
Furto in abitazione, truffa, ricettazione, sostituzione di persona, insolvenza fraudolenta e appropriazione indebita: sono questi i reati contestati, a cinque anni di distanza dai fatti oggetto del procedimento, alla sedicente figlia di un blasonato magistrato nonché a sua volta responsabile – soltanto a suo dire chiaramente – dell’ufficio legale di una notissima società produttrice di formaggi che, neanche a farlo apposta, associa il proprio nome allo slogan “vuol dire fiducia”. E di fiducia in lei, le sue vittime – come raccontato dalle stesse in aula – ne avevano riposta parecchio. Del resto, come avrebbero dubitare di una distinta signora, presentatasi come avvocato della Capitale in cerca di un punto d’appoggio a Lecco per il tempo necessario per disbrigare pratiche di un certo rilievo tra Como e Milano? La vicenda – per come raccontata – infatti nasce proprio così. Con tale Emanuela Travaglioni – poi risultata essere all’esito delle indagini l’imputata Emanuela Malaponti – “romana de Roma” sbarcata nel capoluogo lariano – a bordo di una Mercedes presa a noleggio, con relativo conducente al seguito – per affittare una stanza in un bed&breakfast collinare a conduzione famigliare.
“Si presenta questa signora e dice di essere la figlia di un avvocato o un magistrato, non ricordo esattamente. Una persona importante, comunque” ha raccontato l’uomo che, insieme alla propria consorte, ha poi convissuto con l’imputata per circa un mese e mezzo, dal 20 gennaio al 10 marzo 2011, giorno in cui l’ospite – stando al quadro accusatorio – avrebbe fatto velocemente i bagagli infilando nelle proprie borse anche preziosi sottratti dalla cassaforte e pellicce di proprietà dei due lecchesi per un valore stimato intorno ai 45-50.000 euro, ovviamente senza passare dalla cassa per saldare i 12-13 mila euro dovuti per il pernottamento suo, dell’autista e dell’ignara assistente abbandonata a sé stessa prima della precipitosa fuga. Una storia che, già presentata in questi termini, ha dell’incredibile e che lo diventa ancor più se si considera che ciò non è tutto. La sedicente Emanuela Travaglioni – colei che per lunghe giornate avrebbe fatto avanti e indietro da Lecco al Foro meneghino, “rincasando” la sera esibendo ai due albergatori “carte del Tribunale” ma mai, furbescamente, i propri documenti, dimenticati a Roma – prima di lasciare definitivamente la città avrebbe raggirato anche l’anziana madre dei due titolari del bed&breakfast preso di mira. Alla donna, oggi 94enne, residente a breve distanza dalla casa del figlio trasformata in struttura ricettiva, avrebbe infatti chiesto di firmare due assegni in bianco – facendo leva sulla necessità di farsi carico lei stessa di un debito maturato dall’uomo – sottraendo poi furbescamente ulteriori due tagliandi.
“E’ riuscita a maneggiarla” ha affermato al cospetto del giudice Salvatore Catalano la sorella dell’albergatore, in riferimento alla mamma, non comparsa personalmente in Tribunale in quanto allettata, intendendo sottolineare come la poveretta – seppur lucida – sia stata di fatto “fatta fessa” dalla sconosciuta che, non paga, avrebbe poi tentato anche di portare all’incasso tutti i titoli, come confermato da altri testimoni. 900 euro sarebbero così stati spesi nel corso di un soggiorno termale, 13.500 euro per saldare il conto con la società Ncc di cui la donna si sarebbe servita nei suoi spostamenti lombardi (con l’assegno poi risultato con una firma falsa) e ulteriori 60.000 euro erano stati destinati all’acquisto di una proprietà immobiliare con la transazione bloccata solo grazie alla professionalità del personale dell’agenzia che, notata l’età dell’anziana cliente rappresentata in studio da una “sostituta”, ha chiesto delucidazioni alla banca che ha poi di fatto bloccato il tutto.
Nell’elenco dei raggirati, infine, c’è da aggiungere anche la giovane romana – originaria però dell’est – portata a Lecco dall’orchestratrice del misfatto in qualità di segretaria. La ragazza, in Aula, ha spiegato di essere stata messa in contatto con Emanuela dal suo fidanzato del tempo. La donna si sarebbe presentata anche a lei come un avvocato – sull’orlo della depressione a seguito della scomparsa del marito - alla ricerca di una assistente da portare con sé nelle proprie trasferte. Accettato l’incarico – come stagista – non solo non avrebbe percepito alcun compenso ma, durante il trasferimento da Roma a Milano in treno avrebbe subito anche il furto dei propri documenti.
“Sono andata in bagno, al ritorno dalla borsa era sparito il portafoglio, solo quello. Lei era lì ma ha detto di non aver visto nulla perché parlava al cellulare”. Un’ulteriore stranezza in un quadro già decisamente variegato.
Il processo a carico di Emanuela Malaponti, non presente lunedì in Tribunale come pure il suo legale di fiducia, sostituito seduta stante dal giudice con una collega locale, riprenderà il prossimo 27 giugno.
A.M.