustarci meglio il paesaggio.
Accanto a noi si siede una signora con in braccio una bambina, avrà avuto 4/5 anni.
La barca è piena e in molti sono usciti all'aperto come noi. La speranza è che, muovendosi, il traghetto faccia muovere anche un po' l'aria. Al piano di sotto, con le macchine, sono salite anche delle mucche. Ci siamo tutti.
Si parte lentamente. Così lentamente che inizialmente non capisco se siamo noi a muoverci o la rudimentale banchina di quel porto improvvisato.
A un tratto la bambina che fino a poco prima era stata tranquilla e serena, inizia a fare i capricci. Il laotiano non lo parlo ma certe scene non hanno bisogno di parole, sono internazionali.
La mamma cerca di calmarla. Le parla con una voce pacata ma ferma.
Nulla da fare. La bambina insiste, piagnucola, tira la maglia della madre che è visibilmente infastidita.
Dopo qualche minuto la situazione è sempre la stessa. Alla fine, vinta, la signora estrae un sacchetto dalla borsa e come per magia la bambina trasforma il broncio in un sorriso.
Allunga le manine verso quella busta, estrae qualcosa e tutta felice inizia a sgranocchiarlo.
Nella mia ingenuità penso subito alle patatine, dopotutto anche io da bambina le adoravo.
Poi osservo meglio, più attentamente. Qualcosa non torna. Le patatine non hanno le zampette.
Sono insetti. Piccoli grilli o cavallette fritte. La bambina ne va ghiotta. La vedo felice che si gusta quello snack croccante.
Era il 2018 ed era la prima volta che osservavo qualcuno mangiare con tanto gusto degli insetti.
Negli anni poi, gli insetti come snack, li ho visti un po' dappertutto. Dai mercati della Thailandia con gli spiedini di scorpioni, alle macchinette del Giappone dove gli insetti sono venduti in confezioni colorate con tanto di tabella dei valori nutrizionali.
Ok, ammetto negli anni di averci fatto un pensierino. Più per curiosità che altro. Alla fine se li mangiano in così tante parti del mondo, non possono essere poi così male. Mi ripetevo questa frase ogni volta che vedevo qualcuno vendere insetti fritti. Salvo poi ripensarci all'apparire di una zampetta o un'antenna abbrustolita.
Per gli insetti in generale non nutro un grande amore, anzi. Negli anni sono un po' migliorata e ora non urlo più come una pazza quando vedo uno scarafaggio. Ma prima di riuscire a pensare di avvicinarne uno alla mia bocca, mi sa che di strada ne devo ancora fare. Gli unici insetti che non mi fanno venire i brividi sono le formiche. Quelle mi stanno simpatiche.
In Colombia, però, le formiche le friggono.
Prima di parlare di questa prelibatezza colombiana vorrei aprire una parentesi sul marketing in questo paese.
Sanno dare dei nomi originalissimi e super invitanti.
C'è il negozio che si chiama “De todo un poco y más” (di tutto un po' e di più) dove sicuramente potrai trovare la perfetta statuetta di un dottore da esibire sulla mensola del salotto (non so perché ma vendono statuette così!).
Il ristorante “Donde el gordo feliz” (dal grassottello felice) dove sicuramente si mangia abbondante.
Oppure la panetteria “Panadería la última tentación” dove uno si aspetta di assaggiare prelibatezze ineguagliabili.
I colombiani in fatto di marketing la sanno lunga.
E infatti alle formiche fritte hanno dato un nome originale: hormigas culonas.
Nel 2025 qualcuno potrebbe storcere il naso e parlare di formica-shaming ma credo che alle interessate poco importi, forse sono più preoccupate dalla frittura.
Il nome non mente e “culona”, come si può facilmente intuire significa letteralmente “con un gran sedere”. E in effetti la parte più apprezzata è proprio la parte inferiore, croccante e saporita.
Si tratta di formiche regine giganti della specie "Atta laevigata", raccolte durante la stagione delle piogge, tra aprile e maggio.
I colombiani le arrostiscono con sale su pietre calde o in padella, e le servono come snack o regalo pregiato, un po’ come da noi si porterebbe una scatola di cioccolatini.
Si dice che siano afrodisiache, anche se da quando siamo in Colombia di cibi pubblicizzati come "stimolanti della passione" ne ho già visti parecchi.
Ma soprattutto le povere hormigas sarebbero ricche di proteine e grassi buoni. E sanno pure di arachidi, il che le rende appetitose.
Le origini di questa tradizione risalgono ai tempi precolombiani, quando gli indigeni Guane che vivevano nella zona che oggi corrisponde alla regione di Santander, le consideravano un cibo sacro e un simbolo di fertilità.
Una cosa è certa, il nome di queste formiche strappa un sorriso.
E a pensarci bene il loro fondoschiena sproporzionato mi ricorda un po' i quadri di Botero, l'artista colombiano più famoso nel mondo. (Insieme a Shakira, ma lei canta e non dipinge quindi con il sedere delle formiche c'entra poco e niente!)
Nei quadri di Botero tutto è volutamente esagerato: corpi, oggetti e animali si dilatano in volumi enormi, come se il mondo fosse visto attraverso una lente che allarga e deforma ma lo fa in modo armonioso e non fastidioso o osceno.
Botero dipingeva in questo modo non per deridere, ma per esaltare la bellezza delle forme; diceva che il volume è la sua via per dare sensualità, ironia e presenza alla realtà.
Ecco quindi che anche le "hormigas culonas" diventano un simbolo della Colombia, non tanto per il gusto ma per l'umorismo e l'ironia che trasmettono.
È difficile non sorridere e prendere tutto con leggerezza in un Paese che ti offre da sgranocchiare una “formica dal grande sedere”.
