Centrale al Caleotto: il Comune non fa marcia indietro, la Provincia chiede a un legale
È stata bocciata dalla maggioranza del consiglio comunale la proposta avanzata da Lorella Cesana e Corrado Valsecchi, e discussa nelle scorse settimane, di annullare l’efficacia esecutiva della deliberazione consiliare del 29 settembre 2025 relativa alla variante urbanistica in deroga al Pgt per la realizzazione della centrale co-generativa di teleriscaldamento presso il polo Caleotto.

“Con la delibera in oggetto, se la Provincia dovesse rilasciare l’Autorizzazione unica ambientale al progetto di realizzazione della centrale del Caleotto, il Comune di Lecco autorizzerebbe l’impianto in deroga al Pgt sia per quanto riguarda l’altezza dei camini (che sarebbero di 25 metri laddove il Pgt prevede un’altezza massima do 20), sia per il fatto che attualmente l’area in questione è riconosciuta come area industriale per la presenza del Caleotto, appunto, ma vi è un vincolo per cui non vi è la possibilità di costruire nuovi impianti che possano essere classificati come insalubri di classe 1, esattamente quello che sarebbe la nuova centrale - ha spiegato Cesana - Nella Conferenza dei servizi sono stati commessi errori macroscopici, c’è stata una sospensiva ma gli approfondimenti non sembrano sufficienti perché la nuova relazione presentata dal proponente - Acinque Energy GreenWay S.r.l. (società partecipata da Silea SpA e da Acinque per la progettazione, lo sviluppo e la gestione del teleriscaldamento) - non è congruente con quella precedente”.
In realtà Regione ha ritenuto le integrazioni fornite sufficienti e ha ribadito la non assoggettabilità alla Valutazione di impatto ambientale. Chi ha fatto una piccola marcia indietro è stata la Provincia di Lecco che ha affidato ad uno studio legale esterno romano l’assistenza in relazione alla pratica e disporrà una consulenza tecnica per approfondire le valutazioni necessarie.
Con grande sicurezza Mattia Bernasconi di Fattore Lecco ha sostenuto che “il nuovo impianto andrà a migliorare la situazione esistente perché si andranno a ridurre in maniera netta le emissioni. La qualità dell’aria non peggiorerà e non ci saranno spaventose costruzioni. Un impianto di tali caratteristiche, ovvero funzionante per un tempo pari a cinque giorni l’anno e che per gli altri 360 si vincola al recupero dei cascami termici, è la migliore garanzia di una continuità produttiva e occupazionale del Caleotto”.
Stefano Villa di Ambientalmente ha citato il parere rilasciato da Arpa il 19 dicembre secondo cui “la nuova documentazione presenta un quadro emissivo aggiornato che risulta migliorativo, pertanto si ritiene che quanto precedentemente commentato sullo studio modellistico in termini di ricadute possa essere ulteriormente cautelativo alla luce dei nuovi dati”.
Tra il serio e il faceto il leghista Stefano Parolari ha ricordato che si potrebbe anche “avere qualche dubbio nei confronti di chi fa le valutazioni su queste pratiche” visti i precedenti e ha poi sottolineato alcune questioni tecniche: "Il problema non è la quantità di inquinanti ma che questi vengano scaricati tutti in un solo punto e non in maniera diffusa. Questa scelta tecnologica non è a favore dell’ambiente perché non si può decarbonizzare facendo come prima mossa una centrale che produrrebbe energia elettrica di 3,83 megawatt che lavora 12 mesi l’anno per recuperare al massimo 2,4 megawattora di cascami. Quello che dobbiamo fare è acquisire una simulazione delle ricadute non dal proponente ma da Arpa”.
Nel dibattito è intervenuto anche il sindaco Mauro Gattinoni per fare alcune precisazioni: “Il progetto non sarebbe sostenibile se si volesse solo sostituire delle caldaie con un ‘caldaione’, ma la centrale funzionerà a metano solo per i picchi e per le emergenze mentre di norma recupererà il calore dell’acciaieria, questo è il vantaggio. Il materiale combustibile non supererà il 40% della capacità di riscaldamento perché il 60% sarà recuperato dalla acciaieria o dal teleriscaldamento di Valmadrera”. Entrando nel merito della proposta, il sindaco ha ribadito che “al momento la competenza spetta alla Provincia perché gli altri parerei tecnici hanno affermato che non ci sono condizioni ostative. Io credo che dobbiamo prendere atto delle decisioni di Regione Lombardia e attendere che cosa deciderà la Provincia: se sarà un sì i camini saranno di 25 metri in deroga al Pgt, altrimenti sarà un problema di chi ha presentato questo progetto”.

