Colico: 'l’Autismo è vedere il mondo in modo alternativo'

Quando parla di suo figlio, Morena è un fiume in piena. Nelle sue parole si percepisce l’amore immenso per un bambino che ha un modo tutto suo di percepire il mondo, un modo alternativo. Venerdì sera presso l’Auditorium di Colico Morena, mamma e presidente di Illumina di blu Valsassina, ha cercato di affrontare un tema delicato e importane come l’autismo.

La sua associazione si occupa, infatti, di far conoscere nella provincia di Lecco un disturbo che colpisce un bambino su 60 nel mondo. I cittadini hanno così potuto approfondire questa malattia con la neuropsichiatra infantile Laura Villa e la psicologa Paola Demurtas. Molti i genitori di bambini con disturbo dello spettro autistico presenti in sala, che hanno posto numerose domande alle dottoresse.
Dopo i saluti di rito del sindaco di Colico Monica Gilardi, la dottoressa Villa ha spiegato le differenze tra l’apprendimento di un bambino normodotato e uno con una diagnosi di autismo. Innanzitutto, si è voluto sottolineare l’importanza di una diagnosi precoce: “intervenire tra i due e cinque anni, infatti, è decisivo”, afferma la neuropsichiatra.  
La dottoressa ha poi cercato di spiegare la visione del mondo di un autistico, un modo in cui ogni cosa è sempre diversa e nuova. “Noi processiamo per similitudini, loro processano per differenze. Chi ha ragione? Si può dire che questo bicchiere sia lo stesso di un altro? Secondo una logica assoluta è tutto diverso, ma il nostro modo di procedere ci dice che il simile. Per gli autistici il simile è diverso e in termini assoluti hanno ragione loro. Dobbiamo cambiare paradigma, partire da un presupposto: il loro modo di pensare non è rigido, è solo diverso. Non è vero che gli autistici non hanno un linguaggio, anzi. L’autismo - ha spiegato la dottoressa – è una patologia del presente e del passato, è una patologia spietata che non permette ai genitori di guardare al futuro. Tutti i bambini con autismo imparano, ma non tutti imparano ad imparare. Sono i genitori che devono insegnare ai propri bambini, costantemente”.

Non si deve però considerare l’autismo come “una variante delle norma”. E’ un errore assolutamente da non fare: considerare l’autismo come una semplice diversità, infatti, ha come rischio quello di non destinare più risorse all’assistenza sanitaria.
Ma che cosa si fa una volta ricevuta la diagnosi? La psicologa Paola Demurtas ha spiegato il metodo ABA (Applied behavior analysis), un intervento intensivo per insegnare a insegnare. Nata per studiare il comportamento umano e poi applicata per lo spettro autistico, ABA non può essere considerata una terapia poiché non si può guarire dall’autismo. Sicuramente, però, può essere considerata un valido aiuto. “Non si tratta di un intervento impostato e non è un insieme di ripetitivi esercizi, anche se inizialmente può sembrare un insegnamento asettico”. L’obiettivo è fornire centinaia di opportunità al giorno quando non bastano gli stimoli esterni.
L’incontro si è poi chiuso con una speranza. “Oggi sappiamo molto di più rispetto a qualche anno fa – ha spiegato la dottoressa Villa – Non è vero che non c’è niente da fare, c’è molto da fare. Tra le malattie mentali è forse quella più promettente”.
B.V.
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