In viaggio a tempo indeterminato/410: lasciamo la 'città mercato' del Sudamerica con... un regalo
Ci siamo fatti un regalo e non per Natale.
Con largo anticipo, precedendo il barbuto Babbo vestito di rosso, abbiamo fatto uno di quegli acquisti scomodi, non utili e assolutamente d'istinto.
Quando viaggiamo con lo zaino ogni etto ha un peso specifico importante. Una maglietta in più finisce sulle spalle. Dei pantaloni che non utilizzerai mai? Sulle spalle. Una felpa portata pensando che a 3000 metri tra le Ande farà freddo ma in realtà giri in maglietta? Sulle spalle.
Ogni scelta, quando viaggiamo con lo zaino, pesa.
E in genere applichiamo una regola: per ogni nuovo capo di abbigliamento che entra nello zaino, ne deve uscire uno. Come se dentro quella cerniera che si chiude sempre un po' forzatamente, si dovesse mantenere l'equilibrio perfetto.
In pratica, senza accorgercene, applichiamo la prima legge di Newton: "un corpo è in equilibrio meccanico se la risultante delle forze è zero."
Che tradotto vuol dire che finché lo zaino non esplode e reggiamo il peso sulle spalle, siamo in equilibrio perfetto.
Stavolta però, abbiamo stravolto tutte le leggi della fisica e abbiamo fatto un acquisto di getto.
Cosa poteva esserci di più pratico e comodo per viaggiare di una chitarra?
Probabilmente molte cose ma nessuna ci avrebbe dato la stessa gioia e la stessa colonna sonora di una mini chitarra.
A nostra discolpa dobbiamo dire che questo acquisto non l'abbiamo fatto in un luogo qualunque ma nella "città mercato" del Sudamerica.
Otavalo, nel nord dell'Ecuador, è famosa per ospitare ogni sabato il mercato indigeno più grande di tutta questa parte di mondo.
Esagerazione? Dopo averlo visto, non credo proprio.
In pratica, per un giorno alla settimana, una tranquilla città si trasforma in un labirinto di banchetti invaso da un fiume di gente che proviene dai villaggi più remoti tra i monti.
Compaiono tessuti dai colori sgargianti, stoffe pesanti per realizzare gonne tradizionali, cappelli, amache e poncho.
Ma a incuriosirmi e anche un po' inquietarmi, sono delle maschere che sembrano fatte all'uncinetto.
Sono realizzate con colori accesi e attirano l'attenzione: rosso intenso, giallo oro, verde smeraldo, blu brillante.
Sembrano dei vivaci e allegri passamontagna, con i fori per gli occhi.
Non sono usati dai ladri ecuadoriani per svaligiare le banche (o almeno non credo!) nonostante siano pensate per coprire tutto il volto.
La loro funzione è oggi ornamentale e sono dei portafortuna da appendere in casa.
Ma per l'origine e il significato dobbiamo aprire una parentesi su una tradizione ancestrale sopravvissuta alla colonizzazione.
Sto parlando dell'Inti Raymi, cioè la festa del Sole.
Celebrata dagli Inca in epoca precolombiana si svolge intorno al solstizio d’inverno, che nell'emisfero sud è il 24 giugno.
È un rito di ringraziamento al dio Sole per i raccolti e la fertilità della terra.
Durante la festa si fanno danze tradizionali indossando costumi colorati e maschere proprio come quelle in vendita al mercato di Otavalo.
Questi copricapi rappresentano gli spiriti della natura, gli animali e gli antenati.
Si uniscono in un'unica celebrazione rituali legati all'agricoltura, credenze religiose antecedenti il cristianesimo e si rinforza lo spirito comunitario.

Le maschere sono uno dei tanti simboli della cultura di questa zona, l'altro sono gli strumenti musicali.
La musica tradizionale andina risuona anche al mercato di Otavalo e fa da sottofondo a trattative decise ma delicate, come gli sguardi delle persone che vivono in queste zone.
