Mandello: presunti maltrattamenti alla Gilardoni, a giudizio i 5 imputati. Accolte solo in parte le ‘’eccezioni’’ delle difese

L'azienda di Mandello
Tutti rinviati a giudizio. E’ quanto ha stabilito stamani al termine della camera di consiglio, il giudice per le udienze preliminari Paolo Salvatore, in merito ai 5 soggetto toccati dall’indagine della Squadra Mobile della Questura di Lecco - coordinata dal sostituto procuratore Silvia Zannini - relativa ai presunti maltrattamenti patiti dai dipendenti della Gilardoni spa di Mandello, azienda specializzata nella progettazione e produzione di apparecchiature a raggi X e a ultrasuoni.
Mariacristina Gilardoni e Roberto Redaelli, rispettivamente ex presidente ed ex direttore del personale, Andrea Paolo Federico Ascani Orsini - socio di minoranza con il 45% delle quote della spa di famiglia - Stefano Marton, medico legale pavese e la collega Maria Papagianni, dovranno comparire il prossimo 7 febbraio al cospetto del giudice monocratico Nora Lisa Passoni, per l’avvio dell’istruttoria dibattimentale. Nessuno dei difensori ha infatti chiesto di avvalersi di riti alternativi, convinti evidentemente di poter dimostrare l’estraneità dei propri assistiti ai fatti che vengono loro contestati.
L’ex patron dell’azienda, l’ultraottantenne Mariacristina Gilardoni, così come l’allora capo del personale Roberto Redaelli , dovranno rispondere di lesioni e maltrattamenti nei confronti dei dipendenti, 25 dei quali si sono costituiti parti civili, così come le sigle sindacali Fiom Cgil e Fim Cisl - rappresentati dai legali Stefano Pelizzari, Laura Rota, Laura Bosisio, Roberto Tropenscovino del foro di Lecco e dal collega milanese Benedetto Tusa - e la stessa Gilardoni spa. Il nuovo CdA (espressione della sola componente maggioritaria della società) ha infatti ritenuto di doversi insinuare nel procedimento quale ‘’atto dovuto’’,  avendo subito danni di immagine dall’intera vicenda, affidando l’incarico legale all’avvocato Monica Alberti del foro di Milano, quest’oggi sostituita da una collega.
Particolarmente articolata la discussione dei legali dei due attori principali della vicenda, gli avvocati Federico Cecconi (per la ex presidente) e il collega Carlo Melzi d’Eril per Redaelli, con quest’ultimo unico imputato presente personalmente all’udienza (pur non volendo rilasciare alcuna dichiarazione alla stampa). I rilievi mossi dai difensori hanno riguardato in particolare il capo d’imputazione relativo ai maltrattamenti, attinente in diritto alla sfera familiare e pertanto non applicabile a loro avviso al caso in esame, ma contestato dalla Procura stante anche l’assenza in diritto penale di un reato specifico equivalente al mobbing, che tuttavia a detta dei difensori non si sarebbe neppure configurato ai danni delle presunte vittime.
Rinviato a giudizio anche Andrea Paolo Federico Ascani Orsini, nipote di Mariacristina Gilardoni nonché socio di minoranza della spa; le ipotesi di reato nei suoi confronti non riguardano tuttavia i presunti maltrattamenti nei confronti della forza lavoro, ma soltanto una presunta "colpa in vigilando" rispetto a quanto si ritiene abbiano subito i "suoi" lavoratori. Stralciata invece la sua posizione rispetto alle contestazioni relative alla normativa antinfortunistica e sulla sicurezza, con l’accoglimento della richiesta avanzata in fase di discussione dal suo legale: si procederà con l’oblazione. 
Uno degli accessi della Polizia in azienda
Non luogo a procedere – parziale - nei confronti dei medici Stefano Marton  e Maria Papagianni. Il giudice Salvatore ha infatti "stralciato" alcune accuse contenute nel fascicolo,riducendo nel numero le contestazioni che ne hanno determinato il rinvio a giudizio all'arco temporale di riferimento. Quello cioè durante il quale i due professionisti hanno effettivamente lavorato per l’azienda di Mandello del Lario. Accolta quindi solo in parte la tesi dei difensori, l’avvocato Marco Tonellotto del foro di Vicenza e la collega milanese Matilde Sansalone, che si erano battuti per dimostrare l’estraneità dei propri assistiti rispetto alle contestazioni mosse nei loro confronti. I due secondo le accuse sostenute dalla Procura "per colpa generica consistita in imprudenza, imperizia e negligenza nonchè colpa specifica consistita nella violazione ed inosservanza degli obblighi inerenti la funzione di medico" avrebbero causato "lesioni personali gravi come malattie professionali psichiche e/o psicosomatiche giudicate guaribili in un tempo superiori ai 40 giorni".
Nel dare lettura della propria articolata decisione, al termine della camera di consiglio, il giudice Salvatore ha rigettato  - anche se non completamente - l’eccezione sollevata dall’avvocato Cecconi  nell’udienza del luglio scorso. A detta del legale di Mariacristina Gilardoni non ci sarebbe mai stata comunicazione da parte della Procura lecchese, rispetto alla richiesta di proroga dell'indagine che, a detta del penalista milanese sarebbe partita già nell'agosto 2013, in concomitanza cioè con la prima denuncia presentata dai dipendenti. Se così fosse - sempre secondo quanto ha sostenuto in aula il difensore dell'ex presidente dell'azienda di Mandello - gli elementi di prova raccolti a partire dal marzo 2014, ovvero allo scadere dei primi sei mesi d'indagine, sarebbero inutilizzabili. A detta del giudice invece, le iscrizioni nel fascicolo d’inchiesta dei diversi episodi denunciati dai lavoratori – una cinquantina in tutto - avvenuti in fasi differenti, avrebbero prorogato di fatto i termini dell’indagine.
Eccezione accolta soltanto per alcuni atti ritenuti effettivamente non utilizzabili, seppur non tali da determinare uno stravolgimento di quanto già emerso dagli altri elementi probatori prodotti dalla Procura. Sarà eliminta dagli atti d'indagine invece, una conversazione intercettata tra l'ex direttore del personale Roberto Redaelli e l'avvocato Roberto Mulargia, già nel CdA dell’azienda, come da richiesta avanzata dalla difesa nel luglio scorso.
Si torna quindi in aula il prossimo 7 febbraio per l’apertura del procedimento nei confronti dei cinque imputati; già sentenziata a luglio dal giudice la restituzione degli atti al pubblico ministero per emettere un decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti di Alberto Comi, il sesto indagato. Al professionista - difeso dall'avvocato Marilena Guglielmana - viene contestato il reato previsto dall'articolo 348 del codice penale in quanto, pur non essendo iscritto all'albo dei consulenti del lavoro, avrebbe esercitato abusivamente la professione in favore della società Gilardoni occupandosi della gestione del personale, dei rapporti di lavori e delle trattative sindacali per oltre quasi dieci anni, sino al 2016. Il suo destino giudiziario si è già separato quindi, da quello degli altri imputati.
Soddisfazione è stata espressa al termine dell’udienza dall’avvocato Maria Grazia Corti – legale di parte civile per conto della Fiom e di alcuni lavoratori – che ha ritenuto il rinvio a giudizio un ‘’atto doveroso’’.
Gloria Crippa
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