Lecco: col filosofo Zygmunt Bauman riflessione sulla società attuale, “panico da migrazione” e assenza di prospettive certe

Grande attesa nel pomeriggio di oggi, domenica 20 marzo, per Zygmunt Bauman, ospite d'onore della rassegna letteraria "Leggermente" organizzata da Confcommercio Lecco con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Regione Lombardia in collaborazione con la Camera di Commercio, il Comune e la Provincia.
Il famoso sociologo e filosofo polacco di origini ebraiche, teorico della definizione di "modernità liquida" è intervenuto al Teatro della Società di Lecco per presentare insieme al coautore Carlo Bordoni il libro "Stato di crisi", pubblicato in inglese nel 2013 ed edito da Einaudi nel 2015.

Zygmunt Bauman e Carlo Bordoni

Più che di questo ultimo volume, l'illustre pensatore però ha preferito parlare dell'opera su cui sta lavorando al momento, incentrata sul tema della migrazione. A introdurre l'argomento è stato proprio il professor Bordoni, sociologo, giornalista e saggista nonché collaboratore del Corriere della Sera, che partendo dalle riflessioni note di Bauman sulla modernità ha tracciato l'evoluzione del concetto di "paura" fino al Novecento per contestualizzare il timore verso il fenomeno migratorio. "E' il sentimento più antico del mondo e ha accompagnato l'uomo fin dalle origini, ma nel tempo si è trasformato. Nella Grecia classica per riferirsi alla paura venivano utilizzati due termini distinti, Phobos e Deimos: uno indicava il sentimento cieco e irrazionale nei confronti dell'ignoto, l'altro il sentire consapevole di ciò che conosciamo, quindi controllabile con la razionalità". Con l'avvento della modernità - ha proseguito il professor Bordoni - l'accezione di Phobos è stata rimossa, perché dominare il mondo significa dominare la paura, nascondendo i timori irrazionali in nome del controllo della ragione. Tre eventi determinanti hanno caratterizzato la nascita della modernità: la rivoluzione industriale, che ha portato l'etica del lavoro e il dominio del progresso sulla natura; la nascita dello Stato, che ha permesso di creare una condizione di sicurezza all'interno dei confini; l'Illuminismo, che ha sancito un sistema di conoscenze basato non sui dogmi religiosi ma sulla razionalità. Tuttavia intorno alla metà del Novecento il crollo di questi tre pilastri della modernità ha rimescolato nuovamente le carte in tavola, mettendo in discussione gli effetti positivi del progresso, la funzionalità dello Stato sovrano e la sclerosi della razionalità, degenerata nel controllo assoluto della persona negli Stati totalitari.

"Dalle promesse mancate della modernità è derivata la caduta delle illusioni: nessuno oggi crede più in un futuro roseo portato da un progresso infinito, ma anzi si parla più che mai di decrescita e a-crescita; abbiamo realizzato che le energie e i beni della Terra possono esaurirsi e che dominare la natura grazie alle conoscenze è impossibile, perché eventi catastrofici continuano ad accadere; gli ideali di uguaglianza e democrazia portati dall'Illuminismo si scontrano con la disuguaglianza presente ad ogni livello della società. Negli Stati Uniti il 90% della ricchezza è detenuta dall'1% della popolazione, le cose sono cambiate, i confini si sono aperti e ci troviamo di fronte alle incertezze dovute all'assenza di uno Stato sovrano".
Ed ecco riaffiorare la paura irrazionale di ciò che è sconosciuto e senza nome: "le grandi migrazioni di ogni genere e direzione sono sempre esistite e hanno rappresentato momenti di crescita. Il filo rosso della paura riemerge qui legato ad altri fenomeni sociali, come la recrudescenza del terrorismo che dimostra come la modernità non sia più in grado di gestire l'aspetto irrazionale di questo sentimento".

