Migranti: presentato 'Alla deriva', come sfatare gli stereotipi attraverso i dati
È stato presentato lunedì sera, in una gremita sala Ticozzi, il libro “Alla deriva”, da qualche settimana nelle librerie, del giornalista di Altreconomia Duccio Facchini. In apertura un video girato dal deputato di Leu Erasmo Palazzotto che non ha potuto essere presente perché imbarcato sulla nave Mare Jonio della missione Mediterranea, impegnata in un'attività di monitoraggio e denuncia in mare: “In questo momento siamo in perlustrazione davanti alla zona di Sabratha in Libia e stiamo monitorando, se fosse necessario soccorreremo le persone in difficoltà perché è questa la vera sfida. Le persone si salvano, non possiamo permettere che la nostra coscienza muoia nell'indifferenza o nell'abitudine rispetto alle morti in mare. Mediterranea vuole essere uno strumento per raccogliere l'indignazione che si sta diffondendo in Italia rispetto alle politiche migratorie attuate e in corso di attuazione da questo esecutivo, per costruire un'opposizione morale e culturale unita ad un'azione concreta di disobbedienza morale verso il senso comune basato sulla xenofobia e sul razzismo dilagante in Europa, opponendo ad esso il diritto internazionale e sulla nostra Costituzione, fondati sul rispetto delle persone e della vita umana.”
Ad introdurre i protagonisti Patrizia Milani, vice presidente dell'Anpi Lecchese che assieme a Qui Lecco libera e Sinistra italiana hanno promosso l’iniziativa. Milani, presentando Duccio Facchini e Luciano Gualzetti - direttore della Caritas Ambrosiana - ha sottolineato l'importanza di rimanere informati e coscienti rispetto a quello che sta succedendo in questi mesi e soprattutto relativamente alle politiche migratorie del governo.
Patrizia Milani, Anpi Lecco
Facchini ha aperto il suo discorso presentando una serie di dati, innanzitutto quelli tratti da uno studio dell'istituto Cattaneo dell'agosto 2018 che mostrano come l'Italia sia il Paese peggiore all'interno dell’Unione europea in termini di percezione della presenza di immigrati non comunitari sul suolo italiano: a fronte del 7/8% di immigrati effettivamente presenti gli intervistati italiani ne percepiscono più del triplo, ovvero il 25%; una percezione distorta, dovuta in gran parte al bombardamento mediatico a cui stiamo assistendo negli ultimi tempi. Nella sua esposizione Facchini ha smontato una serie di luoghi comuni presenti all'interno dell'opinione pubblica che certa politica sfrutta per raccogliere consensi elettorali. “A fronte di una retorica di governo diffusa in Italia e in parte anche in Europa per cui i migranti sono africani e pedine del piano Kalergi – un programma di presunta incentivazione dell'immigrazione africana e asiatica verso l'Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni (bianche e cristiane) – su 7,5 miliardi della popolazione mondiale i migranti internazionali sono 260 milioni circa e di questi, gli africani sono meno del 15%; inoltre, per quanto riguarda le tratte migratorie più battute dal 2000 al 2017 troviamo ondate dal Messico agli USA, dall'India agli Emirati Arabi Uniti e dalla Siria alla Turchia: l'Europa che sembra essere vittima di un'invasione di massa o di una sostituzione etnica, invece, non compare in questa classifica.” Per quanto riguarda i migranti forzati essi sono 70 milioni nel mondo, dei quali 25,4 sono rifugiati, 40 milioni sono sfollati interni prodotti da terremoti, desertificazioni o calamità naturali in genere e “solo” tre milioni sono i richiedenti asilo. I principali Paesi da cui arrivano i rifugiati sono Siria, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar (non propriamente tutti africani) mentre i principali Paesi di accoglienza sono Turchia, Pakistan, Uganda, Libano, Iran e la Germania (non propriamente tutti europei). In merito al presunto rapporto tra terrorismo e immigrazione sbandierato anche dal Dl Salvini sulla sicurezza, i dati vengono nuovamente in nostro soccorso: “Nel 2016 i primi Paesi per il numero di morti per attentati terroristici sono Iraq, Afghanistan, Siria, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Turchia e Sud Sudan”; ancora una volta, non c'è traccia di Paesi europei. Il tasso di attentati che ha colpito l'Europa negli ultimi anni è incomparabile rispetto a quello degli attacchi terroristici diffusi nei paesi sopracitati.
