Bonacina: il viaggio del Tribunale permanente dei popoli tra i diritti violati

Dal Rojava all’Afghanistan, passando per la Palestina e lungo le rotte dei migranti. È il viaggio, durato circa due ore, proposto sabato pomeriggio nella sala parrocchiale di Bonacina dall’associazione informale il Giardino del Tribunale permanente dei popoli (Tpp). Un’iniziativa pubblica per riflettere sulla situazione di questi luoghi e dei diritti umani delle persone che li abitano e li attraversano, ripercorrendo anche le recenti sentenze del Tpp, un tribunale di opinione internazionale competente a pronunciarsi su ogni grave crimine commesso a danno di popoli e minoranze che, dalla sua fondazione nel 1979 a oggi, ha realizzato più di 50 sessioni in tutto il mondo.
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A relazionare sul Rojava è stata Caterina Noseda, studentessa di Diritto internazionale, che nel febbraio scorso ha partecipato alla sessione del Tpp di Bruxelles che si è occupata proprio di questo tema e nella quale sono stati processati i membri del governo turco per crimini contro popolazione curda nel Rojava. “Dal 2014 il popolo curdo del Rojava ha dichiarato la propria amministrazione autonoma in questa del regione nella Siria del Nord-Est, improntata al Confederalismo democratico. Come prevede l’ideologia diffusa da Abdullah Öcalan (storico fondatore e leader del PKK imprigionato dal 1999 in regime di  totale isolamento dalle autorità turche) questo modello di basa sull’autogoverno comunitario, sull’ecologia sociale, ovvero un nuovo rapporto con la natura fondato sulla proprietà collettiva delle risorse energetiche e sul femminismo. Alla dichiarazione è seguita la sottoscrizione di un ‘contratto sociale’, un contratto collettivo che funziona dal basso in base al principio di rappresentanza nel governo e con un’economia alternativa a quella capitalista”. A questo modello si è però opposta la Turchia con una prima operazione nel 2016 e altri due grossi interventi militari nel 2018 e nel 2019, che sono stati poi l’oggetto della sessione del Tribunale, per opporsi alla costituzione di uno Stato curdo con scusa di “combattere il terrorismo”. “Durante la sessione del tribunale sono state presentate le pratiche turche - ha continuato la studentessa - invasione fisica del territorio, occupazione, attacchi contro la popolazione civile, attacchi diretti contro le donne, rapimenti, sequestri, uccisioni, stupri, arresti arbitrari, appropriazione del commercio di olio di oliva, attacchi a ospedali, stamperie, giornalisti, scuole, studenti. La popolazione è stata costretta a spostarsi ed è stata sostituita con rifugiati siriani, anche i cartelli sono stati cambiati utilizzando solo la lingua turca”. È cosi che, in pochi anni, nella Regione di Afrin la popolazione curda è passata da rappresentare il 95% del totale a circa il 25%. 
Il Tpp ha preso in considerazione questi attacchi e nella sentenza ha messo a fuoco il crimine di invasione, crimini di guerra e contro l’umanità e quello di violazione dei diritti umani, sottolineando la complicità dell’Unione europea, da cui sono arrivate le componenti dei droni con cui sono stati attaccati direttamente i villaggi. 
“Il modello Rojava dà fastidio perché mette in discussione delle fondamenta dell’Occidente: il monopolio dello sfruttamento, il capitalismo e il patriarcato” ha concluso Noseda lasciando la parola alla collega Giorgia Savoia, che ha invece presentato le conclusioni della sessione di Madrid sui diritti delle donne afghane, continuamente violati dai Talebani: “L’Afghanistan per le donne è ormai diventata una prigione a cielo aperto. Vige per loro il divieto all’istruzione oltre al sesto grado e al lavoro, il diritto alla salute è compromesso dal momento che non possono accedere a cure mediche se non sono accompagnate da parente uomo, e devono coprire interamente il proprio corpo. Da quando i Talebani hanno preso il potere le donne vengono arrestate e confinate in prigioni, dove vengono stuprate e violentate, e quando ne escono spesso vengono rifiutate dalle proprie famiglie. Di fronte a una resistenza disperata in un Paese in cui l’accesso alla giustizia è completamente negata, gli altri Paesi del mondo non fanno nulla”. Durante le sedute del Tribunale sono state ascoltate numerose testimonianze e le circostanze raccontate erano sempre le stesse - “Siamo vive ma non viviamo. Riusciamo a malapena a respirare”, è una particolarmente incisiva - e sono intervenute studiose musulmane per chiarire il ruolo della religione. La sentenza del Tpp ha riconosciuto il crimine contro l’umanità, il crimine di persecuzione di genere e ha sottolineato come i Talebani debbano rispettare le convenzioni di cui l’Afghanistan è parte, è stata anche discussa la necessità di introdurre oltre al crimine dell’apartheid anche quello dell’apartheid di genere.
