Al Memoriale della Shoah la scheda del censimento fascista che 'portò' Franca Valeri a Perledo
Da lunedì 17 novembre sarà in mostra al Memoriale della Shoah di Milano. La scheda sulla famiglia di Franca Valeri - segnata dalla persecuzione che colpì il padre Luigi, imprenditore del settore metallurgico, ebreo a differenza della moglie Cecilia che era cattolica - uscirà per la prima volta dalla Cittadella degli Archivi dello stesso capoluogo lombardo.

È emersa, dopo la scoperta dell'analogo documento su Liliana Segre e i suoi parenti più prossimi, dal censimento fascista degli ebrei indetto a seguito delle leggi razziali del 1938. Si tratta di un semplice foglio, ora ingiallito ma con scritte blu ben visibili, che "parla" anche del territorio lecchese.
Cacciata da scuola e costretta a lasciare la casa natale di via Mozart così come il papà e il fratello, da giovanissima Franca Valeri - all'anagrafe Norsa, poi divenuta un'attrice indimenticabile nella storia del teatro e del cinema italiani - trovò infatti rifugio per un triennio sul Lario: "Fummo ospitati a Bologna di Perledo, sopra il lago di Lecco da uno scrittore e poeta importante, Paolo Buzzi - aveva raccontato in un'intervista a Il Manifesto, qualche tempo prima della sua scomparsa avvenuta nel 2020 all'età di cento anni -. Suonava bene il pianoforte, Buzzi, e amava molto l'opera, interesse che già condividevo".

Poeta e scrittore, quest'ultimo era un letterato e uno storico, già amico del futurista Marinetti, che nel 1939 aveva acquistato proprio a Bologna "Villa Carlinga", dove si sarebbe rifugiato durante la guerra, ospitando poi personalità di rango del mondo della cultura tra le quali appunto Valeri, che "rimase molto legata al tema dell'ebraismo dopo la cacciata dalla scuola, la vita in clandestinità".
Parole, queste, di Stefania Bonfadelli, figlia adottiva dell'attrice, intervistata dall'edizione milanese de La Repubblica - che ha avuto modo di osservare in anteprima la scheda della famiglia Norsa - in attesa della mostra che aprirà lunedì. "Aveva visto suo padre piangere, perché si sentiva in colpa, visse nella paura fino alla fine della guerra e per quello portava al collo la Stella di Davide che le avevo portato io da Israele. L'abbiamo sepolta con quella collanina", la chiosa del suo racconto, che conduce, appunto, fino al nostro territorio.

Franca Valeri (foto tratta da Wikipedia)
È emersa, dopo la scoperta dell'analogo documento su Liliana Segre e i suoi parenti più prossimi, dal censimento fascista degli ebrei indetto a seguito delle leggi razziali del 1938. Si tratta di un semplice foglio, ora ingiallito ma con scritte blu ben visibili, che "parla" anche del territorio lecchese.
Cacciata da scuola e costretta a lasciare la casa natale di via Mozart così come il papà e il fratello, da giovanissima Franca Valeri - all'anagrafe Norsa, poi divenuta un'attrice indimenticabile nella storia del teatro e del cinema italiani - trovò infatti rifugio per un triennio sul Lario: "Fummo ospitati a Bologna di Perledo, sopra il lago di Lecco da uno scrittore e poeta importante, Paolo Buzzi - aveva raccontato in un'intervista a Il Manifesto, qualche tempo prima della sua scomparsa avvenuta nel 2020 all'età di cento anni -. Suonava bene il pianoforte, Buzzi, e amava molto l'opera, interesse che già condividevo".

Villa Carlinga
Poeta e scrittore, quest'ultimo era un letterato e uno storico, già amico del futurista Marinetti, che nel 1939 aveva acquistato proprio a Bologna "Villa Carlinga", dove si sarebbe rifugiato durante la guerra, ospitando poi personalità di rango del mondo della cultura tra le quali appunto Valeri, che "rimase molto legata al tema dell'ebraismo dopo la cacciata dalla scuola, la vita in clandestinità".
Parole, queste, di Stefania Bonfadelli, figlia adottiva dell'attrice, intervistata dall'edizione milanese de La Repubblica - che ha avuto modo di osservare in anteprima la scheda della famiglia Norsa - in attesa della mostra che aprirà lunedì. "Aveva visto suo padre piangere, perché si sentiva in colpa, visse nella paura fino alla fine della guerra e per quello portava al collo la Stella di Davide che le avevo portato io da Israele. L'abbiamo sepolta con quella collanina", la chiosa del suo racconto, che conduce, appunto, fino al nostro territorio.














