Lecco, il servizio di Cesea sul territorio: in un anno prese in carico 64 persone 'escluse', un riscatto dal disagio sociale

Persone con forti criticità e con una storia a volte molto difficile alle spalle: un periodo della propria vita trascorso in carcere, disturbi mentali, gravi disagi sociali. Queste sono le persone di cui si occupa Cesea, un servizio socio-occupazionale di titolarità del Comune di Lecco, che prende in carico gli utenti proponendo loro uno lavoro. Nel 2017 sono passate dalle strutture di via dei Riccioli, quella per gli uomini, e di via Plinio, sede delle donne, 64 persone (39 uomini e 25 donne). L’85 per cento di loro è italiano e la maggior parte è originaria della nostra provincia. Tutti hanno in comune una cosa: “sono tagliati fuori”, per usare un’espressione di Tore Rossi, responsabile e punto di riferimento del servizio. “Abbiamo a che fare con persone compromesse. Alcune di loro non hanno molte possibilità, altre invece potrebbero essere collocate nel mondo del lavoro e con loro dopo la fase iniziale si sperimentano delle attività durante le quali hanno un po’ di autonomia, seppur limitata”, ci ha spiegato Rossi in occasione della nostra visita al capannone via dei Riccioli. 



Circa la metà degli utenti è segnalata dal Comune di Lecco e un altro 50% proviene dai paesi della provincia: la fascia coperta va dai 18 anni all’età pensionabile, ma l’utente medio ha più di 40 anni. Cesea è un servizio del Comune capoluogo che si rivolge però a tutte le amministrazioni della provincia, gestito in collaborazione con il consorzio Consolida e con la cooperativa Arcobaleno.



A Cesea si accede su segnalazione dei servizi sociali del proprio Comune di appartenenza, segnalazione a cui segue una valutazione che serve a stabilire se c’è o meno la possibilità, per la persona in oggetto, di accedere direttamente al mercato tradizionale del lavoro. Se essa manca si entra nella graduatoria per Cesea: al momento la lista di attesa è di 20 persone, si procede con la presa in carico in base alla data di richiesta, all’urgenza del caso e alla disponibilità del servizio.



Una volta entrate a far parte del mondo di Cesea, a queste persone viene proposto di svolgere un’attività lavorativa per un tempo massimo di 15/20 ore di impiego settimanale, che corrispondono ad una retribuzione che va dai 300 ai 500 euro. “Non è molto ma sono soldi che loro sono in grado di guadagnarsi” e lo fanno in un contesto protetto dove al centro c’è la relazione con la persona e lo scopo è quello di valorizzare le persone per le capacità e le possibilità che hanno. “Il valore aggiunto sono i nostri operatori, siamo otto in tutto - racconta ancora Tore Rossi -, il mio compito è quello di mettere educatrici ed educatori in grado di svolgere il proprio lavoro con tranquillità”.



Le attività svolte consistono per gli uomini in opere di giardinaggio, di piccoli traslochi e di lavori di manutenzione; mentre le donne si occupano di una lavanderia, di stiratura e delle pulizie. Ogni progetto è svolto con gradualità: gli utenti vengono affiancati per dare loro degli strumenti affinché, se ne hanno la possibilità, diventino o tornino ad essere autonomi. Ci sono precise regole che normano il lavoro a Cesea: innanzitutto non ci si può presentare alterati, non si fa a botte e non si ruba, in caso contrario bisogna rispondere delle conseguenze, con una sospensione dalle attività o con limitazioni all’accesso agli strumenti di lavoro. E la stessa erogazione di prestazioni da parte degli utenti sottostà a criteri ben precisi: Cesea esegue lavori per privati nel caso in cui il “cliente” sia segnalato dai servizi sociali come persona indigente che non potrebbe rivolgersi ad un professionista. Oppure opera all’interno di un patto concordato con l’amministrazione pubblica, svolgendo lavori di pubblica utilità nell’ottica di “scambio di comunità”. 



Nonostante il servizio si sia affermato e consolidato negli anni, anche Cesea ha dovuto “stare al passo con i tempi” e riuscire a trasformarsi, adattandosi alle nuove esigenze imposte dalla crisi economica e dai margini sempre più ristretti dei budget comunali. Com’è noto, l’idea di questo sistema si deve a Carlo Invernizzi e Ruggero Plebani, che nel 1999, con l’amministrazione Bodega, istituirono questo servizio con lo scopo di sostenere le persone fragili con un contributo economico che fosse però una retribuzione per i servizi svolti. Nel 2013 con l’arrivo di Tore Rossi il progetto assume una nuova fisionomia e si amplia rispetto ai circa venti utenti che aveva in carico fino a quel momento: ai Comuni infatti viene proposto di pagare una retta per l’inserimento in Cesea delle persone seguite dai propri servizi sociali, in questo modo si finanzia il servizio e nello stesso tempo si ottiene il duplice scopo di dare un’occupazione e un compenso ad utenti che altrimenti sarebbero totalmente a carico dei Comuni stessi.



Nel 2014 è arrivata la nuova sede - quella di via dei Riccioli, appunto - una struttura a norma e dignitosa per le persone che la vivono e dal 2015 si possono contare oltre 200 “benefattori” costanti, tra cui 40 aziende, che contribuiscono a sostenere il servizio con più di 200mila euro di donazioni e che soprattutto hanno creato una rete di rapporti sociali che alimenta e rafforza questo meccanismo di solidarietà.



Negli ultimi anni, però, il servizio si è trasformato non solo per riuscire a far fronte all’aumento della domanda ma anche per occuparsi al meglio del dramma delle persone con più di 50 anni che, vicine all’età della pensione e con alle spalle una vita di lavoro, si ritrovano improvvisamente disoccupate. Esse non sono necessariamente affette da patologie manifeste, ma sono semplicemente degli abbandonati, che rischiano di rimanere vittime di piaghe sociali pericolosissime come la ludopatia e l’alcolismo.



Per loro nell’alveo di Cesea è nato il progetto EnnEnnE, finanziato da Comune, Parrocchia e dal Fondo solidarietà lavoro, che prevede un’iscrizione semestrale a fronte di una retta da parte del Comune di appartenenza di 1500 euro, rinnovabile una volta sola. Per ora sono transitate attraverso questo percorso 24 persone, tra cui 22 di Lecco. Il responsabile del servizio è un ex utente di Cesea che adesso è “passato dall’altra parte” ed è stato assunto per svolgere questo compito: “Il nostro più grande successo” il commento di Tore Rossi.
Manuela Valsecchi
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