La contestualizzazione offerta dal professor Bordoni ha permesso a Bauman di concentrarsi unicamente sul "panico da migrazione", l'ultima crisi che il mondo moderno si trova attualmente ad affrontare. "I segnali provenienti da Lampedusa sono stati in gran parte sottovalutati, due anni fa questa crisi non aveva ancora forma, ma esisteva già prima che ne scrivessimo: non ne siamo mai coscienti infatti finché non la viviamo. La situazione di oggi ha diversi aspetti, di cui sicuramente uno preponderante è la migrazione di massa verso l'Europa: gli stranieri bussano alle nostre porte e noi non sappiamo come reagire" ha esordito il sociologo polacco, fotografando in un'istantanea la situazione attuale caratterizzata dall'esacerbarsi delle tensioni e l'insorgere degli estremismi. "Alcuni dicono che gli stranieri sono pericolosi perché sono diversi e non sanno come vivere in mezzo a noi. Questo fomenta ansia e paura, perché gli immigrati non spaventano per quello che hanno fatto in passato ma per quello che potrebbero fare. Altri dicono di "schiacciare" queste persone per impedirgli di entrare a far parte della nostra società e "rubare il lavoro". Ma come è successo in seguito alle lotte per i diritti razziali negli Stati Uniti, dove quelli che un tempo erano ridotti in schiavitù si sono trasferiti nelle città accanto agli ex padroni, anche oggi empatia e cooperazione servirebbero per elevarci tutti insieme su un gradino più alto della scala sociale".

Ma Bauman non si è limitato all'aspetto più evidente della crisi - ovvero quello delle ondate dall'estero - mettendo piuttosto in relazione il "panico da migrazione" con le dinamiche socioeconomiche interne ai Paesi europei, e in particolare con la crisi identitaria della classe media. "Queste persone provenienti dall'esterno sono la spia di un problema che non possiamo ignorare, ma a sentire profondamente la sfida di questi nuovi arrivi è la categoria dei "precari", ovvero gli appartenenti a quella che era una volta la classe media". A sentirsi più minacciati - e a costituire quindi terreno fertile per gli estremismi - sarebbero quindi quelli il cui successo nella società era un tempo assicurato, ma che ora si ritrovano nel buio sotterraneo del nuovo precariato: un tempo legata alla stabilità identitaria della posizione lavorativa, questa categoria sociale si trova oggi nell'impossibilità di fare delle previsioni sul domani, sul lavoro, sulla famiglia, sui figli; qualcuno scappa, qualcuno reagisce, altri rimangono alla finestra a veder scomparire le proprie prospettive nella nebbia.

"La crisi che viviamo è composta da tutti questi ingredienti" ha proseguito Bauman rigettando ogni semplificazione. "Anche la richiesta di "sicurezza" di cui si sente tanto parlare ha una funzione manifesta e una latente. Da un lato denuncia il bisogno espresso e manifesto dei cittadini di vedere più agenti nelle strade e chiudere i confini, dall'altro nascostamente fa riferimento ancora una volta al bisogno di sicurezza esistenziale, occupazionale, assistenziale che i governi non sono più in grado di garantirci. Questa insicurezza strisciante penetra nelle case di tutti, anche dove non era mai arrivata, e genera delle conseguenze".
L'esempio presentato da Bauman è quello del premier ungherese Viktor Orban, che si è lanciato nella costruzione di un muro a protezione dei confini, registrando un aumento del favore tra gli elettori; anche altri Paesi generalmente più tolleranti si stanno allineando a questa tendenza "da tenere sotto controllo. Bisogna ricordate che in Inghilterra l'arrivo di immigrati costretti a lasciare il proprio Paese d'origine ha avuto effetti decisamente positivi sul PIL e che nonostante la politica rigida degli Stati Uniti contro l'immigrazione messicana, molte imprese californiane faticano ad andare avanti senza quella forza lavoro". Riguardo gli attentati di Parigi, il sociologo ha sottolineato la necessità di cogliere complessivamente tutte le dinamiche dell'immigrazione, anche quelle nascoste sotto la superficie: "solo due dei responsabili provenivano dall'estero, mentre gli altri erano nati in Francia ma, reduci da un processo di integrazione fallimentare e dall'assenza di una prospettiva di vita dignitosa, hanno deciso di guadagnare importanza con un gesto tragico, estremo".

In prima fila Giovanni Priore (Acel Lecco), Simona Piazza (assessore alla Cultura),
il sindaco Virginio Brivio, Peppino Ciresa (Confcommercio)

Bauman ha affidato la conclusione del suo intervento alle parole pronunciate da Papa Francesco a Lampedusa nel 2013, in occasione di una delle cosiddette "stragi del mare". "Stiamo finendo col diventare incapaci di prenderci cura di noi stessi. Nel momento in cui l'umanità perde queste fondamenta, succedono tragedie come queste. Abbiamo perso il senso di responsabilità nei confronti dei nostri fratelli e sorelle e dei loro figli, la cultura del comfort ci rende insensibili verso le crisi che riguardano gli altri. Come se vivessimo all'interno di bolle che ci allontanano dal pianeta, stiamo cadendo nella globalizzazione dell'indifferenza".
E.T.
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