Pescate in festa per la propria chiesa parrocchiale e per don Bruno

Scoccavano le quattro del mattino del lontano 19 settembre 1942 quando il Cardinal Alfredo Ildefonso Schuster consacrò la chiesa di Pescate: 75 anni fa a far da sfondo a quel significativo gesto c'erano i lampi dei bombardamenti di guerra, nella mattinata di oggi invece solo quelli di un temporalesco cielo domenicale che - nonostante la pioggia incoercibile - non è stato in grado di scoraggiare i fedeli a partecipare alla Santa Messa delle ore 10.

Don Matteo, don Bruno e don Enrico

"In questo giorno speciale abbiamo molte cose da festeggiare " ha esordito don Matteo, attuale parroco di Pescate. "Prima di tutto il 75° anniversario della consacrazione della nostra parrocchia, la conclusione dell'animata Festa dei Rioni e soprattutto il traguardo importante di una persona a noi cara". Il riferimento è don Bruno Croci, storico sacerdote di Pescate accorso, in concomitanza con l'anniversario parrocchiale, per ricordare i suoi 45 anni di sacerdozio: originario del rione di Pescarenico e trasferitosi "sull'altra sponda dell'Adda" per prendere il posto di don Angelo Ronchi come guida religiosa di Pescate, don Bruno è rimasto al fianco della sua parrocchia per quindici anni, affidandola poi a don Enrico Mauri che insieme a don Matteo Gignoli ha voluto assistere proprio alla celebrazione in onore del suo vecchio amico e "collega".

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"Ha fatto molto per la nostra comunità nei suoi anni di sacerdozio a Pescate, per questo oggi vogliamo dirgli il nostro personale grazie e rivivere il cammino fatto insieme" ha proseguito quest'ultimo, ricordando, insieme a don Bruno, la figura di padre Paolo Barzaghi a cui si deve la costruzione di diversi luoghi comunitari pescatesi, tra cui la maestosa chiesa parrocchiale.

Il capogruppo di maggioranza Roberto Redaelli, il sindaco Dante De Capitani e il vicesindaco Miriam Lombardi

Tra i presenti anche il primo cittadino Dante De Capitani affiancato da alcuni membri della sua Amministrazione e un cospicuo gruppo di coscritti di don Bruno, in prima fila per salutare colui che prima di essere un esempio religioso è stato per loro un caro amico d'infanzia.
"Qualcuno mi ha chiesto come ci si sente a festeggiare quarantacinque anni di sacerdozio: senza dubbio prima di tutto ci si sente vecchi" ha ammesso con una risata il sacerdote, ora curato della parrocchia di Imbersago. "Ma nonostante questo continuo a mantenermi giovane dentro, trascorrendo il mio tempo in oratorio con i ragazzi agli occhi dei quali rispetto a molti anni fa - quando ancora mi ritenevano un giovane come loro - sono finito per essere considerato un papà e poi ancora quasi un nonno. I quindici anni passati qui con voi a Pescate mi sono rimasti dentro, probabilmente perché è la parrocchia in cui ho trascorso più tempo: quando il dovere impone a noi sacerdoti di trasferirci in un altro luogo siamo costretti a distaccarci, ma il ricordo di tutte le persone resta con noi e a loro continuano ad andare le nostre preghiere".
Ad ispirare l'omelia di don Bruno è stato l'episodio della guarigione del paralitico tratto dal Vangelo di Giovanni, che egli ha rivisitato in chiave più attuale per trasmettere un ultimo insegnamento ai suoi fedeli.

Il festeggiato con i propri coscritti

"Spesso il Vangelo, letto la domenica durante la Santa Messa, ci sembra complicato da capire ed interpretare ma immergendosi completamente nella parola di Dio vi si possono scoprire insegnamenti meravigliosi: quello affrontato in questo passo è il tema della vita dopo la morte. La vita eterna non è un qualcosa che aspetta al termine del nostro viaggio: essa è già qui, è quella che tutti noi stiamo vivendo. Come Gesù ha fatto camminare il paralitico anche noi dobbiamo aiutare il nostro prossimo nel suo cammino, ovunque sia diretto. Durante la vita noi tutti incontriamo innumerevoli paralisi - fisiche come psicologiche - dovute a tristezza, delusione, sconforto; per portare aiuto in questi momenti è necessario imparare a vedere il bello che c'è nella persona di fronte a noi. Solo allora sarà davvero possibile donare gioia e questo è l'augurio che faccio a questa comunità" ha concluso, profondamente toccato dalla vicinanza che nonostante gli anni la comunità di Pescate gli ha dimostrato, anche attraverso l'omaggio simbolico di una stola bianca e oro regalatagli da don Matteo.
Una funzione tanto insolita quanto speciale, che ha oscillato dal ricordo di un pezzo di storia pescatese a quello di un "ex-pescatese" che ancora ne conserva nel cuore un pezzo, e che si è degnamente conclusa con un pranzo in condivisione in oratorio, in attesa della festa finale di stasera in cui verrà decretata la contrada vincitrice del "Palio dei Rioni".
Francesca Amato
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