Lecco: in sala Ticozzi confronto a 360° sulla democrazia (in crisi). Fra i relatori Caselli, ex Procuratore Capo di Palermo
''La democrazia è in crisi?''. A giudicare da quanto è emerso ieri sera, sembra proprio di sì. Nell'ambito del Progetto Legalità, la Nazionale Italiana Magistrati e l'Associazione Bang, insieme all'Associazione Nazionale Magistrati (ANM) - Sottosezione di Lecco, hanno promosso una serata alla presenza di relatori d'eccezione, per confrontarsi su un tema tanto delicato, quanto di estrema attualità.

A moderare gli interventi sono stati Piero Calabrò e Roberto Romagnano, ''anime'' di un'iniziativa che aveva esordito una dozzina d'anni fa con una serie di incontri promossi nel territorio meratese, sempre caratterizzati dalla volontà di andare oltre, sostenuti dalla presenza di esponenti di alto profilo.

''La Costituzione è un pilastro della nostra democrazia e io auspico che questo valore venga preservato e conservato alle generazioni future'' ha detto, salutando il numeroso pubblico intervenuto in sala Ticozzi, la dottoressa Bianca Maria Bianchi, presidente della sezione penale del Tribunale di Lecco.

Anche il dottor Dario Colasanti, giudice in servizio presso il Palazzo di Giustizia e referente di ANM ha voluto dare il proprio contributo. ''Il tentativo è quello di far capire ai cittadini che i magistrati non vogliono essere una casta separata: riflettiamo e discutiamo insieme sulla legalità. Stasera parleremo di regole che stanno alla base dei rapporti tra le persone. Cosa sta succedendo nel mondo? E' giusto che i magistrati escano dal tribunale e parlino di queste cose? Non è che poi rischiano di bruciare la loro imparzialità?''.
Una frase di Vladimiro Zagrebelsky che la ''toga'' ha voluto condividere con i presenti, ha posto in evidenza la necessità di un confronto aperto.

''Grazie a chi ha organizzato questa serata e ai cittadini presenti'' le parole di Elia Campanielli, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Lecco. ''Il tema di questa sera ci sta molto a cuore: non c'è democrazia senza tutela dei diritti. Questo dibattito non può che accrescere il nostro sistema: è vero che i magistrati devono uscire dai loro studi o dal tribunale, è fondamentale, perchè bisogna interrogarsi su quello che sta succedendo. L'Ordine lo fa da tempo e lo farà sempre''.

A portare i saluti di Avviso Pubblico – che ha patrocinato la serata – anche Paolo Lanfranchi, sindaco di Dolzago, seduto in prima fila insieme agli amministratori di Cinisi (Palermo), comune con il quale la sua Amministrazione ha stretto un gemellaggio nel segno della legalità. ''Le regole del vivere comune sono in crisi secondo me: è necessario mettere in campo delle azioni per tutelare giustizia e legalità. Mi chiedo – ha proseguito il coordinatore lecchese del sodalizio - quante volte ancora dovremo contrastare azioni legislative che ostacolano il nostro lavoro di tutti i giorni. Come amministratori siamo stanchi: ci serve grande energia per andare avanti''.

Il dibattito è entrato poi nel vivo grazie ai relatori di grande livello intervenuti alla serata, introdotti da Roberto Romagnano che ha evidenziato la necessità di creare una rete. ''Viviamo un'epoca di repentini cambiamenti, di sfiducia verso le istituzioni. Parlarne questa sera è un dovere civico e la vostra presenza ci rincuora'' ha detto, passando la parola a Piero Calabrò, che ha voluto ringraziare per l'impegno profuso nell'organizzare il dibattito.
''La finalità non è quella di dare risposta a quesiti complessi, ma stimolare delle riflessioni per essere tutti più consapevoli'' ha aggiunto Romagnano, presidente dell'Associazione Bang.

''Da almeno trent'anni organizziamo serate come queste con temi che riguardano la legalità sotto tutte le sue forme, violenza sulle donne, lotta alla criminalità, agrimafie'' ha detto, confessando di non aver mai dovuto affrontare l'argomento oggetto della serata. ''Se lo facciamo un motivo c'è'' ha aggiunto, introducendo la professoressa Elisabetta Grande, docente di diritto comparato all’Università del Piemonte Orientale, alla quale ha chiesto un focus sulla situazione della democrazia negli Stati Uniti.

