Acqua: geniale la proposta di Valmadrera
Gentile Direttore, ho letto e riletto l'articolo dell'assessore di Valmadrera.
Credo che alla fine si possa tradurre più o meno cosi:
"Caro Merate (il caro è d'obbligo visto che si sono sentiti più volte in qs. anni) se tu rinunci al recesso da LRH io/noi troviamo, di comune accordo, una soluzione sull'affidamento del servizio idrico".
E' una proposta che reputo geniale, perché supera norme, leggi, referendum etc.
Pur avendo votato no al referendum sull'acqua, ritengo corretta la battaglia che Merate e pochi altri, stanno conducendo, poiché è indirizzata a ristabilire un principio: la volontà referendaria e quanto stabilito dalla Provincia, riconfermato da una recente norma presente nello sblocca italia, sono da rispettare e attuare.
Così ,alla stessa stregua anche il recesso da LRH avviato da Merate è corretto, non per ragioni giuridiche.
La motivazione la trova in una intervista apparsa su La Stampa il 27.8.2014, qui le propongo uno dei passaggi cruciali, ma l'intervista può leggerla integralmente in calce alla mia mail.
D. Che cosa vogliono gli utenti?
R. «Desiderano i servizi migliori al costo più basso, dal momento che a conti fatti pagano loro. Invece le partecipate operano per loro stessa natura una distorsione delle finalità che, di solito, riflette le logiche e gli interessi della politica: cioè, mantenere il consenso. E ne derivano le degenerazioni i cui risultati sono ben noti alle cronache».
Mi sembra un'ottima sintesi del pasticcio creato da pseudo manager, dalle pensioni d'oro, e da una politica che si è dimostrata inetta.
Adesso speriamo che la Corte dei Conti stabilisca un altro principio, qualcuno deve rispondere dei costi e del tempo perso in questi anni
Con stima
di Ugo Magri
Imprese Partecipate: “Tagliare è un dovere Servono solo a saziare la fame della politica”
Intervista ad Alberto Mingardi
D. A un liberale come lei, dottor Mingardi, pare giusto che le partecipate finiscano nel mirino?
R. «La risposta è sì. Anzi: era ora. Le prime denunce contro la proliferazione del cosiddetto “neosocialismo municipale” risalgono ai primi anni 2000. Nel frattempo il fenomeno si è solo allargato».
D. Queste aziende sono oltre 8 mila...
R. «Quante siano con esattezza non si sa. Cottarelli si è basato sulla banca dati del Mef, ma egli stesso segnala che vi sono dei censimenti paralleli. Comunque si tratta di numeri importanti. Per dare l’idea, un Paese come la Francia, dove non vige certo un “liberismo selvaggio”, le partecipate sono un migliaio».
D. Com’è successo che noi ne abbiamo così tante?
R. «Perché la politica, non potendo più sfamarsi nelle grandi aziende pubbliche, quasi tutte privatizzate negli Anni 90, si è rifatta voracemente su scala locale».
D. E quale si stima che possa essere il valore economico di queste aziende?
R. «Sicuramente inferiore al valore delle attività produttive che si potrebbero sviluppare, se fosse lasciato campo libero alla concorrenza».
D. Secondo una scuola di pensiero, è buona cosa che certi settori dell’economia siano pilotati dalla politica...
R. «Non c’è dubbio che questa sia stata la giustificazione adottata per estendere la mano pubblica».
D. Lei invece considera tutte queste partecipate una patologia del sistema...
R. «Una doppia malattia. Anzitutto perché sono sottoposte al controllo diretto dei partiti. utti sanno che i consigli di amministrazione vengono spesso considerati dei vivai o dei pensionati dove piazzare persone “gradite”. E poi,..come conseguenza di questo controllo così ferreo, le aziende finiscono per rispondere a esigenze che non sono quelle dei cittadini».
D. Che cosa vogliono gli utenti?
R. «Desiderano i servizi migliori al costo più basso, dal momento che a conti fatti pagano loro. Invece le partecipate operano per loro stessa natura una distorsione delle finalità che, di solito, riflette le logiche e gli interessi della politica: cioè, mantenere il consenso. E ne derivano le degenerazioni i cui risultati sono ben noti alle cronache».
D. Il governo pare deciso a intervenire.
R. «Così sembrerebbe. Quantomeno in termini di “istigazione” all’efficienza attraverso alcune misure. La più importante prevede la possibilità di applicare anche per questo genere di imprese la normale procedura fallimentare».
D. Dove sta il pregio dell’innovazione?
R. «Alcune di queste aziende, come segnala Cottarelli, sono in profondo rosso. Venderle è quasi impossibile. Si fa prima e meglio a .chiuderle direttamente, e poi bandire una gara per la fornitura di quel servizio. Interessante è pure l’intenzione del governo, se confermata, di non calcolare il provento delle privatizzazioni ai fini del patto di stabilità interno: il che costituirebbe per i Comuni un incentivo a vendere».
