Lecco: il nuovo prevosto, mons. Davide Milani, fa il suo ingresso in città citando Fellini

"E a quel punto il matto disse: 'tu non ci crederai, ma tutto quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso lì, per esempio, Gelsomina. Be', anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto. 'E a cosa serve?' chiese dunque Gelsomina. Il matto le rispose: 'Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei? Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, Gelsomina, anche tu servi a qualcosa".

L'ingresso del nuovo prevosto

Ha deciso di iniziare così, il nuovo Prevosto lecchese, la sua prima omelia sotto la volta della Basilica di San Nicolò. Non con una preghiera, nemmeno con un ringraziamento, ma con una citazione tratta dal film "La Strada" di Federico Fellini, che con un breve ma efficace scambio di battute ha riassunto sia il viaggio compiuto fino ad oggi dal sacerdote sia quello che da questo momento lo vedrà calcare il panorama lecchese.

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Ha infatti fatto il suo ingresso domenica - di fronte ad una chiesa gremita di centinaia di fedeli amici, coscritti e famigliari - il nuovo responsabile della Comunità Pastorale della città di Lecco: si tratta di Davide Milani, valgreghentinese di origine, milanese d'adozione, ma soprattutto sacerdote per vocazione da ben 17 anni. Dopo più di un decennio come responsabile dell'ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Milano - che negli anni l'ha visto portavoce degli arcivescovi Dionigi Tettamanzi, Angelo Scola e Mario Delpini - ora monsignor Milani fa ritorno in quel suo "ramo del lago di Como", pronto ad essere rappresentante di quelli che lui stesso ha definito dei "matti".

A destra don Davide Milani

"Forse ci scambiano per matti, perché pensiamo che agli occhi di Dio ognuno sia importante per il semplice fatto che esiste: sono matti i cristiani a giudicare importante ogni uomo, ogni donna. Importante per quello che fa, per la ricchezza che ha, per la sua intelligenza. Importante, in realtà, solo perché c'è. Ma è così: agli occhi di Dio siamo voluti bene così come siamo, anche se piccoli e inadeguati come Gelsomina con il suo sassolino" ha proseguito il monsignore nella sua predica, riallacciandosi alla parabola dei lavoratori della vigna appena estrapolata dal Vangelo. "Dio non è oggetto di guadagno o di perdita, non è un mercante; e noi, quando ci sentiamo giusti, ci incattiviamo perché scopriamo che il vero Dio è amore e perdono, e non accettiamo che chi non va in chiesa, chi ha sbagliato e anche chi ci ha fatto del male sia graziato da Dio. Il giusto continua a vedere Dio in una prospettiva economica, ma nessuna nostra opera produce e produrrà mai Dio. La verità, però, è che non esiste premio maggiore dell'essere sin dalla prima ora collaboratori di Dio. C'è forse premio più grande che essere nella vigna del Signore fin dal mattino, partecipi del suo progetto d'amore ed impegnati con lui nel suo intento di coltivare il proprio giardino? Perché la bellezza dell'essere amati da Dio e dal prossimo non ha nulla a che fare con quel lavoro che ci verrà retribuito un giorno con lo stipendio della vita eterna" ha ammesso il sacerdote di fronte alla schiera di autorità civili e militari, alla mamma Anna ed ai fratelli Angelo e Giuseppe ma soprattutto di fronte al suo nuovo gregge che già ne assorbiva le parole cariche di fervore e trasporto. "Così mi sento io qui e adesso in mezzo a voi, all'inizio del mio ministero pastorale: non come un prete che si merita una carica, ma come chi riceve un dono. Lavorerò, mi impegnerò, faticherò e pregherò così come fate voi quotidianamente, non perché convinto che con il mio impegno pastorale mi guadagnerò il Paradiso, ma perché lavorare per Dio mi entusiasma, rende gioiosa la mia vita e mi dà un senso. Oggi vengo qui come cristiano tra i cristiani, ciascuno con una propria scelta di vita, ma con la stessa fede".


Virginio Brivio, Mons. Milani e il sindaco di Malgrate e presidente della Provincia Flavio Polano

Poco prima del suo ingresso - accompagnato dalle note della Banda Manzoni e dei suoi affezionati Picett del Grenta - nella navata centrale della chiesa, la festa in onore di mons. Milani aveva già preso il via tra le arterie lecchesi e nello specifico presso il cuore del Palazzo delle Paure dove il primo cittadino Virginio Brivio ha porto il suo personale saluto, un "dovere civile e laico" nei confronti di qualcuno il cui legame con Lecco possiede "radici profonde e consolidate". Attorniato da diversi sindaci del territorio (tra cui quello della "sua" Valgreghentino, Sergio Brambilla e quello di Malgrate Flavio Polano) e poi ancora, tra gli altri, dai comandanti provinciali di Arma dei Carabinieri e Finanza, dal prefetto Liliana Baccari e dal sottosegretario di Regione Lombardia Antonio Rossi, don Davide ha così ringraziato tutti i comuni del territorio che "seppure con diversi campi d'azione, hanno il coraggio di unirsi per il medesimo scopo". Altrettanto fiducioso si è dimostrato il borgomastro Brivio che - dopo aver esposto al neo-Prevosto i capisaldi della progettualità sociale lecchese, delle azioni di volontariato locali e della sempreverde sfida dell'area Ex-Faini - si è detto orgoglioso del conferimento di tale incarico religioso ad una persona che "può insegnare, per utilizzare un'immagine del Cardinale Scola, cosa significhi costruire l'amicizia civica, ovvero quell'idea di bene comune che necessita non solo di adempimenti formali reciproci tra comunità ecclesiale e civile, ma di quei legami di base che fungono da fondamento di una comunità".

A guidare la componente liturgica dell'esordio lecchese di mons. Milani è stato invece il Vicario episcopale, monsignor Maurizio Rolla che durante la celebrazione ha condotto il Prevosto lungo tutti i riti esplicativi della cerimonia, dalla consegna dell'evangeliario e dei sacri oli, fino alla custodia della stola della riconciliazione ed il rito dell'aspersione, durante il quale don Davide ha indossato la mitra e ricevuto la ferula per poi proseguire con l'incensazione.

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Al termine della preghiera, mons. Milani ha nuovamente ringraziato i presenti e tutti coloro che l'hanno accompagnato nel suo percorso - interiore ed estrinseco - verso la fede, a partire dalla sua famiglia che gli è stata accanto "con discrezione ma allo stesso tempo con un sostegno tangibile" fino al Cardinale Carlo Maria Martini, da lui stesso definito "l'uomo della sua vocazione". L'ultimo dovuto grazie è andato infine alla città di Lecco, novella culla della sua parola nonché sfondo di una profonda tradizione che don Davide avrà il piacere non solo di conoscere, ma soprattutto riscoprire dopo tanti anni di lontananza. È proprio a questa memoria intrisa di affetti ed aneddoti d'infanzia che il Prevosto ha dedicato le parole di Gustav Mahler, ricordando come la vera tradizione consista nel "custodire il fuoco, non adorare le ceneri". E senza dubbio domenica sera - in cima a quell'altare verso il quale erano catalizzati migliaia di sguardi - si è accesa una nuova vivida fiamma. 
F.A.
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