Metastasi, le motivazioni delle prime tre condanne: manca la 'mafiosità' del 'comitato d'affari che cercava di influenzare la vita pubblica lecchese'. E il gup 'sbeffeggia' i voti di Palermo

Mario Trovato e Ernesto Palermo
Ci mette anche un bel punto esclamativo, quasi a dare enfasi alle sue parole, seppur messe per iscritto e non declamate pubblicamente in un'Aula di Tribunale. Il giudice Roberto Arnaldi, reso celebre per le 110 condanne irrogate nell'ambito del processo con rito abbreviato ingenerato dalla celeberrima operazione Infinito che "attestò" la presenza dell'ndrangheta al Nord, motivando la sentenza pronunciata lo scorso 17 aprile nei confronti dell'ex consigliere comunale di Lecco Ernesto Palermo e dei coimputati Claudio Bongarzone ed Alessandro Nania, arriva addirittura ad utilizzare un tono canzonatorio per ribadire, riga dopo riga, nella prima parte del corposo documento composto da 228 pagine (buona parte delle quali arrecanti stralci già noti tratte dall'ordinanza di custodia cautelare e quindi dalla relazione di fine indagini redatta dal Gico della Guardia di Finanza), come a suo avviso quella sgominata dagli inquirenti non sia un'associazione per delinquere di stampo mafioso quanto piuttosto un "comitato d'affari che cercava di influenzare la vita pubblica lecchese".
"Del tutto neutre", a suo dire, si sarebbero rilevate le intercettazioni telefoniche e ambientali operate nei mesi d'indagine - poi balzata agli onori della cronaca come Metastasi - al fine della formazione della prova dell'effettiva sussistenza dell'ipotizzata Locale: "tali captazioni, che si prestano a differenti chiavi di lettura, non possono dirsi soddisfacenti per quanto riguarda la certa riconducibilità del sodalizio in oggetto al fenomeno della 'ndrangheta" annota. Per poi aggiungere: "Né paiono significati a tali fini l'elezione di Palermo Ernesto nel consiglio comunale di Lecco, avvenuta peraltro per poche decine di voti, né le scaramucce tra gruppi criminali rivali, nel momento in cui le stesse non possono essere qualificate come attività di supremazia ed intimidazione, allorquando i "calabresi" si trovano costretti a chiedere l'ausilio di un gruppo di albanesi!".
L'accenno alla manciata di preferenze personali prese dal professore con il pallino per la politica e a quelle che non esita a etichettare come "scaramucce" con tanto di riferimento al presunto intervento di una compagine di balcanici chiesto - sembrerebbe di capire leggendo i brogliacci delle intercettazioni - dallo stesso galbiatese per risolvere una questione relativa ad un cugino lascia ben trasparire la volontà del dottor Arnaldi di ribadire come la mafia - quella vera - agisca differentemente e soprattutto sia dotata una forza intimidatoria differente. Ecco dunque che un'attenta disamina degli episodi che gli vengono sottoposti - la sventagliata di proiettili all'Old Wild West a fine estorsivo, lo "strozzinaggio" dei coniugi barzanesi Concetta Scarfò e Fabio Conti, la vicenda Parè o quella dell'induzione alla corruzione per il terreno dei nipoti di Antonello Redaelli - "non consente di cristallizzare la inequivocabile sussistenza di quella trasparente "fama criminale consolidatasi nel tempo" da parte della ipotizzata associazione, richiesta per l'integrazione della condizione del metodo mafioso, né si palesa lo sfruttamento dell'aura di intimidazione già conseguita dal sodalizio" argomenta il gup che, nel proprio ragionamento alla base della scelta di condannare Palermo, Nania e Bongarzone per associazione per delinquere "semplice" anziché per la fattispecie di stampo mafioso, non dimentica nemmeno di citare i rapporti tra il terzetto e la figura chiave dell'indagine, quel Mario Trovato tacciato di aver sostituito il fratello ergastolano Franco Coco Trovato alla testa della presunta nuova Locale lecchese. "Non pare sufficiente a caratterizzare l'associazione in parola sub art. 416 bis c.p. sulla sola considerazione dell'appartenenza di Mario Trovato al noto contesto familiare, difettando, peraltro, la ricorrenza di significativi momenti sintomatici che l'esperienza giudiziaria ha insegnato a riconoscere come tipici della criminalità organizzata".