La relatrice, a questo proposito, ha descritto una situazione sociale ed economica profondamente deteriorata: ''si è diffusa una povertà crescente e scioccante, con molte persone che non riescono ad arrivare a fine mese perché i salari non permettono più di vivere dignitosamente. Accanto a ciò, esiste una ricchezza enorme concentrata nelle mani di pochissimi: la torta economica continua a crescere di poco, ma quel poco finisce quasi interamente ai più forti, sottraendo risorse ai più deboli''.

Secondo la professoressa Grande le cause affondano nelle scelte legislative e nel funzionamento del Congresso, che risponde principalmente agli interessi di chi finanzia le campagne elettorali. Alle ultime elezioni sono stati spesi 15 miliardi di dollari in finanziamenti: poche grandi corporation, dotate di un potere enorme, sostengono i candidati e in cambio ottengono politiche favorevoli ai loro interessi. Questo meccanismo, in atto da circa quarant’anni, ha alimentato disuguaglianze sempre più profonde.

In questo contesto emerge Trump, che riceve il sostegno dei più poveri perché molti sperano possa cambiare le cose. Ma – come ha osservato la docente - una volta al potere non sembra che la difesa degli interessi dei più deboli sia la priorità. Al primo posto infatti, ci sono le corporation, che non vogliono controlli e puntano solo al profitto. È una dinamica pericolosa, perché queste grandi entità esercitano un controllo capillare anche sugli studi legali, sulla comunicazione e su molti altri settori.
''La magistratura – ha aggiunto Grande - prova a resistere: alcuni giudici hanno dichiarato illegittime diverse azioni di Trump. Tuttavia, la Corte Suprema gli ha spesso dato ragione, limitando la possibilità di contrastare decisioni considerate dannose''.
Il quadro complessivo, per la docente, è molto triste e preoccupante.

L'analisi del professor Roberto Bin - illustre costituzionalista, già professore ordinario all'Università di Ferrara – ha aiutato il pubblico ad interpretare le tensioni istituzionali odierne. Attraverso il suo intervento il relatore ha espresso una visione pessimista sul rapporto tra sovranismo e sovranità popolare, e più in generale sullo stato della democrazia contemporanea.
''La crisi attuale non è attribuita a Trump: affonda invece le radici in un’evoluzione storica lunga, in cui la lotta per il potere è stata progressivamente regolata da leggi e costituzioni. Oggi però il potere si è spostato altrove: non è più nei luoghi tradizionali della politica e neppure nel capitale, inteso come datore di lavoro diffuso, ma è concentrato nelle mani di pochissimi attori economici con un’influenza enorme'' ha detto Bin. ''Di fronte a questo scenario, i cittadini faticano a comprendere per cosa votare: non esistono più bandiere riconoscibili e il campo da gioco della democrazia — le leggi, la Costituzione, lo Stato di diritto — non sembra più essere il luogo reale in cui si decide''.

Per il costituzionalista ''i principi dello Stato di diritto hanno perso presa sulla realtà, perché la politica governa ormai pochissime cose, mentre il potere effettivo è altrove. In questo contesto, il significato stesso di sovranismo diventa ambiguo''.
In Italia, questa crisi si manifesta anche come confusione e incapacità tecnica della politica nel mantenere la distinzione tra diritto e decisione politica. L’esempio citato è il referendum sulla separazione delle carriere: un testo giudicato povero di contenuti, percepito più come un attacco all’ANM che come una riforma strutturale.
La politica, accusata di vedere nella magistratura un nemico (''le toghe rosse''), secondo Bin, tenta di liberarsi dei vincoli del diritto, ma non riesce a farlo con coerenza, aggravando il conflitto istituzionale.

''La situazione si traduce in uno scontro continuo: la politica produce le leggi ma poi non le rispetta, oppure invade impropriamente lo spazio del diritto, come nel caso del decreto sicurezza'' ha concluso il docente, secondo il quale questa tensione crescente segnala una crisi profonda e pericolosa del sistema democratico.

