Cucina Italiana patrimonio dell'Umanità? L'Unesco premia anche il lavoro delle campagne
Il voto di oggi a Nuova Delhi non premia solo le grandi firme della ristorazione, ma il lavoro quotidiano dei nostri agricoltori, delle famiglie contadine, delle cuoche e dei cuochi che nelle cucine di cascina tengono viva la vera tradizione alimentare italiana: è una festa che parte dalle campagne di Como e Lecco e arriva nel mondo.
La nostra cucina nasce dalla semplicità delle materie prime, dalla stagionalità dei prodotti, dal legame strettissimo con i territori: dalle valli lariane alla Brianza, dalle cascine di pianura agli alpeggi, ogni ricetta autentica è un racconto agricolo prima ancora che gastronomico. Il riconoscimento Unesco mette un sigillo internazionale su questo intreccio fra paesaggio, lavoro nei campi e cultura del cibo, ed è una grande responsabilità oltre che un orgoglio.
Il risultato è rilevante anche dal punto di vista economico. Secondo un’indagine Coldiretti/Censis, il 94% degli italiani ritiene che il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio dell’Unesco sia un’opportunità di sviluppo per l’economia nazionale e per l’Italia in generale. La cucina italiana nel mondo vale oggi 251 miliardi di euro, con una crescita del +5% in un solo anno, sulla base dell’analisi Coldiretti su dati Deloitte Foodservice Market Monitor 2025; i soli Stati Uniti e la Cina rappresentano oltre il 65% dei consumi globali di cucina italiana.
Parliamo di un settore che genera valore, lavoro, turismo e che nelle nostre province si traduce in mercati contadini, aziende agricole di trasformazione, agriturismi, ristorazione di qualità che sceglie prodotti locali. Il marchio Unesco rafforza questo modello, perché valorizza l’identità dei luoghi e il ruolo insostituibile degli agricoltori nella filiera.
Il riconoscimento arriva anche come strumento importante nella lotta al fenomeno dell’“italian sounding”. Più di un italiano su due (53%), quando viaggia all’estero, si trova nel piatto pietanze “tricolori” taroccate, realizzate con ingredienti o procedure che nulla hanno a che vedere con la nostra vera tradizione culinaria, secondo l’indagine Ixè.
Il rischio è che il consumatore straniero pensi di conoscere la cucina italiana assaggiando prodotti che con l’Italia hanno solo un nome in etichetta o un colore nel packaging. L’iscrizione Unesco è un alleato fondamentale per fare chiarezza: aiuta a distinguere chi lavora davvero con ingredienti e tecniche rispettose della nostra cultura gastronomica da chi sfrutta indebitamente il richiamo “Italian style”. Per le nostre aziende, che esportano formaggi, salumi, vini, olio e trasformati di qualità, è un supporto in più nel difendere identità e valore aggiunto.
Per accompagnare la candidatura e valorizzarne il risultato, Coldiretti, Filiera Italia e Campagna Amica – insieme al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – hanno promosso la nascita dell’Accademia della cultura enogastronomica italiana. L’Accademia punta a formare le nuove generazioni di professionisti del settore: dalle scuole alberghiere e di cucina alle facoltà universitarie dedicate alle scienze gastronomiche, dell’alimentazione e agroalimentari, fino ai professionisti che già operano nel comparto (acquirenti, ristoratori, distributori, cuochi e pizzaioli, giornalisti e influencer del cibo). Tra i destinatari ci sono anche le reti estere di rappresentanza e promozione dell’agroalimentare italiano nel mondo, con il supporto delle Ambasciate.
Investire sulla formazione significa garantire che la nostra cucina resti fedele alle sue radici e, allo stesso tempo, sappia innovare senza snaturarsi. Per un territorio come il nostro, dove l’ospitalità legata al lago e alla montagna è un motore fondamentale, avere professionisti consapevoli del valore della filiera corta e dei prodotti tipici significa offrire ai turisti un’esperienza autenticamente italiana, dal piatto al paesaggio.
A celebrare il riconoscimento Unesco sono, in prima linea, i cuochi contadini della rete Campagna Amica, protagonisti anche del video #ÈUnesco diffuso sui canali istituzionali nazionali: immagini che raccontano mani che impastano, coltivano, raccolgono e accolgono e che restituiscono il ritmo semplice e potente della vita rurale.
I cuochi contadini sono gli interpreti più veri della nostra identità gastronomica: partono dai prodotti che conoscono per nome, perché ne seguono la nascita dal campo alla cucina, e li trasformano in piatti che parlano di stagioni, di famiglie, di comunità. Il riconoscimento Unesco è anche un invito a sostenerli, scegliendo i mercati di Campagna Amica, gli agriturismi e i ristoranti che fanno della trasparenza dell’origine e del legame con il territorio la loro bandiera.
