Lecco: al Manzoni impiantato in un paziente di 83 anni il 'pacemaker più piccolo al mondo'. Raggiunti i 3.000 interventi in Cardiochirurgia

Niente scatoletta, niente fili e soprattutto nessun rischio di infezione. Qualche giorno fa - venerdì 13 maggio per la precisione - all'Ospedale Manzoni è stato impiantato per la per la prima volta a Lecco, la terza o la quarta lungo tutto lo Stivale, il pacemaker più piccolo al mondo al momento disponibile: una microcapsula lunga poco più di 2 centimetri per un peso di circa 2 grammi, contenente al proprio interno un vero e proprio minicomputer - capace addirittura di comunicare in remoto - ed una batteria con una vita media di 12 anni.

Il dr. Antonio Pini, il dr. Amando Gamba e il direttore sanitario aziendale Flavia Pirola

Il nuovo dispositivo

"Il pacemaker più piccolo al mondo viene predisposto direttamente nella cavità cardiaca attraverso la vena femorale e non prevede l'impianto di elettrodi di stimolazione. Una volta posizionato, e ancorato al cuore attraverso piccoli ganci appositamente progettati, il sistema emette impulsi elettrici in grado di regolarizzare il battito cardiaco attraverso un elettrodo posto sul dispositivo" ha spiegato il dottor Antonio Pani, cardiologo del nosocomio cittadino, "autore" di quella che non può nemmeno più essere definita "operazione" con il supporto dei colleghi dell'equipe dell'Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione del Manzoni. Il nuovo device viene infatti introdotto, come illustrato dal professionista, in anestesia locale, con una "semplice punturina": "si procede pungendo la vena femorale e si risale con un dispositivo che libera il piccolo pacemaker orientandolo nel ventricolo, cercando la posizione più adatta e rilasciandolo poi nel sito dell'ancoraggio. Questa procedura non provoca cicatrici, ma solo una piccola incisione all'inguine. Inoltre, grazie alle dimensioni ridotte e all'assenza di elettrocateteri, il dispositivo risulta invisibile sul corpo del paziente". Come anticipato poi l'utilizzo di tale nuovo dispositivo risulta "scevro dal problema delle infezioni", prima causa che - con la metodica classica, consistente nel posizionamento di una scatolina contenente la sorgente elettrica collegata a fili per supplire l'impianto deficitario del cuore - porta alla necessità di rimuove l'apparecchio.

Stefano Savonitto, Amando Gamba, Franco Ruffa, Roberta Brambilla, Camillo Gerosa e Antonio Pini

"Si eliminando anche i cavi di cui è problematica l'estrazione in situazione di emergenza e si elimina la cicatrice, risvolto importante dal punto di vista psicologico" ha proseguito il camice bianco che quale primo paziente a cui impiantare la microcapsula ha scelto un uomo di 83 anni, con una bradiartimia spiccata, patologia per la quale l'utilizzo di tale device risulta ottimale. L'anziano, mobilizzato già in seconda giornata, in terza ha potuto far ritorno a casa, in perfetta forma ed ora "potrà tornare ad avere una normale frequenza cardiaca e non sarà più soggetto ad affanni durante gli sforzi fisici". Dovrà sottoporsi a controlli postoperatori tuttavia "grazie alla sua tecnologia wireless, a breve sarà disponibile un servizio di monitoraggio a domicilio con un dispositivo GSM che tutte le notti, o in un determinato momento della giornata, interrogherà il pacemaker inviando una mail o un sms allo specialista in caso di malfunzionamento" ha aggiunto il dr. Pani, supportato anche dal dr. Stefano Savonitto (primari di Cardiologia) pronto a sottolineare le caratteristiche tecniche di un "aggeggino" che aprirà sicuramente nuovi scenari. "Per intenderci siamo in un momento di passaggio storico - ha evidenziato il dr. Franco Ruffa (Elettrofisiologia) - come quando dal telefono tradizionale di casa collegato al filo siamo passati al cellulare". E possiamo così immaginare - sempre rimanendo all'interno di tale metafora - come il progresso in tale settore stia già spingendo per arrivare anche allo "smartphone" dei pacemaker.

Amando Gamba

"Fino a sei anni fa non avrei mai immaginato che si potesse impiantare un dispositivo direttamente nel cuore" ha dichiarato il primario di Cardiochirurgia Amando Gamba, pronto a evidenziare come nel pomeriggio odierna la sua struttura abbia raggiunto i 3.000 interventi dal primo effettuato il 16 dicembre 2009. "Calcolando che in Lombardia ci sono 22 centri come il nostro e che abbiamo a disposizione 6 posti, possiamo dirci davvero soddisfatti e possiamo affermare di aver gestito le risorse in modo ottimale" ha continuato rimarcando come il lavoro d'equipe possa essere considerato la chiave di volta di un reparto in diretto contatto - anche fisicamente - non solo con la cardiologia con la quale condivide i letti di terapia intensiva ma anche con la riabilitazione e le altre "specialità". 1.662 i by-pass aorto-coronarici eseguiti, 947 le sostituzioni della valvola aortica, 156 quelle della mitrale, 236 le plastiche valvolari aortiche-mitraliche, 197 gli aneurismi aortici - dissezioni operate a cui si aggiungono infine 191 prestazioni etichettate sotto "altro" per arrivare così alla cifra tonda fatta registrare quest'oggi dal "cervellone" della Struttura (che ha indicato anche un tasso di mortalità pari all'1,7%, "soddisfacente ma migliorabile"). Un traguardo importante, coronato anche con l'impianto - nel 2009 inimmaginabile - della microcapsula, salutato con gioia anche dalla direzione strategica con i complimenti del direttore sanitario Flavia Simonetta Pirola cui spetterà ora continuare a sostenere economicamente la "sperimentazione" per allargare la schiera di pazienti trattati con questo innovativo device, chiaramente più performante del pacemaker tradizionale ma per ovvie ragioni anche decisamente più costoso.
A.M.
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