“Con la delibera in oggetto, se la Provincia dovesse rilasciare l’Autorizzazione unica ambientale al progetto di realizzazione della centrale del Caleotto, il Comune di Lecco autorizzerebbe l’impianto in deroga al Pgt sia per quanto riguarda l’altezza dei camini (che sarebbero di 25 metri laddove il Pgt prevede un’altezza massima do 20), sia per il fatto che attualmente l’area in questione è riconosciuta come area industriale per la presenza del Caleotto, appunto, ma vi è un vincolo per cui non vi è la possibilità di costruire nuovi impianti che possano essere classificati come insalubri di classe 1, esattamente quello che sarebbe la nuova centrale - ha spiegato Cesana - Nella Conferenza dei servizi sono stati commessi errori macroscopici, c’è stata una sospensiva ma gli approfondimenti non sembrano sufficienti perché la nuova relazione presentata dal proponente - Acinque Energy GreenWay S.r.l. (società partecipata da Silea SpA e da Acinque per la progettazione, lo sviluppo e la gestione del teleriscaldamento) - non è congruente con quella precedente”.
In realtà Regione ha ritenuto le integrazioni fornite sufficienti e ha ribadito la non assoggettabilità alla Valutazione di impatto ambientale. Chi ha fatto una piccola marcia indietro è stata la Provincia di Lecco che ha affidato ad uno studio legale esterno romano l’assistenza in relazione alla pratica e disporrà una consulenza tecnica per approfondire le valutazioni necessarie.
Con grande sicurezza Mattia Bernasconi di Fattore Lecco ha sostenuto che “il nuovo impianto andrà a migliorare la situazione esistente perché si andranno a ridurre in maniera netta le emissioni. La qualità dell’aria non peggiorerà e non ci saranno spaventose costruzioni. Un impianto di tali caratteristiche, ovvero funzionante per un tempo pari a cinque giorni l’anno e che per gli altri 360 si vincola al recupero dei cascami termici, è la migliore garanzia di una continuità produttiva e occupazionale del Caleotto”.
Stefano Villa di Ambientalmente ha citato il parere rilasciato da Arpa il 19 dicembre secondo cui “la nuova documentazione presenta un quadro emissivo aggiornato che risulta migliorativo, pertanto si ritiene che quanto precedentemente commentato sullo studio modellistico in termini di ricadute possa essere ulteriormente cautelativo alla luce dei nuovi dati”.
Tra il serio e il faceto il leghista Stefano Parolari ha ricordato che si potrebbe anche “avere qualche dubbio nei confronti di chi fa le valutazioni su queste pratiche” visti i precedenti e ha poi sottolineato alcune questioni tecniche: "Il problema non è la quantità di inquinanti ma che questi vengano scaricati tutti in un solo punto e non in maniera diffusa. Questa scelta tecnologica non è a favore dell’ambiente perché non si può decarbonizzare facendo come prima mossa una centrale che produrrebbe energia elettrica di 3,83 megawatt che lavora 12 mesi l’anno per recuperare al massimo 2,4 megawattora di cascami. Quello che dobbiamo fare è acquisire una simulazione delle ricadute non dal proponente ma da Arpa”.
Nel dibattito è intervenuto anche il sindaco Mauro Gattinoni per fare alcune precisazioni: “Il progetto non sarebbe sostenibile se si volesse solo sostituire delle caldaie con un ‘caldaione’, ma la centrale funzionerà a metano solo per i picchi e per le emergenze mentre di norma recupererà il calore dell’acciaieria, questo è il vantaggio. Il materiale combustibile non supererà il 40% della capacità di riscaldamento perché il 60% sarà recuperato dalla acciaieria o dal teleriscaldamento di Valmadrera”. Entrando nel merito della proposta, il sindaco ha ribadito che “al momento la competenza spetta alla Provincia perché gli altri parerei tecnici hanno affermato che non ci sono condizioni ostative. Io credo che dobbiamo prendere atto delle decisioni di Regione Lombardia e attendere che cosa deciderà la Provincia: se sarà un sì i camini saranno di 25 metri in deroga al Pgt, altrimenti sarà un problema di chi ha presentato questo progetto”.