Flauti di pan, zamponas, charangos e percussioni leggere, creano melodie dolci e ipnotiche.
È una musica legata alla vita quotidiana ma anche alle danze rituali delle feste.
I suoni sono ripetitivi ma armoniosi e se chiudo gli occhi riesco a immaginare la montagna, sento il fruscio del vento e percepisco il calore del sole.
Quelle note trasmettono il legame profondo con la natura e con le tradizioni ancestrali.
Mi lascio trasportare dalla musica e mi distraggo a osservare le venditrici che sistemano accuratamente la merce sui loro banchi.
E perdo di vista Paolo.
Succede spesso che ci perdiamo, soprattutto quando c'è tanta gente. Generalmente però lo ritrovo in qualche panaderia a cercare un caffè.
Mi metto alla ricerca dei negozi che vendono dolci. Uso la vista ma anche l'olfatto, alla ricerca di quel tipico odore di pane appena sfornato.
Niente. Non ci sono prelibatezze all'orizzonte e nemmeno Paolo sembra essere in zona.
Continuo a girovagare tra le bancarelle con lo sguardo attento nella speranza di scrutare quel suo cappellino grigio.
E quando ormai mi sono quasi rassegnata al fatto che lo ritroverò più tardi in hotel, eccolo comparire vicino al banchetto di un anziano signore. Insieme stanno facendo un piccolo concerto. Paolo con una specie di ukulele intagliato, il venditore con un flauto. Nessuno dei due sa cosa stia suonando l'altro ma poco importa. Si accompagnano a vicenda creando una piacevole melodia che fa fermare le persone in quella zona del mercato.

Tutto questo racconto poetico sulla nostra esperienza al meraviglioso mercato di Otavalo, solo per dire che alla fine un pezzo di quella città è venuto con noi.
E non importa se sarà scomoda da trasportare sugli autobus affollati, avevamo bisogno di lei.
Qualcuno per mantenere viva la sua passione per la musica, qualcuno per ricordarsi che a volte rompere l'equilibrio rende tutto ancora più speciale.
Con largo anticipo, precedendo il barbuto Babbo vestito di rosso, abbiamo fatto uno di quegli acquisti scomodi, non utili e assolutamente d'istinto.
Quando viaggiamo con lo zaino ogni etto ha un peso specifico importante. Una maglietta in più finisce sulle spalle. Dei pantaloni che non utilizzerai mai? Sulle spalle. Una felpa portata pensando che a 3000 metri tra le Ande farà freddo ma in realtà giri in maglietta? Sulle spalle.
Ogni scelta, quando viaggiamo con lo zaino, pesa.
E in genere applichiamo una regola: per ogni nuovo capo di abbigliamento che entra nello zaino, ne deve uscire uno. Come se dentro quella cerniera che si chiude sempre un po' forzatamente, si dovesse mantenere l'equilibrio perfetto.
In pratica, senza accorgercene, applichiamo la prima legge di Newton: "un corpo è in equilibrio meccanico se la risultante delle forze è zero."
Che tradotto vuol dire che finché lo zaino non esplode e reggiamo il peso sulle spalle, siamo in equilibrio perfetto.
Stavolta però, abbiamo stravolto tutte le leggi della fisica e abbiamo fatto un acquisto di getto.
Cosa poteva esserci di più pratico e comodo per viaggiare di una chitarra?
Probabilmente molte cose ma nessuna ci avrebbe dato la stessa gioia e la stessa colonna sonora di una mini chitarra.
A nostra discolpa dobbiamo dire che questo acquisto non l'abbiamo fatto in un luogo qualunque ma nella "città mercato" del Sudamerica.
Otavalo, nel nord dell'Ecuador, è famosa per ospitare ogni sabato il mercato indigeno più grande di tutta questa parte di mondo.
Esagerazione? Dopo averlo visto, non credo proprio.
In pratica, per un giorno alla settimana, una tranquilla città si trasforma in un labirinto di banchetti invaso da un fiume di gente che proviene dai villaggi più remoti tra i monti.
