Lecco: basta fast fashion, per i giovani c'è un'altra moda
Un weekend all’insegna del riuso consapevole, del design circolare e della musica. Tra sabato e domenica Officina Badoni ha ospitato l’evento ‘C’è un’altra moda?’ organizzato da R‑evolution in collaborazione con Bira Bottega; un doppio appuntamento che ha unito vendita di capi vintage, mostra tematica sul contrasto al fast fashion e momenti di socialità, con servizio bar curato da Offi Coffee, DJ set serale e afterparty.


Al centro dell’evento la collaborazione di due realtà di giovanissimi, la prima un gruppo di ragazzi e la seconda il progetto del giovanissimo Giovanni Piazza, rivenditore che seleziona capi second‑hand in Italia e in Europa per proporli poi online e in pop‑up milanesi.


Oltre allo shopping, il format ha introdotto una leva concreta per incentivare il riciclo: chi portava 1 kg di vestiti in buone condizioni e rivendibili riceveva un buono da 5 euro da spendere subito. “Tra sabato e domenica, siamo riusciti a raccogliere ben 17 kg di capi” ha raccontato Camilla Vimercati, una delle fondatrici di R-evolution.


Parallelamente, è stata allestita una mostra sui costi nascosti della moda usa‑e‑getta, tra impatto ambientali e diritti del lavoro lungo la filiera globale. In esposizione anche pezzi unici riqualificati con sartoria e pittura a mano. “Vogliamo dimostrare come il second‑hand non sia solo sostenibilità ma anche estetica e valore progettuale - ha sottolineato Vimercati, la quale ha poi proseguito “La nostra generazione ha una marcia in più sul tema della sostenibilità”.


L’appuntamento si inserisce in un percorso più ampio già avviato dall’associazione: dopo lo swappissimo del 2 novembre, dove ha collaborato con OGVN e Aracne Sartoria Sociale, evento che ha richiamato una gran folla di giovani, R‑evolution ha continuato a ‘cavalcare l’onda’ dell’interesse crescente verso consumi più responsabili.


“Durante quel pomeriggio, abbiamo fatto piccole interviste: i giovani sono ben consapevoli del danno del fast fashion, sia per i lavoratori sia per l’ambiente, in particolare sull’inquinamento delle acque,” conclude Vimercati.


Il bilancio del weekend conferma un trend positivo, con una partecipazione complessiva di un centinaio di persone. Un segnale di come pratiche semplici, incentivate da micro‑bonus e accompagnate da contenuti culturali, possano trasformare un’esperienza d’acquisto in un atto di cittadinanza ecologica. L’obiettivo dichiarato è la continuità: far diventare queste pratiche un’abitudine territoriale, non un’eccezione stagionale.


Al centro dell’evento la collaborazione di due realtà di giovanissimi, la prima un gruppo di ragazzi e la seconda il progetto del giovanissimo Giovanni Piazza, rivenditore che seleziona capi second‑hand in Italia e in Europa per proporli poi online e in pop‑up milanesi.


Oltre allo shopping, il format ha introdotto una leva concreta per incentivare il riciclo: chi portava 1 kg di vestiti in buone condizioni e rivendibili riceveva un buono da 5 euro da spendere subito. “Tra sabato e domenica, siamo riusciti a raccogliere ben 17 kg di capi” ha raccontato Camilla Vimercati, una delle fondatrici di R-evolution.


Parallelamente, è stata allestita una mostra sui costi nascosti della moda usa‑e‑getta, tra impatto ambientali e diritti del lavoro lungo la filiera globale. In esposizione anche pezzi unici riqualificati con sartoria e pittura a mano. “Vogliamo dimostrare come il second‑hand non sia solo sostenibilità ma anche estetica e valore progettuale - ha sottolineato Vimercati, la quale ha poi proseguito “La nostra generazione ha una marcia in più sul tema della sostenibilità”.


L’appuntamento si inserisce in un percorso più ampio già avviato dall’associazione: dopo lo swappissimo del 2 novembre, dove ha collaborato con OGVN e Aracne Sartoria Sociale, evento che ha richiamato una gran folla di giovani, R‑evolution ha continuato a ‘cavalcare l’onda’ dell’interesse crescente verso consumi più responsabili.


“Durante quel pomeriggio, abbiamo fatto piccole interviste: i giovani sono ben consapevoli del danno del fast fashion, sia per i lavoratori sia per l’ambiente, in particolare sull’inquinamento delle acque,” conclude Vimercati.


Il bilancio del weekend conferma un trend positivo, con una partecipazione complessiva di un centinaio di persone. Un segnale di come pratiche semplici, incentivate da micro‑bonus e accompagnate da contenuti culturali, possano trasformare un’esperienza d’acquisto in un atto di cittadinanza ecologica. L’obiettivo dichiarato è la continuità: far diventare queste pratiche un’abitudine territoriale, non un’eccezione stagionale.
M.E.














