Lecco: condannate le giornaliste de "Le Iene". Diffamarono l'amministratrice di sostegno di Carlo Gilardi, avvocato Elena Barra

Sono state ritenute responsabili del reato di diffamazione aggravata Le Iene Nina Palmieri e Carlotta Bizzarri, oggi presenti in aula: le giornaliste della trasmissione Mediaset sono state condannate a 2 mila euro di multa, al risarcimento del danno non patrimoniale per 100 mila euro e al pagamento delle spese processuali in favore della costituita parte civile, per un valore di 11 mila euro.
Assolte, invece, insieme a Brahim El Mazoury con formula “perchè il fatto non costituisce reato” per quanto riguarda le dichiarazioni riprese in video dell'ex badante di Carlo Gilardi.
NinaPalminieriSentenza.jpg (23 KB)
Nina Palmieri

Sono passati cinque anni dal ricovero in RSA di Carlo Gilardi, il facoltoso, colto e anziano professore di Airuno che viveva seguendo i dogmi francescani, nella modestia e nella filantropia.
Oggi si chiude, almeno con sentenza di primo grado, l'ultimo dei tanti capitoli che l’hanno visto, suo malgrado, al centro di una vicenda giudiziaria lunga e gravosa davanti al Tribunale lecchese, che ha segnato inevitabilmente e irrimediabilmente gli ultimi anni della sua vita.
Con l’udienza odierna, il giudice Gianluca Piantadosi del Tribunale di Lecco ha pronunciato la sentenza di condanna nel procedimento a carico delle inviate de Le Iene Nina Palmieri e Carlotta Bizzarri, e dell’ex-badante di Gilardi, Brahim El Mazoury, imputati per diffamazione aggravata nei confronti dell’avvocata Elena Barra, ultima amministratrice di sostegno del professore, deceduto nel 2023 all'interno degli Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi di Lecco.
ElenaBarra.jpg (20 KB)
L'avvocato Elena Barra

L’esito è arrivato al termine di un procedimento che ha visto confrontarsi, da un lato, la tesi della Procura — che contestava ai tre imputati un racconto “parziale e distorto” diffuso da una trasmissione seguita da milioni di spettatori — e, dall’altro, la difesa delle giornaliste, che ha rivendicato la piena legittimità dell’inchiesta.
I fatti risalgono alla messa in onda, tra novembre 2020 e febbraio 2021, di ben quattordici servizi televisivi sul caso di Carlo Gilardi, il professore ultranovantenne ricoverato “contro la propria volontà” negli Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi di Lecco. Nelle prime puntate trasmesse — che documentavano il cosiddetto “prelievo forzoso” dell’anziano dalla sua abitazione — mostrarono anche l’avvocato Barra seguita dalle telecamere durante le sue attività.
Pochi giorni dopo, la professionista presentò querela sostenendo che quelle ricostruzioni avessero danneggiato gravemente la sua reputazione.
Per la Procura, nel fascicolo aperto prima dalla persona del sostituto procuratore Andrea Figoni e portato poi avanti al cospetto del Tribunale dalla collega Chiara Stoppioni, i servizi de Le Iene avrebbero veicolato una narrazione tendenziosa, suggerendo implicitamente che l’amministratrice di sostegno avesse agito contro gli interessi del proprio assistito e lasciando perfino intendere un possibile intento di appropriazione del suo ingente patrimonio.
CarloGilardi.jpg (14 KB)
Il prof. Carlo Gilardi

La pubblica accusa aveva quindi chiesto una condanna a un mese di reclusione per ciascuno dei tre imputati, sostenendo che Palmieri e Bizzarri avessero rilanciato senza filtro le dichiarazioni del badante dell'anziano El Mazoury — peraltro all'epoca già indagato per circonvenzione di incapace insieme ad altri stranieri che Carlo aveva accolto nelle proprie proprietà nel meratese e aiutava economicamente — creando un quadro “falsato e lesivo”.
Completate nei mesi scorsi le arringhe della parte civile e del responsabile civile Mediaset, poi nelle ultime udienze i difensori delle due giornaliste — gli avvocati Federico Giusti e Stefano Toniolo — avevano chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” o, in subordine, “perché il fatto non costituisce reato”.
Secondo la difesa, i servizi si limitarono a porre domande e portare alla luce incongruenze, applicando i criteri del giornalismo d’inchiesta. Nessuna accusa diretta di arricchimento illecito, nessuna affermazione di fatto falsa o volutamente diffamatoria: solo interrogativi e testimonianze provenienti da fonti plurime, tra cui documenti, audio, relazioni tecniche e dichiarazioni dello stesso Gilardi.
Inoltre, hanno ricordato gli avvocati, la trasmissione aveva chiaramente indicato all'epoca lo status di indagato di El Mazoury.
Oggetto dell’imputazione erano alcune espressioni pronunciate da Palmieri nei servizi, tra cui: “questo signore che a noi sembra lucidissimo…”, “portato via come fosse un criminale”, “l’avvocato Barra ha fatto bene il suo lavoro?”, “costringendolo a subire un TSO e un ricovero contro la sua volontà”.
Per la difesa, nessuna di queste frasi integrava un attacco personale, ma rientrava nel perimetro della cronaca e della critica legittima, soprattutto alla luce dell’interesse pubblico della vicenda.
Nel leggere il dispositivo di condanna il giudice Gianluca Piantadosi ha anche disposto la pubblicazione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia, a spese delle due imputate.
“Non ci arrendiamo assolutamente: presenteremo appello” ha detto al termine dell'udienza il difensore Stefano Toniolo “la consideriamo una sentenza ingiusta. Leggeremo le motivazioni, ma siamo molto tranquilli, sicuri del lavoro che abbiamo svolto e di come si è tenuto il processo. Questa è stata un'attività a mio avviso meritoria: è stata anche certificata da una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha stabilito che è stato violato un diritto fondamentale di una persona e per cui ritengo che le nostre assistite debbano essere orgogliose di avere portato la sensibilità dell'opinione pubblica a una vicenda come questa che riguarda veramente il diritto e la libertà delle scelte delle persone. Prendo atto della sentenza, ma per quanto ci riguarda, non cambia niente”.
F.F.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.