La nostra cucina nasce dalla semplicità delle materie prime, dalla stagionalità dei prodotti, dal legame strettissimo con i territori: dalle valli lariane alla Brianza, dalle cascine di pianura agli alpeggi, ogni ricetta autentica è un racconto agricolo prima ancora che gastronomico. Il riconoscimento Unesco mette un sigillo internazionale su questo intreccio fra paesaggio, lavoro nei campi e cultura del cibo, ed è una grande responsabilità oltre che un orgoglio.
Il risultato è rilevante anche dal punto di vista economico. Secondo un’indagine Coldiretti/Censis, il 94% degli italiani ritiene che il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio dell’Unesco sia un’opportunità di sviluppo per l’economia nazionale e per l’Italia in generale. La cucina italiana nel mondo vale oggi 251 miliardi di euro, con una crescita del +5% in un solo anno, sulla base dell’analisi Coldiretti su dati Deloitte Foodservice Market Monitor 2025; i soli Stati Uniti e la Cina rappresentano oltre il 65% dei consumi globali di cucina italiana.
Parliamo di un settore che genera valore, lavoro, turismo e che nelle nostre province si traduce in mercati contadini, aziende agricole di trasformazione, agriturismi, ristorazione di qualità che sceglie prodotti locali. Il marchio Unesco rafforza questo modello, perché valorizza l’identità dei luoghi e il ruolo insostituibile degli agricoltori nella filiera.
Il riconoscimento arriva anche come strumento importante nella lotta al fenomeno dell’“italian sounding”. Più di un italiano su due (53%), quando viaggia all’estero, si trova nel piatto pietanze “tricolori” taroccate, realizzate con ingredienti o procedure che nulla hanno a che vedere con la nostra vera tradizione culinaria, secondo l’indagine Ixè.
Il rischio è che il consumatore straniero pensi di conoscere la cucina italiana assaggiando prodotti che con l’Italia hanno solo un nome in etichetta o un colore nel packaging. L’iscrizione Unesco è un alleato fondamentale per fare chiarezza: aiuta a distinguere chi lavora davvero con ingredienti e tecniche rispettose della nostra cultura gastronomica da chi sfrutta indebitamente il richiamo “Italian style”. Per le nostre aziende, che esportano formaggi, salumi, vini, olio e trasformati di qualità, è un supporto in più nel difendere identità e valore aggiunto.
Per accompagnare la candidatura e valorizzarne il risultato, Coldiretti, Filiera Italia e Campagna Amica – insieme al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – hanno promosso la nascita dell’Accademia della cultura enogastronomica italiana. L’Accademia punta a formare le nuove generazioni di professionisti del settore: dalle scuole alberghiere e di cucina alle facoltà universitarie dedicate alle scienze gastronomiche, dell’alimentazione e agroalimentari, fino ai professionisti che già operano nel comparto (acquirenti, ristoratori, distributori, cuochi e pizzaioli, giornalisti e influencer del cibo). Tra i destinatari ci sono anche le reti estere di rappresentanza e promozione dell’agroalimentare italiano nel mondo, con il supporto delle Ambasciate.
Investire sulla formazione significa garantire che la nostra cucina resti fedele alle sue radici e, allo stesso tempo, sappia innovare senza snaturarsi. Per un territorio come il nostro, dove l’ospitalità legata al lago e alla montagna è un motore fondamentale, avere professionisti consapevoli del valore della filiera corta e dei prodotti tipici significa offrire ai turisti un’esperienza autenticamente italiana, dal piatto al paesaggio.
A celebrare il riconoscimento Unesco sono, in prima linea, i cuochi contadini della rete Campagna Amica, protagonisti anche del video #ÈUnesco diffuso sui canali istituzionali nazionali: immagini che raccontano mani che impastano, coltivano, raccolgono e accolgono e che restituiscono il ritmo semplice e potente della vita rurale.
I cuochi contadini sono gli interpreti più veri della nostra identità gastronomica: partono dai prodotti che conoscono per nome, perché ne seguono la nascita dal campo alla cucina, e li trasformano in piatti che parlano di stagioni, di famiglie, di comunità. Il riconoscimento Unesco è anche un invito a sostenerli, scegliendo i mercati di Campagna Amica, gli agriturismi e i ristoranti che fanno della trasparenza dell’origine e del legame con il territorio la loro bandiera.
Coldiretti Como Lecco














