Lecco: il DS Perrone torna al Parini in veste di...scrittore

E' stato un lieto ritorno a casa - oltre e prima ancora che l'occasione per presentare la sua ultima fatica letteraria - l'intervento del dirigente emerito Antonio Perrone nell'aula magna dell'Istituto G. Parini di Lecco, di fronte ad una platea desiderosa di conoscere in anteprima il contenuto del volume intitolato “È' un'altra scuola”.
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Un racconto autobiografico suddiviso in episodi che restituisce l'esperienza di chi ama la scuola per averle dedicato la vita, sperimentando nella quotidianità il senso e il valore della sua missione. Nonostante le origini pugliesi, Antonio Perrone ha trascorso la sua intera carriera, prima da insegnante di francese e poi da dirigente scolastico, negli istituti del lecchese, a cominciare dalla prima supplenza breve svolta a metà degli anni Settanta, ancora fresco di università e servizio militare, nelle scuole medie di Mandello e Premana. Un'esperienza breve ma intensa, seguita, nell'anno successivo, dal primo incarico annuale nelle scuole superiori, una cattedra suddivisa tra Liceo Manzoni e Istituto Bertacchi.
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La prima nomina al Parini come docente la riceve nell'anno scolastico 1980-81 e negli anni successivi insegna ad Oggiono, in quello che sarebbe diventato l'attuale Istituto Bachelet, all'epoca ancora sede staccata dell'istituto lecchese. Poi arriva l'esperienza da preside incaricato di anno in anno in svariate sedi in quel momento prive di titolare: il Bachelet di Oggiono, l'Agnesi di Merate, il Medardo Rosso e il Manzoni di Lecco, la scuola media di Mandello, finché nell'anno 2006-7, superato il concorso a preside, ottiene la titolarità presso il Parini, di cui rimane dirigente per i successivi otto anni, gli ultimi della carriera prima del pensionamento.
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Non stupisce quindi che proprio tra i muri dell'Istituto di via Badoni si siano svolti molti dei fatti che, a distanza di parecchi anni, sono ora consegnati ai lettori del volume recentemente dato alle stampe. A questa pubblicazione il Parini ha del resto contribuito in modo significativo anche relativamente all’iter redazionale e alla veste editoriale, considerato che l'editing è stato curato dalla professoressa Anna Gesuele, mentre l'illustrazione riprodotta in copertina è opera di un'alunna del corso Servizi Commerciali, selezionata tramite un concorso appositamente indetto a scuola.
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L'idea di raccogliere in un libro aneddoti ed episodi significativi della propria carriera è nata, per ammissione dello stesso autore, durante il periodo del Covid, ispirata dal contenuto di alcune cartelle salvate sul proprio computer: “Ho sempre avuto l'abitudine di annotare quotidianamente i fatti più importanti delle mie giornate, per memoria personale e perché, qualora mi fosse stato chiesto conto a posteriori di qualche circostanza particolare, avrei saputo cosa rispondere. Da questo materiale ho pensato di ricavare una pubblicazione che restituisse ai miei nipoti una dimensione della mia persona che altrimenti avrebbero ignorato e che al tempo stesso rappresentasse - citando papa Francesco - una sacca da viaggio, non un semplice ricordo del passato ma un'anticipazione del futuro“. 
Quello che ne è risultato è una raccolta di episodi autobiografici in cui si alternano il tono serio e quello umoristico, dai quali emerge la consapevolezza della centralità che la scuola riveste in quanto comunità educante, con il suo riflettere e interpretare le tensioni e le aspirazioni che attraversano la società. L'ufficio di presidenza diventa così un osservatorio sociale e al contempo una camera di decantazione nella quale irrompono e si manifestano in tutta la loro drammaticità le fatiche educative vissute dalle famiglie e i problemi di comunicazione che minano il rapporto tra adolescenti e genitori, inducendo spesso questi ultimi a cercare nella scuola ora un'imputata su cui scaricare la responsabilità dei propri fallimenti, ora una vicaria a cui appoggiarsi sentendosi inadeguati. Lo dimostrano la madre che si rivolge al preside perché convinca sua figlia, studentessa dell'istituto, che vive con il padre dopo la separazione dei genitori e ha interrotto i rapporti con lei, a incontrarla, o quella che contatta il dirigente dopo che il figlio le ha telefonato dai bagni minacciando di togliersi la vita perché prevede che non sarà ammesso alla classe successiva. E non mancano generi diversi, compreso quello poliziesco, presente nell'episodio in cui, a seguito di ripetuti furti di libri avvenuti in una classe, il preside veste i panni dell'investigatore e, interpellate le librerie cittadine che rivendono i testi scolastici usati, risale all'identità del ladro. 
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La scuola alla quale si riferisce il titolo del libro non si riduce però all’istituzione preposta alla formazione, ma comprende altri contesti nei quali si realizza un’azione formativa, ispirata dall’attenzione verso l’altro e dalla fiducia nel valore della conoscenza come strumento di libertà. La seconda parte del volume restituisce infatti l’attività di volontariato svolta dal prof. Perrone ormai in pensione presso la ‘Casa sul pozzo’ gestita dalla Comunità di Via Gaggio, dove insegna le prime nozioni di lingua italiana ai migranti. Un’esperienza che si è rivelata particolarmente arricchente grazie all’incontro con il vissuto difficile di queste persone che nel nostro Paese cercano un’occasione di riscatto, al punto che con diversi di loro ha intrecciato delle relazioni che durano nel tempo ben oltre l’occasione didattica nella quale sono nate.
A corollario della presentazione del volume, domandiamo al preside se c’è qualche persona che ricorda in particolare, tra i tanti incontri che hanno segnato la sua esperienza quarantennale nella scuola. Dalla sua memoria si affaccia allora la figura autorevole e severa della mitica professoressa Antonietta Nava, preside del Liceo Manzoni all’epoca del primo incarico del giovanissimo prof. Perrone: “La ricordo sulle scale al suono della prima campanella, impegnata a sollecitare con piglio energico i docenti che entravano nell’atrio con passo a suo giudizio non abbastanza celere. Chi l’ha conosciuta sa come in lei convivessero la notoria durezza del carattere e un’umanità altrettanto profonda. Ricordo di averla vista piangere alla notizia della morte di Aldo Moro, che lei aveva avuto modo di incontrare personalmente in una sua visita istituzionale a Lecco”. Erano gli anni di piombo e la scuola era attraversata dalle animosità che laceravano la società italiana dell’epoca: “Allora tra insegnanti si litigava per le adozioni dei libri di testo, scontrandosi in base alle appartenenze politiche degli autori, cose che oggi non sarebbero immaginabili”. Forse era davvero un’altra scuola? “Per certi versi sì, ma in fondo, anche se cambiano il contesto e gli strumenti a disposizione, le questioni fondamentali con cui è chiamata a confrontarsi l’azione educativa sono sempre le stesse, se si mette al centro la persona e l’obiettivo è quello di aiutarla a costruire la propria identità ed esprimere appieno le sue potenzialità”.
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