Compaiono tessuti dai colori sgargianti, stoffe pesanti per realizzare gonne tradizionali, cappelli, amache e poncho.
Ma a incuriosirmi e anche un po' inquietarmi, sono delle maschere che sembrano fatte all'uncinetto.
Sono realizzate con colori accesi e attirano l'attenzione: rosso intenso, giallo oro, verde smeraldo, blu brillante.
Sembrano dei vivaci e allegri passamontagna, con i fori per gli occhi.
Non sono usati dai ladri ecuadoriani per svaligiare le banche (o almeno non credo!) nonostante siano pensate per coprire tutto il volto.
La loro funzione è oggi ornamentale e sono dei portafortuna da appendere in casa.
Ma per l'origine e il significato dobbiamo aprire una parentesi su una tradizione ancestrale sopravvissuta alla colonizzazione.
Sto parlando dell'Inti Raymi, cioè la festa del Sole.
Celebrata dagli Inca in epoca precolombiana si svolge intorno al solstizio d’inverno, che nell'emisfero sud è il 24 giugno.
È un rito di ringraziamento al dio Sole per i raccolti e la fertilità della terra.
Durante la festa si fanno danze tradizionali indossando costumi colorati e maschere proprio come quelle in vendita al mercato di Otavalo.
Questi copricapi rappresentano gli spiriti della natura, gli animali e gli antenati.
Si uniscono in un'unica celebrazione rituali legati all'agricoltura, credenze religiose antecedenti il cristianesimo e si rinforza lo spirito comunitario.

Le maschere sono uno dei tanti simboli della cultura di questa zona, l'altro sono gli strumenti musicali.
La musica tradizionale andina risuona anche al mercato di Otavalo e fa da sottofondo a trattative decise ma delicate, come gli sguardi delle persone che vivono in queste zone.
Flauti di pan, zamponas, charangos e percussioni leggere, creano melodie dolci e ipnotiche.
È una musica legata alla vita quotidiana ma anche alle danze rituali delle feste.
I suoni sono ripetitivi ma armoniosi e se chiudo gli occhi riesco a immaginare la montagna, sento il fruscio del vento e percepisco il calore del sole.
Quelle note trasmettono il legame profondo con la natura e con le tradizioni ancestrali.
Mi lascio trasportare dalla musica e mi distraggo a osservare le venditrici che sistemano accuratamente la merce sui loro banchi.
E perdo di vista Paolo.
Succede spesso che ci perdiamo, soprattutto quando c'è tanta gente. Generalmente però lo ritrovo in qualche panaderia a cercare un caffè.
Mi metto alla ricerca dei negozi che vendono dolci. Uso la vista ma anche l'olfatto, alla ricerca di quel tipico odore di pane appena sfornato.
Niente. Non ci sono prelibatezze all'orizzonte e nemmeno Paolo sembra essere in zona.
Continuo a girovagare tra le bancarelle con lo sguardo attento nella speranza di scrutare quel suo cappellino grigio.
E quando ormai mi sono quasi rassegnata al fatto che lo ritroverò più tardi in hotel, eccolo comparire vicino al banchetto di un anziano signore. Insieme stanno facendo un piccolo concerto. Paolo con una specie di ukulele intagliato, il venditore con un flauto. Nessuno dei due sa cosa stia suonando l'altro ma poco importa. Si accompagnano a vicenda creando una piacevole melodia che fa fermare le persone in quella zona del mercato.

Tutto questo racconto poetico sulla nostra esperienza al meraviglioso mercato di Otavalo, solo per dire che alla fine un pezzo di quella città è venuto con noi.
E non importa se sarà scomoda da trasportare sugli autobus affollati, avevamo bisogno di lei.
Qualcuno per mantenere viva la sua passione per la musica, qualcuno per ricordarsi che a volte rompere l'equilibrio rende tutto ancora più speciale.
Angela (e Paolo)














