Lecco: l'autismo raccontato nelle esperienze dalla mamma di Erik e del papà di Roberto saliti in cattedra con gli specialisti

"Il nostro è un navigare a vista, ansiogeno". L'espressione è del dottor Antonio Salandri, neuropsichiatra infantile dell'Irrcs Medea di Bosisio Parini chiamato quest'oggi - dinnanzi ad una platea ben nutrita e variegata, composta da personale del campo sanitario, socio-sanitario e sociale dell'Ats, dell'Asst e di altri Enti nonché da rappresentanti dell'associazionismo e da familiari - a trattare il tema "Cura e riabilitazione", secondo step di un percorso articolato in più passaggi consequenziali, a partire dalla "Complessità della prima diagnosi" fino ad arrivare alla gestione del "Tempo Libero" passando attraverso "L'Orientamento nella rete" e "L'Inserimento Lavorativo", proposto all'interno dell'evento pensato per ricordare la "Giornata mondiale della consapevolezza sull'Autismo", prima azione pubblica congiunta - tra Monza e Lecco - del Dipartimento Disabilità della nuova Agenzia della Tutela della Salute della Brianza.

"La riforma chiede a questo territorio di essere un corpo unico, interventi come questi perseguono proprio questo obiettivo"
ha spiegato la dottoressa Paola Di Furia, responsabile di tale Servizio per la sede monzese, moderatrice della prima parte della mattinata, ospitata dalla Sala Don Ticozzi di via Ongania a Lecco. "La Giornata mondiale è stata celebrata il 2 aprile: abbiamo scelto apposta di posticipare questa iniziativa ad oggi, per lasciare spazio alla partecipazione ad altre proposte offerte quel giorno, puntando poi su un incontro a forte impatto emotivo, con la parola dei tecnici affiancata a quella dei famigliari". E così è stato: "Oltre il 2 aprile" - questo il titolo dell'appuntamento odierno - ha assunto infatti un "taglio innovativo", un'impostazione diversa dal solito convegno.
"Non eravamo informati, stiamo parlando del nostro primo bambino... Abbiamo lasciato andare". Ha raccontato, con la voce in alcuni passaggi resa tremolante dall'emozione, la mamma di Erik, autistico. "Non parla, ha paure nate dal niente, fa movimenti strani..." ha ricordato citando i campanelli d'allarme che l'hanno spinta - quando il suo "cucciolo" aveva già due anni - a rivolgersi ad uno specialista "non solo per dare un nome alla sua malattia ma per capire come aiutarlo" ha continuato la donna, monopolizzando l'attenzione di tutti i presenti, coinvolti in un silenzio surreale. "Sono infermiera ma non mi bastavano più le nozioni che avevo. Lei cosa sospetta? Mi ha chiesto la prima neuropsichiatra che abbiamo conosciuto, bravissima. Le mie conoscenze sull'autismo si limitavano ai film, io pensavo solo al peggio, alla Z non a tutto lo spettro, che ho poi scoperto, dalla A alla Z. Fatta la diagnosi, il dopo non è stato facile ma non mi sono mai sentita sola grazie agli specialisti e alla mia famiglia" ha asserito, spiegando di avere - fortunatamente - genitori meravigliosi: "mia madre una sera mi ha vista piangere: non puoi pensare di aiutare tuo figlio continuando a piangere, mi ha detto. Cuore di mamma non sbaglia mai... Ora siamo seguiti dalla Nostra Famiglia, a Bosisio Parini".

Paola Di Furia del Servizio Disabilità della Sede di Monza dell'Ats della Brianza