Accolto da un applauso sentito Giancarlo Caselli, già Procuratore Capo di Palermo e Torino; un nome, il suo, che evoca la stagione più dura della lotta dello Stato contro la mafia e il terrorismo. Amico di lunga data di Piero Calabrò, il relatore è stato il primissimo ospite del Progetto Legalità, come ricordato da Roberto Romagnano.

Nel suo appassionato intervento, il dottor Caselli ha sottolineato innanzitutto il valore della Costituzione italiana come carta capace di rappresentare l’intero popolo, perché nata dal consenso ampio e condiviso delle forze politiche. In quest’ottica, la questione della separazione delle carriere non viene considerata una vera riforma della giustizia: secondo il relatore, non ha attinenza con gli aspetti strutturali del sistema giudiziario.

Caselli ha poi criticato il metodo con cui oggi si affrontano i temi legislativi, molto diverso dal passato. La nuova legge appare come un progetto governativo blindato: ''il Parlamento non ha potuto discuterlo realmente, non è stato ammesso neppure un emendamento, e il testo è arrivato in aula ed è uscito esattamente identico'' ha detto il già Procuratore Capo di Palermo, secondo il quale questa circostanza contrasta con lo spirito della Costituzione, che si fonda sulla partecipazione, sul confronto e sulla condivisione.
Nel suo intervento, il relatore ha evidenziato come i costituenti ponessero grande attenzione alle parole e al processo di elaborazione delle norme, mentre la nuova legge appare priva di un vero dibattito e di un confronto democratico. Il problema non è solo il contenuto, ma il metodo, percepito come lontano dalla cultura costituzionale originaria.

A chiudere gli interventi è stata Mariarosaria Guglielmi, magistrato e presidente di MEDEL (Magistrats Européens pour la Democratie et les Libertés), nota per la sua visione internazionale della giustizia come bene comune.
''I cambiamenti in corso non rafforzano ma indeboliscono gli equilibri democratici, aprendo la strada a possibili involuzioni. Non si tratta di una vera riforma della giustizia: i problemi strutturali del sistema rimarranno – ha detto la relatrice riferendosi al testo sulla separazione delle carriere - bensì di una riforma della magistratura''.

Guglielmi ha richiamato l’attenzione sulle analisi di MEDEL, osservatorio privilegiato del deterioramento democratico in Europa. ''Questo processo si manifesta ovunque con attacchi all’indipendenza dei sistemi giudiziari, ritenuti l’anello più debole del potere democratico, come mostrano i casi emblematici di Ungheria e Polonia. A livello globale, per la prima volta si registrano più autocrazie che democrazie, e le recenti elezioni americane accentuano ulteriormente questo scenario'' ha aggiunto, ricordando come ormai la magistratura sia sotto un attacco continuo. A questo proposito ha citato l’intervento di Elon Musk, che in un recente post sulla propria piattaforma, ha invitato a ''cacciare'' i giudici italiani che hanno sollevato dubbi di compatibilità tra la nuova disciplina sui migranti e il diritto europeo. Una retorica, quella in cui i giudici diventano i nemici della democrazia, ritenuta pericolosa. Per questo, secondo la relatrice, occorre ''mettere in sicurezza'' la magistratura e sostenerne la resilienza.

''Il sistema giudiziario italiano, soprattutto l’assetto del pubblico ministero e il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura, è considerato un modello. Proprio per questo l’intervento esprime forte preoccupazione: la nuova riforma rischia di stravolgere un equilibrio che finora ha garantito indipendenza e tenuta democratica'' ha concluso.
Un tema sul quale ha preso nuovamente la parola Giancarlo Caselli: ''la nuova riforma prevede dei costi pesanti, ci saranno tre organismi da pagare. Non credo che il nostro Paese nelle condizioni in cui si trova si possa permettere di sprecare risorse'' ha detto, ponendo dubbi anche sul sistema del sorteggio. ''Vincerà il caso: avremo dei veri dilettanti allo sbaraglio in campo''.

