Galbiate: la protesta di 5 lavoratori di un cantiere edile approda in Tribunale, tutti assolti

Tutti assolti perchè il fatto non sussiste. E' la sentenza pronunciata nel primo pomeriggio odierno dal giudice monocratico del tribunale di Lecco, Nora Lisa Passoni, nei confronti dei cinque soggetti finiti a processo per esercizio arbitrario delle proprie ragioni (secondo l'articolo 393 comma 1, 2 e 3 del codice penale).
La vicenda che ha trascinato a giudizio gli imputati - Filippo Scalvini, Avni Sallaku, Luan Bytyci, Emanuel Ghilardi e Alessandro Forlani - tutti difesi dall'avvocato Ignazio Paris del foro di Bergamo, risale al 21 marzo 2012 quando all'interno di un cantiere edile in località Vignola a Galbiate affidato all'impresa lecchese Balossi, gli operai della società appaltatrice, la Bpm (con sede in provincia di Varese), avrebbero incrociato le braccia, mettendo in atto una vera e propria protesta. Oggetto del contendere, come intuibile, i pagamenti spettanti ai lavoratori, che la Balossi non avrebbe onorato nei tempi pattuiti.
Sta di fatto che quella mattina nel cantiere galbiatese, la tensione era a dir poco palpabile, tanto che i cinque operai sono finiti a giudizio con l'accusa di aver tagliato cavi elettrici e strappato alcuni contatori, oltre ad essere saliti sul cestello della gru utilizzata per la movimentazione del materiale edile all'interno del sito per la realizzazione di una palazzina residenziale composta da una quarantina di alloggi. Secondo il quadro accusatorio i cinque avrebbero altresì minacciato i titolari con spranghe di ferro, ingiuriandoli.
Stamani l'istruttoria dibattimentale - che si trascina ormai da anni, dal momento che il fascicolo era stato inizialmente affidato al giudice Gian Marco De Vincenzi, prima del suo trasferimento in Toscana - si è conclusa, con l'assoluzione nei confronti dei cinque imputati, sentenziata al termine della camera di consiglio, dalla dottoressa Passoni.
Ad aprire l'udienza è stata la rapida audizione del querelante, che in rappresentanza dell'impresa Balossi ha affermato di non aver alcuna intenzione di rimettere la denuncia presentata all'epoca dei fatti alle forze dell'ordine, possibilità che gli era stata presentata dal giudice Passoni, trattandosi di un reato procedibile a querela.
Già escussi precedentemente tutti i testi in lista, è toccato poi all'unico imputato presente in aula, Filippo Scalvini, prendere la parola, sottoponendosi ad esame. ''Io quella mattina sono arrivato in cantiere intorno alle ore 7.45, quando alcuni colleghi erano già nel cestello della gru'' ha affermato l'uomo, residente a Brescia, che nel sito di Vignola, a Galbiate, svolgeva la funzione di coordinamento degli operai. ''Il problema, come avevo spiegato a Raffaele Balossi, arrivato in cantiere, erano i soldi, perchè da ottobre mancavano almeno 40, 50mila euro che non ci erano stati pagati dall'impresa'' ha affermato l'imputato, precisando a più riprese di essersi trattenuto sul posto non più di una decina di minuti, essendosi poi spostato negli uffici della Balossi, in Via Frà Galdino a Lecco, per ritirare l'assegno, come gli era stato detto di fare da uno dei titolari. ''Al mio ritorno in cantiere gli operai sono stati fatti scendere dalla gru. Tutto il resto che è stato detto non è mai successo o perlomeno io in quei minuti non ho visto nulla'' ha aggiunto Scalvini, negando anche le presunte offese che sarebbero state proferite all'indirizzo dei Balossi, dagli autori della protesta.
Secondo l'imputato inoltre, il cancello del cantiere sarebbe stato aperto forzatamente dai titolari dello stesso, in quanto il responsabile aveva dimenticato le chiavi, mentre i quadri elettrici danneggiati sarebbero stati di proprietà della Bpm e non della Balossi.
Concluso l'esame dell'unico imputato presente, la parola è passata al pubblico ministero per la discussione finale, che si è aperta con la richiesta di assoluzione nei confronti di Filippo Scalvini. Quest'ultimo, a detta del vice procuratore onorario Pietro Bassi, sarebbe giunto sul cantiere quando i fatti erano in pieno svolgimento. Per questa ragione non sarebbe possibile dimostrarne la responsabilità penale; nei confronti degli altri quattro imputati invece, il vpo ha chiesto la condanna alla pena di tre mesi, in relazione soltanto ad alcuni dei fatti a loro ascritti.
Si è battuto invece per l'assoluzione dei suoi assistiti, l'avvocato Paris, che ha sostanzialmente rilevato come a suo giudizio l'istruttoria non abbia evidenziato elementi capaci di provarne la penale responsabilità. Il legale ha anche sollevato un'eccezione sulla querela presentata, rilevandone un difetto nel contenuto che a suo parere determinerebbe una condizione di non procedibilità.
Al termine della camera di consiglio, il giudice Passoni ha assolto i cinque perchè il fatto non sussiste, riservandosi sessanta giorni di tempo per il deposito delle motivazioni.
G.C.
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