Duccio Facchini, Altreconomia
Per quanto riguarda l'ingresso delle cosiddette persone “illegali” - terminologia che evoca drammaticamente i tempi bui dei totalitarismi di meno di cent'anni fa – tra 2014 e 2017 i numeri si aggirano intorno ai 2,8 milioni (dati Frontex), con un crollo di ingressi tra il 2015 e il 2016 per via dell’accordo - del valore di sei miliardi con Erdogan che blocca i siriani in Turchia. Smentendo la cantilena dell'”Italia lasciata sola dall'Europa”, nel 2015 il paese che ha “accolto” il maggior numero di migranti è stato la Grecia, mentre dal 2016 ha iniziato ed emergere la Spagna: a dimostrazione che la chiusura delle frontiere non blocca l'afflusso dei migranti ma ne cambia solo le tratte, che, generalmente, divengono più pericolose e aumentano il numero di morti. Un numero esorbitante, oltre 15mila persone accertate negli ultimi quattro anni e mezzo. Invece le richieste d’asilo presentate in Europa nel 2017 sono state 650mila: di cui il 30 per cento in Germania; mentre il Paese comunitario che sta portando avanti la linea più ostile in termini di accoglienza, l'Ungheria, ha ricevuto un totale di 3115 richieste nel 2017 mentre ad agosto 2018 il numero è sceso a 35. Non propriamente un'invasione. L’Italia ha ricevuto il 20 per cento delle domande da persone provenienti per lo più da Nigeria, Bangladesh e Pakistan. Per sfatare ulteriormente il mito dell'invasione di massa che sta affliggendo l'Italia, Facchini ha mostrato i dati riguardanti il rapporto tra sbarchi e richieste d'asilo: per eritrei e siriani solo un quinto degli sbarcati in Italia presenta la domanda in Italia, perché il nostro Paese non è la meta del viaggio intrapreso da queste persone che, nella gran parte dei casi, cercano di ricongiungersi ad altri membri della loro famiglia stanziati in paesi del nord Europa.
Sull'andamento dei flussi molto ha influito l'introduzione del codice di condotta per le Ong, la creazione di un’area SAR libica e l'accordo tra governo di Roma e governo di Tripoli. Questi fattori hanno portato nel 2017 al crollo degli sbarchi, da 23mila a giugno a 11mila il mese dopo. Chi si occupa del soccorso sono ormai gli assetti libici. Del resto le Ong sono comparse nel Mediterraneo quando si è concluso “Mare nostrum” nel 2014 e nel 2017, per fare un esempio, le Ong hanno operato in meno della metà dei salvataggi e sempre sotto il coordinamento della Guarda costiera italiana che, insieme alla Marina militari, hanno salvato la maggior parte delle persone. Facchini ha poi ricordato che il lavoro delle Ong, i cosiddetti “vice-scafisti”, è un obbligo internazionale disciplinato da precise convenzioni che obbligano il comandante di una nave a prestare assistenza a prescindere dalla nazionalità, dallo status o dalle circostanze nelle quali” le persone in pericolo vengono trovate; trasportandole il prima possibile nel posto più vicino più sicuro: “una località in cui le operazioni di soccorso si considerano concluse e dove la sicurezza dei sopravvissuti non è più minacciata, le necessità umane primarie sono soddisfatte e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella loro destinazione vicina o finale”. Difficilmente potremmo considerare la Libia e i suoi lager a cielo aperto, un luogo propriamente “sicuro”. Concludendo il giornalista ha smontato l’equivalenza “meno sbarchi meno morti”: i dati dell’UNHCR dicono che nei primi mesi del 2017 su 2276 morti nel Mediterraneo centrale la percentuale era di un morto su 42 partiti; nel 2018 si riscontra un morto su 18, fino ad arrivare al settembre di quest'anno dove la proporzione diventa un morto su cinque.
Luciano Gualzetti, Caritas ambrosiana
A prendere la parola è stato poi Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana: “Il fenomeno migratorio nel Mediterraneo ha cominciato a bussare alla porta dal 2011 con l'avvento delle primavere arabe; l'Italia era assolutamente disorganizzata rispetto all’emergenza, oltre che, in particolare al nord, reticente all’accoglienza”. L'intervento della Caritas consiste nell'offerta di luoghi atti all'ospitalità diffusa, a discapito di centri grossi, in modo da favorire la gestione da parte dei volontari e la creazione di condizioni di inserimento accettabili, volte ad un'integrazione sociale. “Il tema di fondo - ha continuato Gualzetti – è in realtà il problema culturale che sta alla base di questa insofferenza: va riconsiderato quell'atteggiamento basato sul pensiero unico che consente di accettare posizioni di chiusura e non rispetto dei diritti; non sappiamo più nulla della nostra identità, di quello che vogliamo essere, in quale cultura vogliamo riconoscerci”. Ad intervenire nello spazio del dibattito è stato anche Roberto Castagna, operatore della cooperativa Arcobaleno: “Oltre alla criminalizzazione delle Ong vi è anche un processo di criminalizzazione di chi gestisce l’accoglienza. Per quanto ci riguarda abbiamo sempre cercato di lavorare sulla qualità dell'accoglienza mentre ora il problema posto dalle linee di governo non è più qualitativo ma quantitativo. Uno degli aspetti più critici del Dl Salvini riguarda il sistema Sprar: trasformato in un sistema che accoglie solo i titolari di permesso di soggiorno e nega agli altri la buona accoglienza, ovvero quella che si costruisce nei piccoli contesti, nelle comunità. Il fatto di cominciare a lavorare sull'integrazione solo dopo che si è deciso che il migrante ha la possibilità di rimanere sul suolo italiano ci fa perdere molte risorse, non ci fa considerare le persone dall'inizio come sono. Ci sono stati, negli anni scorsi nel lecchese, tentativi di trasformare i Cas in Sprar, ma il nuovo governo ha interrotto tutti i progetti di ampliamento dello Sprar del territorio nazionale.
Anna Airoldi