Una serata intensa che, a prescindere dall'opinione dei presenti, è riuscita nel proprio intento: quello di stimolare nel pubblico una riflessione attenta su quel che sta accadendo e sulle conseguenze di un sistema che, ora più che mai, necessita di un interesse reale da parte dei cittadini. Insomma, serve meno indifferenza e più consapevolezza.

I relatori e i moderatori della serata
A moderare gli interventi sono stati Piero Calabrò e Roberto Romagnano, ''anime'' di un'iniziativa che aveva esordito una dozzina d'anni fa con una serie di incontri promossi nel territorio meratese, sempre caratterizzati dalla volontà di andare oltre, sostenuti dalla presenza di esponenti di alto profilo.

Da sinistra Roberto Romagnano (Associazione Bang) e Piero Calabrò (Nazionale Italiana Magistrati), promotori dell'incontro
''La Costituzione è un pilastro della nostra democrazia e io auspico che questo valore venga preservato e conservato alle generazioni future'' ha detto, salutando il numeroso pubblico intervenuto in sala Ticozzi, la dottoressa Bianca Maria Bianchi, presidente della sezione penale del Tribunale di Lecco.

A sinistra Bianca Maria Bianchi, presidente della sezione penale del Tribunale di Lecco
Anche il dottor Dario Colasanti, giudice in servizio presso il Palazzo di Giustizia e referente di ANM ha voluto dare il proprio contributo. ''Il tentativo è quello di far capire ai cittadini che i magistrati non vogliono essere una casta separata: riflettiamo e discutiamo insieme sulla legalità. Stasera parleremo di regole che stanno alla base dei rapporti tra le persone. Cosa sta succedendo nel mondo? E' giusto che i magistrati escano dal tribunale e parlino di queste cose? Non è che poi rischiano di bruciare la loro imparzialità?''.
Una frase di Vladimiro Zagrebelsky che la ''toga'' ha voluto condividere con i presenti, ha posto in evidenza la necessità di un confronto aperto.

Al microfono il giudice Dario Colasanti (delegato ANM)
''Grazie a chi ha organizzato questa serata e ai cittadini presenti'' le parole di Elia Campanielli, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Lecco. ''Il tema di questa sera ci sta molto a cuore: non c'è democrazia senza tutela dei diritti. Questo dibattito non può che accrescere il nostro sistema: è vero che i magistrati devono uscire dai loro studi o dal tribunale, è fondamentale, perchè bisogna interrogarsi su quello che sta succedendo. L'Ordine lo fa da tempo e lo farà sempre''.

A portare i saluti di Avviso Pubblico – che ha patrocinato la serata – anche Paolo Lanfranchi, sindaco di Dolzago, seduto in prima fila insieme agli amministratori di Cinisi (Palermo), comune con il quale la sua Amministrazione ha stretto un gemellaggio nel segno della legalità. ''Le regole del vivere comune sono in crisi secondo me: è necessario mettere in campo delle azioni per tutelare giustizia e legalità. Mi chiedo – ha proseguito il coordinatore lecchese del sodalizio - quante volte ancora dovremo contrastare azioni legislative che ostacolano il nostro lavoro di tutti i giorni. Come amministratori siamo stanchi: ci serve grande energia per andare avanti''.

Il dibattito è entrato poi nel vivo grazie ai relatori di grande livello intervenuti alla serata, introdotti da Roberto Romagnano che ha evidenziato la necessità di creare una rete. ''Viviamo un'epoca di repentini cambiamenti, di sfiducia verso le istituzioni. Parlarne questa sera è un dovere civico e la vostra presenza ci rincuora'' ha detto, passando la parola a Piero Calabrò, che ha voluto ringraziare per l'impegno profuso nell'organizzare il dibattito.
''La finalità non è quella di dare risposta a quesiti complessi, ma stimolare delle riflessioni per essere tutti più consapevoli'' ha aggiunto Romagnano, presidente dell'Associazione Bang.

''Da almeno trent'anni organizziamo serate come queste con temi che riguardano la legalità sotto tutte le sue forme, violenza sulle donne, lotta alla criminalità, agrimafie'' ha detto, confessando di non aver mai dovuto affrontare l'argomento oggetto della serata. ''Se lo facciamo un motivo c'è'' ha aggiunto, introducendo la professoressa Elisabetta Grande, docente di diritto comparato all’Università del Piemonte Orientale, alla quale ha chiesto un focus sulla situazione della democrazia negli Stati Uniti.