In Laos faceva molto caldo ma avevamo comunque deciso di prendere una bicicletta e imbarcarci su un traghetto per andare a esplorare un'isola in mezzo al fiume.
Saliamo sul traghetto, ci sediamo sulle panche esterne per gustarci meglio il paesaggio.
Accanto a noi si siede una signora con in braccio una bambina, avrà avuto 4/5 anni.
La barca è piena e in molti sono usciti all'aperto come noi. La speranza è che, muovendosi, il traghetto faccia muovere anche un po' l'aria. Al piano di sotto, con le macchine, sono salite anche delle mucche. Ci siamo tutti.
Si parte lentamente. Così lentamente che inizialmente non capisco se siamo noi a muoverci o la rudimentale banchina di quel porto improvvisato.
A un tratto la bambina che fino a poco prima era stata tranquilla e serena, inizia a fare i capricci. Il laotiano non lo parlo ma certe scene non hanno bisogno di parole, sono internazionali.
La mamma cerca di calmarla. Le parla con una voce pacata ma ferma.
Nulla da fare. La bambina insiste, piagnucola, tira la maglia della madre che è visibilmente infastidita.
Dopo qualche minuto la situazione è sempre la stessa. Alla fine, vinta, la signora estrae un sacchetto dalla borsa e come per magia la bambina trasforma il broncio in un sorriso.
Allunga le manine verso quella busta, estrae qualcosa e tutta felice inizia a sgranocchiarlo.
Nella mia ingenuità penso subito alle patatine, dopotutto anche io da bambina le adoravo.
Poi osservo meglio, più attentamente. Qualcosa non torna. Le patatine non hanno le zampette.
Sono insetti. Piccoli grilli o cavallette fritte. La bambina ne va ghiotta. La vedo felice che si gusta quello snack croccante.
Era il 2018 ed era la prima volta che osservavo qualcuno mangiare con tanto gusto degli insetti.
Negli anni poi, gli insetti come snack, li ho visti un po' dappertutto. Dai mercati della Thailandia con gli spiedini di scorpioni, alle macchinette del Giappone dove gli insetti sono venduti in confezioni colorate con tanto di tabella dei valori nutrizionali.
Ok, ammetto negli anni di averci fatto un pensierino. Più per curiosità che altro. Alla fine se li mangiano in così tante parti del mondo, non possono essere poi così male. Mi ripetevo questa frase ogni volta che vedevo qualcuno vendere insetti fritti. Salvo poi ripensarci all'apparire di una zampetta o un'antenna abbrustolita.
Per gli insetti in generale non nutro un grande amore, anzi. Negli anni sono un po' migliorata e ora non urlo più come una pazza quando vedo uno scarafaggio. Ma prima di riuscire a pensare di avvicinarne uno alla mia bocca, mi sa che di strada ne devo ancora fare. Gli unici insetti che non mi fanno venire i brividi sono le formiche. Quelle mi stanno simpatiche.
In Colombia, però, le formiche le friggono.
Prima di parlare di questa prelibatezza colombiana vorrei aprire una parentesi sul marketing in questo paese.
Sanno dare dei nomi originalissimi e super invitanti.
C'è il negozio che si chiama “De todo un poco y más” (di tutto un po' e di più) dove sicuramente potrai trovare la perfetta statuetta di un dottore da esibire sulla mensola del salotto (non so perché ma vendono statuette così!).
Il ristorante “Donde el gordo feliz” (dal grassottello felice) dove sicuramente si mangia abbondante.
Oppure la panetteria “Panadería la última tentación” dove uno si aspetta di assaggiare prelibatezze ineguagliabili.
I colombiani in fatto di marketing la sanno lunga.

Nel 2025 qualcuno potrebbe storcere il naso e parlare di formica-shaming ma credo che alle interessate poco importi, forse sono più preoccupate dalla frittura.
Il nome non mente e “culona”, come si può facilmente intuire significa letteralmente “con un gran sedere”. E in effetti la parte più apprezzata è proprio la parte inferiore, croccante e saporita.
Si tratta di formiche regine giganti della specie "Atta laevigata", raccolte durante la stagione delle piogge, tra aprile e maggio.
I colombiani le arrostiscono con sale su pietre calde o in padella, e le servono come snack o regalo pregiato, un po’ come da noi si porterebbe una scatola di cioccolatini.
Si dice che siano afrodisiache, anche se da quando siamo in Colombia di cibi pubblicizzati come "stimolanti della passione" ne ho già visti parecchi.
Ma soprattutto le povere hormigas sarebbero ricche di proteine e grassi buoni. E sanno pure di arachidi, il che le rende appetitose.
Le origini di questa tradizione risalgono ai tempi precolombiani, quando gli indigeni Guane che vivevano nella zona che oggi corrisponde alla regione di Santander, le consideravano un cibo sacro e un simbolo di fertilità.
Una cosa è certa, il nome di queste formiche strappa un sorriso.
E a pensarci bene il loro fondoschiena sproporzionato mi ricorda un po' i quadri di Botero, l'artista colombiano più famoso nel mondo. (Insieme a Shakira, ma lei canta e non dipinge quindi con il sedere delle formiche c'entra poco e niente!)

Botero dipingeva in questo modo non per deridere, ma per esaltare la bellezza delle forme; diceva che il volume è la sua via per dare sensualità, ironia e presenza alla realtà.
Ecco quindi che anche le "hormigas culonas" diventano un simbolo della Colombia, non tanto per il gusto ma per l'umorismo e l'ironia che trasmettono.
È difficile non sorridere e prendere tutto con leggerezza in un Paese che ti offre da sgranocchiare una “formica dal grande sedere”.
Angela (e Paolo)














