Galbiate: gli 'uomini invisibili' in mostra al Meab, pescatori che come ieri calan le reti

Sciolti gli ormeggi, una barca guidata da un pescatore solitario si allontana nel buio della notte, invisibile agli occhi dei più. Inizia così, con quest'immagine eloquente, il documentario "Uomini invisibili", che fa da voce narrante e da guida alla mostra omonima dedicata alla vita dei pescatori di ieri e di oggi, allestita nelle sale del Museo Etnografico dell'Alta Brianza di Camporeso fino al primo novembre 2015.

L'originale definizione deriva ai pescatori del Lago di Como dallo sfasamento dei loro tempi di lavoro, e di conseguenza di vita, rispetto a quelli della maggioranza delle persone: "i pescatori di mestiere praticano un mestiere antico, rispetto al quale l'agricoltura rappresenta una novità recentissima nella storia. Da sempre, chi usa le reti nei laghi e nei fiumi costituisce una parte di umanità quasi invisibile, con una vita alla rovescia, che ha nelle ore serali e notturne i momenti cruciali. Una vita di sacrifici, con poche ore di sonno, che continua ancora oggi nonostante le facilitazioni venute dai motori applicati alle barche e dai materiali delle reti"  ha spiegato Massimo Pirovano, curatore della mostra e del film.


L'esposizione, inaugurata lo scorso maggio in concomitanza con Expo, è frutto di un lavoro iniziato oltre vent'anni fa: risalgono infatti agli anni '90 le prime ricerche di matrice antropologica che hanno documentato la pesca lariana innanzitutto attraverso le figure dei pescatori e dei loro famigliari per approfondirne lavoro, vita, tradizioni. Le testimonianze raccolte negli anni si sono concretizzate in ben due documentari: il primo, intitolato "Il lavoro dei pescatori. Adda, Brianza e lago di Como" e realizzato nel 1998 da Massimo Pirovano e Giosué Bolis rispettivamente nel ruolo di antropologo e cineoperatore, ha ricevuto il Premio Internazionale "Pitrè - Salomone Marino - Città di Palermo"; il secondo, pubblicato nel 2011 dagli stessi autori e intitolato "Il racconto del pescatore", è incentrato sulla testimonianza di Aldo Mandelli, allora ultimo professionista in attività sul lago e sul fiume antistanti il paese di Brivio. A questi due lungometraggi va ad aggiungersi oggi il documentario "Uomini invisibili", di cui è stato realizzato un trailer:

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Sfruttando anche la narrazione multimediale dei video, la mostra permette di immergersi nel mondo invisibile dei pescatori, nei ritmi atipici e incessanti di uomini e donne che portano avanti una tradizione millenaria adeguandola alla società odierna. Particolarità dell'esposizione infatti è il taglio attuale, per cui si può parlare di una ricerca etnografica del contemporaneo: la pesca sul Lario è raccontata in una prospettiva diacronica che permette di cogliere molti aspetti della professione nel suo complesso, tra problemi attuali e possibili soluzioni.

Tra reti, esche e galleggianti i pannelli informativi che corredano l'esposizione lasciano intravedere l'evoluzione di una professione che ha dovuto affrontare diverse sfide, a partire ad esempio dalle limitazioni imposte dai diritti di pesca.

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La pesca nelle acque interne infatti è stata una risorsa economica importantissima, ma dal Medioevo alla metà del Novecento la possibilità di pescare è stata raramente libera per tutti. Già nel periodo romano all'ipotetico uso pubblico delle acque venivano applicate diverse deroghe; più tardi, in età caolingia e longobarda, risultano diverse regalie e benefici sui diritti della pesca intestati a istituzioni religiose, mentre risalgono al Seicento i numerosi casi di controversie con il fisco spagnolo documentati a Brivio e Pescarenico. Quest'ultimo piccolo borgo lecchese in particolare conobbe una crescita vertiginosa dell'attività commerciale legata alla pesca, estendendo il proprio mercato anche fino all'Adriatico e divenendo negli anni del boom economico il primo grande centro lombardo di prodotti fluviali, lacuali e marittimi.

Accanto all'elemento di continuità rappresentato dalle limitazioni poste dai diritti di pesca, molti sono stati anche i cambiamenti che hanno interessato il mondo dei pescatori, dalle tecniche di pesca, alla conservazione, al numero di persone coinvolte.

Se infatti fino all'introduzione del motore negli anni '60 sulla barca si lavorava in coppia, oggi invece la pesca è un'attività solitaria, che vede un solo pescatore calare le reti specifiche e selettive nei luoghi e alle profondità più idonee a seconda del pesce, della stagione e del clima. Le reti stesse, un tempo tessute a mano dai pescatori in fibre naturali come la canapa o la seta, sono state soppiantate oggi da quelle in nylon già confezionate; i professionisti però armano ancora le pezze di rete acquistate cucendo le corde galleggianti in testa alla rete e le corde piombate sulla parte bassa.


I pescatori del lago di Como, che nel 1902 erano quasi 200, oggi sono 80: il passaggio "dalla fame alla dieta", i mutamenti di mentalità e di gusti e i cambiamenti nelle tecniche di pesca hanno prodotto nuove forme di organizzazione del lavoro e di trasformazione del prodotto, come avviene ad esempio per i professionisti che praticano anche il commercio di prodotti gastronomici a base di pesce o il pescaturismo, che offre ai clienti la possibilità di salire sulla barca per assistere in prima persona alla calata e alla levata delle reti.

Ciò che non è cambiato è il ritmo di lavoro degli "uomini invisibili", che ancora oggi come ieri calano le reti all'imbrunire e le recuperano di notte, spesso prima dell'alba. Ma il riposo, specialmente nella bella stagione, è breve e al lavoro notturno corrisponde un impegno diurno altrettanto pesante, con la sistemazione dell'attrezzatura e lo smercio del pesce appena sbarcato, in una serie di operazioni che lascia solo qualche momento di sonno nell'arco delle 24 ore.

Oltre alla loro presenza, anche le varietà delle proposte alimentari dei pescatori lariani paiono generalmente misconosciute: oggi quasi tutti i consumatori chiedono il filetto di pesce, in particolare del persico o dell'agone, perché hanno scarsa conoscenza di altri generi di pesce d'acqua dolce.

Per colmare questa lacuna gastronomica e culturale riguardo una realtà così vicina eppure così poco conosciuta del nostro territorio non resta che cogliere l'occasione e visitare la mostra "Uomini invisibili" al MEAB, magari approfittando delle ultime giornate estive per godere della bellezza del Parco del Monte Barro e anche del Museo Archeologico dell'Eremo, a cui il nuovo biglietto unico dà accesso. Informazioni e orari d'apertura sono disponibili sul sito meab.parcobarro.it.

Elena Toni
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