Alla stessa struttura, afferisce anche Roberto, 6 anni, autistico. "Abbraccio idealmente la mamma che mi ha preceduto al microfono, sta passando il periodo peggiore" ha esordito, con piglio assolutamente deciso, il papà di questo secondo "bambino speciale". "Noi ci siamo accorti subito che qualcosa non andava, ai nove mesi già facevamo pressioni sulla pediatra. A 2 anni, 9 mesi e 26 giorni - mia moglie ed io - abbiamo portato nostro figlio dalla neuropsichiatra infantile per la prima volta. Roberto ha avviato un percorso riabilitativo di psicomotricità, senza risultati. Poi per caso, noi siamo di un altro territorio, veniamo a sapere dell'esistenza dell'IRRCS Medea di Bosisio Parini: il bambino aveva 4 anni, 3 mesi e 10 giorni. Insisto su questi dettagli, degli anni, dei mesi e dei giorni perché un genitore si sente colpevole per ogni giorno di ritardo che passa senza aiutare il proprio figlio. Alla Nostra Famiglia abbiamo trovato un gruppo di mamme e papà come noi, abbiamo capito che la forza dello stare insieme può essere essenziale". Tra i promotori della neo-nata associazione "Un cuore per l'Autismo", composta da genitori di piccoli affetti da tale patologia, il padre di Roberto ha rimarcato pubblicamente l'importanza di fare rete, non negando l'esistenza di periodi bui ("il momento della diagnosi è aggregante nel momento in cui tutto sembra andare bene ma disaggregante nel momento in cui ci sono delle difficoltà, delle crepe, anche nel rapporto con i parenti") ma lasciando al contempo il palco con un messaggio di speranza: "Roberto è un bambino splendido e noi da qualche giorno abbiamo scoperto di essere in attesa del nostro terzo figlio, dopo di lui e della sua sorellina più grande che - a nove anni - ci aiuta molto".

Antonio Salandi, neuropsichiatra IRRCS Medea di Bosisio Parini e il collega Davide Villani dell'Asst di Lecco

Significative le due battute della dottoressa Di Furia al termine di ciascuna delle due testimonianze. La mamma di Erik è stata infatti ringraziata per aver centrato un tema cardine, "il non essere soli", il papà di Roberto per la "splendida combattività" dimostrata "dopo la botta data dal dare un nome alla malattia del proprio bambino". Perché l'autismo, nessuno lo ha nascosto, è una patologia dalla quale non si guarisce.
"E' un disordine dello sviluppo biologicamente determinato che si traduce in un funzionamento atipico che accompagna il soggetto per tutto il suo ciclo vitale" ha spiegato il dr. Salandi, intervenendo dopo il collega Davide Villani, della Neuropsichiatria Infantile dell'Ospedale di Lecco e prima di Ruggero Plebani (Direttore Rete Servizi per la Disabilità di Lecco), Francesca Valentino (assistente sociale), Lucio Moderato (Fondazione Istituto Sacra Famiglia) e Paola Molteni (Pedagogista), protagonisti della seconda parte del dibattito, moderato da Enzo Turani della sede lecchese dell'Ats. "Non esiste un momento in cui il bambino autistico è dimesso" ha così precisato, paragonando la cura a "una strada lunga dove la rotta viene tracciata su elementi forti ma gli imprevisti sono all'ordine del giorno. E' importante però che si lavori insieme: il neuropsichiatra è solo una parte, non è il comandante della nave, collabora con le altre agenzie nella costruzione, per ogni bambino, della propria storia individuale". Lo specialista deve fare dunque squadra con gli altri terapisti ma anche con la famiglia e l'istituzione scolastica come hanno poi rimarcato - presentando l'una la propria esperienza con l'alunno Chicco, l'altra quanto imparato lavorando con un suo piccolo studente - le insegnanti di sostegno Arianna Cavallin della secondaria di Seregno e Paola Viteritti di una primaria di Lecco. "La finalità di tutti i percorsi è l'adattamento all'ambiente migliore e possibile per ciascun bambino e la sua famiglia" ha proseguito l'esperto dell'IRCCS Medea, evidenziando come ci si debba porre obbiettivi da verificare di volta in volta e come, seppur meno evidenti delle difficoltà e delle manchevolezze, è sui punti di forza di ciascun bambino che si deve costruire il progetto. "Più ci sarà armonizzazione tra ambito sanitario - famigliare - scolastico più l'intervento potrà essere efficace perché non generale ma personalizzato" ha affermato ricordando come l'età evolutiva sia il momento in cui si gioca maggiormente una partita.

Le insegnanti di sostegno Arianna Cavallin e Paola Viteritti

La diagnosi deve essere dunque il più possibile precoce, l'intervento intensivo (ovvero capace di cambiare il modo di vivere della famiglia) e "curriculare" (soggetto a verifiche intermedie) agito inizialmente sul bambino, poi, in età scolare, più sull'ambiente senza dimenticare che con la crescita "le cose poi si complicano" e che gli eventuali farmaci prescritti ai pazienti "non servono a curare l'autismo" ma al massimo a gestire collaterali problemi connessi al disputare un match per il quale non è previsto il triplice fischio ma nel quale, alla fatica, si affiancano i gol messi a segno come dimostrato dalla serie di fotografie proiettate dalla due insegnati con i loro "bambini speciali" impegnati nelle più disparate attività dall'arte al nuoto passando per l'equitazione.
Alice Mandelli
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