Da La Stampa, 27 agosto 2014
Credo che alla fine si possa tradurre più o meno cosi:
"Caro Merate (il caro è d'obbligo visto che si sono sentiti più volte in qs. anni) se tu rinunci al recesso da LRH io/noi troviamo, di comune accordo, una soluzione sull'affidamento del servizio idrico".
E' una proposta che reputo geniale, perché supera norme, leggi, referendum etc.
Pur avendo votato no al referendum sull'acqua, ritengo corretta la battaglia che Merate e pochi altri, stanno conducendo, poiché è indirizzata a ristabilire un principio: la volontà referendaria e quanto stabilito dalla Provincia, riconfermato da una recente norma presente nello sblocca italia, sono da rispettare e attuare.
Così ,alla stessa stregua anche il recesso da LRH avviato da Merate è corretto, non per ragioni giuridiche.
La motivazione la trova in una intervista apparsa su La Stampa il 27.8.2014, qui le propongo uno dei passaggi cruciali, ma l'intervista può leggerla integralmente in calce alla mia mail.
D. Che cosa vogliono gli utenti?
R. «Desiderano i servizi migliori al costo più basso, dal momento che a conti fatti pagano loro. Invece le partecipate operano per loro stessa natura una distorsione delle finalità che, di solito, riflette le logiche e gli interessi della politica: cioè, mantenere il consenso. E ne derivano le degenerazioni i cui risultati sono ben noti alle cronache».
Mi sembra un'ottima sintesi del pasticcio creato da pseudo manager, dalle pensioni d'oro, e da una politica che si è dimostrata inetta.
Adesso speriamo che la Corte dei Conti stabilisca un altro principio, qualcuno deve rispondere dei costi e del tempo perso in questi anni
Con stima
Cap. J. Sparrow - pirata
di Ugo Magri
Imprese Partecipate: “Tagliare è un dovere Servono solo a saziare la fame della politica”
Intervista ad Alberto Mingardi
D. A un liberale come lei, dottor Mingardi, pare giusto che le partecipate finiscano nel mirino?
R. «La risposta è sì. Anzi: era ora. Le prime denunce contro la proliferazione del cosiddetto “neosocialismo municipale” risalgono ai primi anni 2000. Nel frattempo il fenomeno si è solo allargato».
D. Queste aziende sono oltre 8 mila...
R. «Quante siano con esattezza non si sa. Cottarelli si è basato sulla banca dati del Mef, ma egli stesso segnala che vi sono dei censimenti paralleli. Comunque si tratta di numeri importanti. Per dare l’idea, un Paese come la Francia, dove non vige certo un “liberismo selvaggio”, le partecipate sono un migliaio».
D. Com’è successo che noi ne abbiamo così tante?
R. «Perché la politica, non potendo più sfamarsi nelle grandi aziende pubbliche, quasi tutte privatizzate negli Anni 90, si è rifatta voracemente su scala locale».
D. E quale si stima che possa essere il valore economico di queste aziende?
R. «Sicuramente inferiore al valore delle attività produttive che si potrebbero sviluppare, se fosse lasciato campo libero alla concorrenza».
D. Secondo una scuola di pensiero, è buona cosa che certi settori dell’economia siano pilotati dalla politica...
R. «Non c’è dubbio che questa sia stata la giustificazione adottata per estendere la mano pubblica».
D. Lei invece considera tutte queste partecipate una patologia del sistema...
R. «Una doppia malattia. Anzitutto perché sono sottoposte al controllo diretto dei partiti. utti sanno che i consigli di amministrazione vengono spesso considerati dei vivai o dei pensionati dove piazzare persone “gradite”. E poi,..come conseguenza di questo controllo così ferreo, le aziende finiscono per rispondere a esigenze che non sono quelle dei cittadini».
D. Che cosa vogliono gli utenti?
R. «Desiderano i servizi migliori al costo più basso, dal momento che a conti fatti pagano loro. Invece le partecipate operano per loro stessa natura una distorsione delle finalità che, di solito, riflette le logiche e gli interessi della politica: cioè, mantenere il consenso. E ne derivano le degenerazioni i cui risultati sono ben noti alle cronache».
D. Il governo pare deciso a intervenire.
R. «Così sembrerebbe. Quantomeno in termini di “istigazione” all’efficienza attraverso alcune misure. La più importante prevede la possibilità di applicare anche per questo genere di imprese la normale procedura fallimentare».
D. Dove sta il pregio dell’innovazione?
R. «Alcune di queste aziende, come segnala Cottarelli, sono in profondo rosso. Venderle è quasi impossibile. Si fa prima e meglio a .chiuderle direttamente, e poi bandire una gara per la fornitura di quel servizio. Interessante è pure l’intenzione del governo, se confermata, di non calcolare il provento delle privatizzazioni ai fini del patto di stabilità interno: il che costituirebbe per i Comuni un incentivo a vendere».
Da La Stampa, 27 agosto 2014