La relatrice, a questo proposito, ha descritto una situazione sociale ed economica profondamente deteriorata: ''si è diffusa una povertà crescente e scioccante, con molte persone che non riescono ad arrivare a fine mese perché i salari non permettono più di vivere dignitosamente. Accanto a ciò, esiste una ricchezza enorme concentrata nelle mani di pochissimi: la torta economica continua a crescere di poco, ma quel poco finisce quasi interamente ai più forti, sottraendo risorse ai più deboli''.

Da sinistra Piero Calabrò, Roberto Bin ed Elisabetta Grande
Secondo la professoressa Grande le cause affondano nelle scelte legislative e nel funzionamento del Congresso, che risponde principalmente agli interessi di chi finanzia le campagne elettorali. Alle ultime elezioni sono stati spesi 15 miliardi di dollari in finanziamenti: poche grandi corporation, dotate di un potere enorme, sostengono i candidati e in cambio ottengono politiche favorevoli ai loro interessi. Questo meccanismo, in atto da circa quarant’anni, ha alimentato disuguaglianze sempre più profonde.

In questo contesto emerge Trump, che riceve il sostegno dei più poveri perché molti sperano possa cambiare le cose. Ma – come ha osservato la docente - una volta al potere non sembra che la difesa degli interessi dei più deboli sia la priorità. Al primo posto infatti, ci sono le corporation, che non vogliono controlli e puntano solo al profitto. È una dinamica pericolosa, perché queste grandi entità esercitano un controllo capillare anche sugli studi legali, sulla comunicazione e su molti altri settori.
''La magistratura – ha aggiunto Grande - prova a resistere: alcuni giudici hanno dichiarato illegittime diverse azioni di Trump. Tuttavia, la Corte Suprema gli ha spesso dato ragione, limitando la possibilità di contrastare decisioni considerate dannose''.
Il quadro complessivo, per la docente, è molto triste e preoccupante.

L'analisi del professor Roberto Bin - illustre costituzionalista, già professore ordinario all'Università di Ferrara – ha aiutato il pubblico ad interpretare le tensioni istituzionali odierne. Attraverso il suo intervento il relatore ha espresso una visione pessimista sul rapporto tra sovranismo e sovranità popolare, e più in generale sullo stato della democrazia contemporanea.
''La crisi attuale non è attribuita a Trump: affonda invece le radici in un’evoluzione storica lunga, in cui la lotta per il potere è stata progressivamente regolata da leggi e costituzioni. Oggi però il potere si è spostato altrove: non è più nei luoghi tradizionali della politica e neppure nel capitale, inteso come datore di lavoro diffuso, ma è concentrato nelle mani di pochissimi attori economici con un’influenza enorme'' ha detto Bin. ''Di fronte a questo scenario, i cittadini faticano a comprendere per cosa votare: non esistono più bandiere riconoscibili e il campo da gioco della democrazia — le leggi, la Costituzione, lo Stato di diritto — non sembra più essere il luogo reale in cui si decide''.

Per il costituzionalista ''i principi dello Stato di diritto hanno perso presa sulla realtà, perché la politica governa ormai pochissime cose, mentre il potere effettivo è altrove. In questo contesto, il significato stesso di sovranismo diventa ambiguo''.
In Italia, questa crisi si manifesta anche come confusione e incapacità tecnica della politica nel mantenere la distinzione tra diritto e decisione politica. L’esempio citato è il referendum sulla separazione delle carriere: un testo giudicato povero di contenuti, percepito più come un attacco all’ANM che come una riforma strutturale.
La politica, accusata di vedere nella magistratura un nemico (''le toghe rosse''), secondo Bin, tenta di liberarsi dei vincoli del diritto, ma non riesce a farlo con coerenza, aggravando il conflitto istituzionale.

''La situazione si traduce in uno scontro continuo: la politica produce le leggi ma poi non le rispetta, oppure invade impropriamente lo spazio del diritto, come nel caso del decreto sicurezza'' ha concluso il docente, secondo il quale questa tensione crescente segnala una crisi profonda e pericolosa del sistema democratico.

