Calolzio: zuffa a scopo estorsivo all'interno di una discoteca, il PM chiede 4 condanne

Il Tribunale di Lecco
"Al mio segnale scatenate l'inferno"
. Parafrasando Il Gladiatore, in estrema sintesi, secondo la ricostruzione dell'accaduto tracciata dalla Procura, sembrerebbe essere stato questo il "comando" impartito il 3 aprile 2015 da Albano Sala a quattro conoscenti assoldati per far capire all'imprenditore Silvano Buffoni come - per non avere problemi all'interno del locale notturno appena avviato a Calolzio - avrebbe dovuto accettare la protezione offerta tramite un servizio di vigilanza interna con personale selezionato ad hoc. Al diniego del proprietario, recentemente condannato per false comunicazioni sociali in un procedimento di fatto "spin off" di quello celebrato quest'oggi, l'interlocutore - che ha già patteggiato una pena "mite" uscendo di scena - sempre secondo la versione dei fatti sintetizzata dal PM Nicola Preteroti, avrebbe dunque fatto un cenno ai propri "compari" innescando una zuffa ai danni di ignari avventori malmenati da un momento all'altro senza alcuna colpa. Per il parapiglia ingenerato all'interno della discoteca quest'oggi il sostituto procuratore ha chiesto la condanna di Luciano Caliò (difeso dall'avvocato Bignardi), Graziano Mannarino (avv. Sarti), Francesco Bava (avv. Didonna) e Michele Valsecchi (avv. Ammannato), tutti accusati di rissa, tentata estorsione in concorso, minaccia e lesioni. Ritenendo non sussistente solo il reato numero 1 per come configurato, il magistrato ha proposto una pena di due anni per i primi tre imputati e di due anni e 10 giorni per l'ultimo, rispondendo lo stesso anche di danneggiamenti.
"L'istruttoria ha portato ad acquisire una serie di elementi che sostengono le accuse" ha asserito, citando le deposizioni dei testi e le immagini delle telecamere del circuito di videosorveglianza, il dr. Preteroti, applicato a Lecco solo per seguire i propri fascicoli collegiali dopo il trasferimento a Bergamo e in attesa dell'arrivo del proprio sostituto. "Si è trattato di un episodio brutto" ha poi aggiunto in un altro passaggio della propria requisitoria. "Non si può accettare che un avventore che sta bevendo un drink si veda aggredito per fatti terzi con violenza gratuita: ne va della libertà di godere in serenità del proprio tempo libero". Ritenendo così i quatto imputati "il braccio di un soggetto più grande di loro" e auspicando che quello in esame "sia l'ultimo episodio che li vede coinvolti", il PM ha tagliato corto, arrivando velocemente alla quantificazione della pena. Sintetici ma incisivi anche i legali che hanno evidenziato, ciascuno per la propria posizione, come, a loro giudizio, di contro, l'istruttoria dibattimentale non abbia portato a attribuire specifiche responsabilità a carico dei loro assistiti. Mannarino non avrebbe avuto alcun ruolo attivo così come Bava; Valsecchi non avrebbe nemmeno potuto vedere il "segnale" che avrebbe dato il via ai disordini e Caliò "non ha fatto assolutamente nulla" se non accompagnare fuori il nipote. Chiesta dunque la loro assoluzione.
Il 19 aprile la sentenza del collegio presieduto dal dr. Enrico Manzi con a latere i colleghi Salvatore Catalano e Nora Lisa Passoni. 
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