I 40 anni della Legge Basaglia: Lecco 'attende' il nuovo CPS e punta sulla prevenzione
Marco Cavallo è tornato a Lecco. Idealmente ma sospinto dal coinvolgimento di quanti ieri pomeriggio - nella stessa data in cui 40 anni fa veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale la così detta Legge Basaglia - si sono alternati al microfono, dinnanzi ad un nutrito ed attento pubblico, nell'ambito dell'iniziativa promossa dal Forum Salute Mentale per riflettere proprio sull'anniversario di quel provvedimento normativo che portò alla chiusura dei manicomi restituendo così libertà e dignità a decine di migliaia di persone con disturbi psichici internate fino a quel momento in strutture definite senza mezzi termini da Guerrino Donegà - primo a prendere la parola, inquadrando il perché di un momento di confronto anche a Lecco - "inumane".
40 mila i "matti" che transitarono - venendo al nostro territorio - per il San Martino, struttura di riferimento per l'allora provincia di Como, in funzione dal 1882 al 1999, teatro di "indicibili sofferenze" con le mura intrise di "storie struggenti" di cui si trova ancora traccia nelle cartelle cliniche, contenenti anche tutte quelle lettere scritte dai malati e - atrocemente - mai recapitate ai legittimi destinatari.
A quarant'anni di distanza dalla legge cosa resta ora da fare? Chiusi, assai più recentemente, anche gli ospedali psichiatrici giudiziari, rimane ora - nell'analisi proposta da Donegà - da alleggerire ulteriormente il carico delle strutture residenziali, seguendo la scia del Friuli dove già non esistono più nemmeno queste realtà, potenziando i servizi territoriali e allocando risorse per mantenere le persone con disturbo psichico in famiglia, nel loro contesto naturale.
A Lecco, "troppo a lungo si è tollerato di avere un CPS fatiscente e deprimente" è stato detto con convinzione, evidenziando il contributo dato dalle associazioni per disegnare quello che sarà il nuovo Centro, in via Tubi, immaginato come "un luogo aperto alla città", attraversabile "senza avere paura dei matti" ma anche - ha aggiunto il dottor Enrico Frisone, direttore socio-sanitario dell'ASST, "non solo funzionale ma anche modificabile nel futuro", per essere sempre rispondente alle necessità del territorio e dunque degli operatori ma anche e soprattutto di quei soggetti - spesso etichettati come "loro" in contrapposizione con un "noi" in realtà fluido - che "ci auguriamo abbiano sempre più voce".
"La 180 ci ha detto cosa non fare. Noi stiamo scrivendo cosa fare" ha dunque rimarcato. "I servizi devono essere orientati sempre più alla prevenzione". Non per nulla, a Lecco si sta lavorando per la creazione di una equipe appositamente dedicata ai giovani mentre da qualche anno è partito un progetto pensato appositamente per le donne in gravidanza, 1 su 10 delle quali, in letteratura, soffre di un disturbo depressivo. L'idea, è evidente, è quella di "andare incontro alle persone", sapendo bene che "lo stigma c'è ancora" e, se da una parte, il paziente ha raggiunto - in generale - una maggiore accettazione del disturbo mentale, dall'altro - quale altra faccia della stessa medaglia - la società chiede un maggiore controllo.
A Thomas Emmenegger, psichiatra che lavorò anche a Trieste nonché presidente della Fabbrica di Olinda, gestore con Arci e Auser della Piazzeria Fiore scelta quale location per l'appuntamento di ieri, il compito di tirare le fila, insieme all'assessore al Welfare Riccardo Mariani, di un evento che indubbiamente ha fatto centro, avendo catalizzato l'attenzione del pubblico presente.
Alcuni alunni del Liceo Musicale Grassi
Al microfono Guerrino Donegà dinnanzi al pubblico presente all'evento
La chiamarono Legge 13 maggio 1978, n. 180 "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori": "un titolo scarno - ha fatto notare il sindacalista - per un passaggio epocale", in grado di lasciare un segno indelebile anche oltre i confini nazionali, facendo scuola. 100 mila erano allora gli uomini e le donne, letteralmente segregati in spazi tali da rappresentare "discariche umane"; poi il cambio di passo sulla scia dell'esperienza improntata da dr. Franco Basaglia e dai suoi collaboratori a Trieste, con una certezza a fare da filo conduttore: "i manicomi non andavano riformati ma andavano chiusi", ridonando la libertà a quanti vi venivano reclusi più che ricoverati, permettendo altresì loro di tornare a godere dei diritti civili-politici, aspetto assolutamente non secondario legato alla "180".40 mila i "matti" che transitarono - venendo al nostro territorio - per il San Martino, struttura di riferimento per l'allora provincia di Como, in funzione dal 1882 al 1999, teatro di "indicibili sofferenze" con le mura intrise di "storie struggenti" di cui si trova ancora traccia nelle cartelle cliniche, contenenti anche tutte quelle lettere scritte dai malati e - atrocemente - mai recapitate ai legittimi destinatari.
Antonio Lora e Enrico Frisone
A quarant'anni di distanza dalla legge cosa resta ora da fare? Chiusi, assai più recentemente, anche gli ospedali psichiatrici giudiziari, rimane ora - nell'analisi proposta da Donegà - da alleggerire ulteriormente il carico delle strutture residenziali, seguendo la scia del Friuli dove già non esistono più nemmeno queste realtà, potenziando i servizi territoriali e allocando risorse per mantenere le persone con disturbo psichico in famiglia, nel loro contesto naturale.
A Lecco, "troppo a lungo si è tollerato di avere un CPS fatiscente e deprimente" è stato detto con convinzione, evidenziando il contributo dato dalle associazioni per disegnare quello che sarà il nuovo Centro, in via Tubi, immaginato come "un luogo aperto alla città", attraversabile "senza avere paura dei matti" ma anche - ha aggiunto il dottor Enrico Frisone, direttore socio-sanitario dell'ASST, "non solo funzionale ma anche modificabile nel futuro", per essere sempre rispondente alle necessità del territorio e dunque degli operatori ma anche e soprattutto di quei soggetti - spesso etichettati come "loro" in contrapposizione con un "noi" in realtà fluido - che "ci auguriamo abbiano sempre più voce".
Thomas Emmenegger. Alle sue spalle l'installazione Marco Cavallo realizzata con i pazienti del manicomio di Trieste
"La 180 ci ha detto cosa non fare. Noi stiamo scrivendo cosa fare" ha dunque rimarcato. "I servizi devono essere orientati sempre più alla prevenzione". Non per nulla, a Lecco si sta lavorando per la creazione di una equipe appositamente dedicata ai giovani mentre da qualche anno è partito un progetto pensato appositamente per le donne in gravidanza, 1 su 10 delle quali, in letteratura, soffre di un disturbo depressivo. L'idea, è evidente, è quella di "andare incontro alle persone", sapendo bene che "lo stigma c'è ancora" e, se da una parte, il paziente ha raggiunto - in generale - una maggiore accettazione del disturbo mentale, dall'altro - quale altra faccia della stessa medaglia - la società chiede un maggiore controllo.
A Thomas Emmenegger, psichiatra che lavorò anche a Trieste nonché presidente della Fabbrica di Olinda, gestore con Arci e Auser della Piazzeria Fiore scelta quale location per l'appuntamento di ieri, il compito di tirare le fila, insieme all'assessore al Welfare Riccardo Mariani, di un evento che indubbiamente ha fatto centro, avendo catalizzato l'attenzione del pubblico presente.
A.M.