Giancarlo Caselli e Mariarosa Guglielmi
Accolto da un applauso sentito Giancarlo Caselli, già Procuratore Capo di Palermo e Torino; un nome, il suo, che evoca la stagione più dura della lotta dello Stato contro la mafia e il terrorismo. Amico di lunga data di Piero Calabrò, il relatore è stato il primissimo ospite del Progetto Legalità, come ricordato da Roberto Romagnano.

Nel suo appassionato intervento, il dottor Caselli ha sottolineato innanzitutto il valore della Costituzione italiana come carta capace di rappresentare l’intero popolo, perché nata dal consenso ampio e condiviso delle forze politiche. In quest’ottica, la questione della separazione delle carriere non viene considerata una vera riforma della giustizia: secondo il relatore, non ha attinenza con gli aspetti strutturali del sistema giudiziario.

Caselli ha poi criticato il metodo con cui oggi si affrontano i temi legislativi, molto diverso dal passato. La nuova legge appare come un progetto governativo blindato: ''il Parlamento non ha potuto discuterlo realmente, non è stato ammesso neppure un emendamento, e il testo è arrivato in aula ed è uscito esattamente identico'' ha detto il già Procuratore Capo di Palermo, secondo il quale questa circostanza contrasta con lo spirito della Costituzione, che si fonda sulla partecipazione, sul confronto e sulla condivisione.


A chiudere gli interventi è stata Mariarosaria Guglielmi, magistrato e presidente di MEDEL (Magistrats Européens pour la Democratie et les Libertés), nota per la sua visione internazionale della giustizia come bene comune.
''I cambiamenti in corso non rafforzano ma indeboliscono gli equilibri democratici, aprendo la strada a possibili involuzioni. Non si tratta di una vera riforma della giustizia: i problemi strutturali del sistema rimarranno – ha detto la relatrice riferendosi al testo sulla separazione delle carriere - bensì di una riforma della magistratura''.

Guglielmi ha richiamato l’attenzione sulle analisi di MEDEL, osservatorio privilegiato del deterioramento democratico in Europa. ''Questo processo si manifesta ovunque con attacchi all’indipendenza dei sistemi giudiziari, ritenuti l’anello più debole del potere democratico, come mostrano i casi emblematici di Ungheria e Polonia. A livello globale, per la prima volta si registrano più autocrazie che democrazie, e le recenti elezioni americane accentuano ulteriormente questo scenario'' ha aggiunto, ricordando come ormai la magistratura sia sotto un attacco continuo. A questo proposito ha citato l’intervento di Elon Musk, che in un recente post sulla propria piattaforma, ha invitato a ''cacciare'' i giudici italiani che hanno sollevato dubbi di compatibilità tra la nuova disciplina sui migranti e il diritto europeo. Una retorica, quella in cui i giudici diventano i nemici della democrazia, ritenuta pericolosa. Per questo, secondo la relatrice, occorre ''mettere in sicurezza'' la magistratura e sostenerne la resilienza.

''Il sistema giudiziario italiano, soprattutto l’assetto del pubblico ministero e il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura, è considerato un modello. Proprio per questo l’intervento esprime forte preoccupazione: la nuova riforma rischia di stravolgere un equilibrio che finora ha garantito indipendenza e tenuta democratica'' ha concluso.
Un tema sul quale ha preso nuovamente la parola Giancarlo Caselli: ''la nuova riforma prevede dei costi pesanti, ci saranno tre organismi da pagare. Non credo che il nostro Paese nelle condizioni in cui si trova si possa permettere di sprecare risorse'' ha detto, ponendo dubbi anche sul sistema del sorteggio. ''Vincerà il caso: avremo dei veri dilettanti allo sbaraglio in campo''.

Una serata intensa che, a prescindere dall'opinione dei presenti, è riuscita nel proprio intento: quello di stimolare nel pubblico una riflessione attenta su quel che sta accadendo e sulle conseguenze di un sistema che, ora più che mai, necessita di un interesse reale da parte dei cittadini. Insomma, serve meno indifferenza e più consapevolezza.
G.C.