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A relazionare brevemente sulla situazione in Palestina è stato Duccio Facchini, giornalista e direttore del mensile Altreconomia, il quale ha ricordato come nonostante il presunto piano di pace di Trump la situazione a Gaza resti drammatica: “La maggior parte del territorio della Striscia è oggi costituito da aree distrutte o interdette alla popolazione per via della presenza del controllo dell’esercito israeliano, ci sono quasi 69mila morti accertati, di cui oltre 20mila bambini, e quasi 171mila feriti. In una situazione che resta drammatica dal punto di vista umanitario”. Oltre alla fame sofferta dalle persone in questi anni, secondo i dati Onu l'83% dei pozzi agricoli e il 71% delle serre sono stati danneggiati, l’86,1% del totale dei terreni coltivabili è danneggiato, l'1,5% dei terreni coltivabili è intatto e accessibile per la coltivazione e il 72% della flotta di pescherecci è demolita. Ben 22 delle 36 strutture sanitarie esistenti sono state distrutte e quelle rimaste funzionano solo parzialmente, dei 15.600 pazienti in condizione critiche che richiederebbero un’evacuazione all’estero, ne sono stati trasferiti tra il 1° gennaio e il 17 settembre dell’anno appena 2.366. Il 69% delle strutture e dei beni pubblici che riguarda l’acqua potabile si trova all'interno della zona militarizzata israeliana o è soggetto a ordini di sfratto dal 18 marzo (al 9 settembre 2025) e il 96% delle famiglie ha subito condizioni di insicurezza idrica. Oltre 658.000 bambini in età scolare e 87.000 studenti universitari sono rimasti senza accesso a spazi di apprendimento formali, 17.935 studenti e 770 membri del personale scolastico sono stati uccisi e 26.112 studenti e 3.193 insegnanti sono stati feriti. 2.308 strutture scolastiche, dagli asili alle università, sono state distrutte e quasi il 91,8% delle scuole richiederà una ricostruzione completa o una ristrutturazione importante per tornare a essere funzionanti. 
Facchini ha però richiamato l’attenzione sulla situazione in Cisgiordania: nel mese di ottobre di quest’anno, il periodo che segna l’inizio della stagione della raccolte delle olive, si sono registrati (fonte Onu) il maggior numero di attacchi da quando le Nazioni Unite tengono il conto, dal 2006. Oltre 260 atti di violenza contro le proprietà dei contadini e residenti palestinesi, con il taglio delle piante, incendi di mezzi, furto del raccolto. E ha poi sottolineato la responsabilità dei grandi colossi dell’economia globale nei fatti di Gaza, facendo l’esempio drammatico della complicità accertata nell’intercettazione massiva delle comunicazioni degli abitanti di Gaza finalizzata all’uccisione su vasta scala anche di civili inermi.
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Gianni Tognoni, segretario generale del Tribunale permanente dei popoli, ha chiuso il pomeriggio toccando il tema dei migranti e proponendo una riflessione generale: “I migranti al mondo non sono solo le persone che vediamo varcare i confini europei, molti di loro sono destinati a subire torture, a morire nei deserti e ad annegare nei mari, a cause di politiche di repressione che non solo quelle della Libia di Almasri. Potremmo definire i migranti come vittime di un ‘genocidio a bassa intensità’ subito non da un popolo ma da personaggi anonimi, di cui si perdono nomi e tracce. Oggi a livello internazionale gli esseri umani posso essere considerati complessivamente degli scarti che quando non vengono riconosciuti come cittadini sono destinati a essere persi”. Di questa grave ed evidente circostanza si è occupata la sessione del Tribunale di Palermo, appena un paio di settimane fa, la sentenza è in via di elaborazione ma è stata fatta una dichiarazione molto netta sulle gravissime violazioni subite dai migranti che cercano di arrivare in Europa (torture, violenze fisiche, stupri, uccisioni, sparizioni, riduzione in schiavitù, mancato soccorso in mare, per citarne alcune) e sulla responsabilità di Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Unione europea e alcuni dei sui stati membri. Ma qual è il filo rosso tra tutte le vicende raccontate? A rispondere a questa domanda è di nuovo Tognoni: “Il Tribunale permanente dei popoli è nato per mettere in evidenza che quello che succede nella storia non è quanto raccontato dagli Stati, ma quanto vissuto dai popoli, soprattutto quelli oppressi. Se la storia non viene raccontata a partire da quelle che sono le vittime delle repressioni, se non viene data loro visibilità, il rischio è che vengono censite come componenti passive ed eliminate dalla storia. Per questo il Tribunale chiama a testimoni migranti, palestinesi, donne afghane e rojava, chiedendo di raccontare la storia e il proprio progetto di vita. Le sentenze del Tpp sono un tentativo piccolo, minoritario ma permanente di non essere dipendenti delle sole cronache degli Stati e di dare ai popoli un minimo di spazio di attenzione. I Popoli devono diventare visibili e la solidarietà che abbiamo visto attivarsi per Gaza deve diventare politica permanente, la storia dal basso non può essere quella delle vittime ma quella della democrazia”.
M.V.
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