Il Tribunale di Milano
Mancano l'affiliazione rituale e l'investitura alla qualifica di "uomo d'onore". Non vi è nemmeno traccia degli "indici rilevatori del fenomeno mafioso" e dunque la segretezza del vincolo, il rispetto assoluto della gerarchia, l'accollo delle spese di giustizia da parte della cosca, il diffuso clima di omertà, l'assoggettamento alla consorteria, la distribuzione e la ricezione di doti (elemento questo che ha "inchiodato" invece i calolziesi coinvolti in Insubria), la "presentazione rituale" quale momento significante ed essenziale dei rapporti tra partecipi, l'organizzazione e la partecipazione a summit, i collegamenti con le altri locali che formano la Lombardia...
"Qualcosa" dunque - conclude il dottor Arnaldi prima di passare in esame gli altri reati contestati al terzetto finito alla sua attenzione in quanto giudicato con rito abbreviato contrariamente agli altri 5 presunti soldali (Mario Trovato, Saverio Lilliu, Antonello Redaelli, Antonino Romeo e Massimo Nasatti) oltre ai co-imputati Marco Rusconi e Claudio Crotta non gravati del 416 bis ancora a processo a Lecco per via ordinaria - hanno combinato ma i tali fatti, anche se presi complessivamente, "non costituiscono prove del ricorso al metodo mafioso" da parte dunque di quella che viene considerata come un'associazione a delinquere semplice. Da qui motivate le sostanziali riduzioni di pena rispetto alla richiesta iniziale del sostituto procuratore Claudio Gittardi con le condanne ormai già note.
4 anni e 6 mesi con una multa da 22.000 euro la pena "cumulativa" di Nania giudicato colpevole anche di spaccio nonché della tentata estorsione in concorso ai danni dei coniugi Concetta Scarfò e Fabio Conti (assolto invece per la presunta estorsione compiuta nei confronti dei due barzanesi).
3 anni e 4 mesi quelli "inflitti" a Bongarzone condannato - in concorso con Palermo - per il presunto episodio corruttivo attuato per arrivare ad eliminare il passaggio di una strada, in fase di estensione del Pgt, da un terreno di proprietà del suo socio Claudio Crotta.
6 anni e 8 mesi accompagnati da un'ammenda da 3.000 euro, infine, la pena irrogata per l'ex consigliere Pd, indicato quale il "colletto bianco" dell'associazione e elemento di contatto tra la stessa e il mondo della politica locale. Lunga la fila di "reati fine" a cui era chiamato a rispondere, dalla già citata corruzione per la strada, a quella - in concorso con Trovato, Lilliu e Redaelli - per l'aggiudicazione del Pratone di Valmadrera alla "Lido di Parè srl", pratica che lo avrebbe portato anche a turbare la libertà degli incanti e la libertà del procedimento di scelta. Non mancava poi, a suo carico, anche una tentata estorsione ai danni di Leonardo Cadeddu dell'Old Wild West nonché l'istigazione alla corruzione dei due nipoti di Redaelli per l'ottenimento del permesso di costruire su un loro terreno sempre tramite una modifica "ad arte" del Piano del Governo del territorio e l'istigazione a delinquere per quanto preventivato "macchinando" con Mario Trovato e altri soggetti con tanto di porto abusivo d'armi.
Scontato il ricorso dei tre giudicati - tutti ai domiciliari - mentre ancora da "pesare" chiaramente la portata della sentenza del giudice Arnaldi sulla sorte di coloro i quali sono ancora in attesa della conclusione del processo a loro carico. Li rivedremo in Aula, dopo la pausa agostana, già il 9 settembre.
A.M.
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