Olginate: ''crac'' della Colombo srl, in aula depone l'imputato e sfilano i testimoni

Il tribunale di Lecco
Ha proclamato la propria estraneità ai fatti, illustrando la delicata situazione famigliare e aziendale che stava vivendo in quei tempi. Si è difeso in questi termini rendendo spontanee dichiarazioni a termine dell'udienza di ieri mattina Enrico Colombo, accusato di bancarotta fraudolenta aggravata per il “crac” dell'azienda famigliare Colombo srl con sede in via Moronata ad Olginate. In particolare al centro delle accuse mosse dalla Procura di Lecco vi è un immobile attiguo all'azienda che sarebbe stato ceduto dalla Colombo srl alla Immobiladda sas - società riconducibile alla stessa famigli a- poco prima del fallimento. Il 18 ottobre del 2017, al cospetto del giudice per le udienze preliminari Paolo Salvatore, avevano definito la loro posizione gli altri famigliari dell'odierno imputato, accusati per il medesimo capo d'imputazione, in relazione alla posizione che ricoprivano nell'ambito delle due aziende. Da una parte vi erano per la Colombo srl Enrico Colombo e la sorella Stefania - che ha patteggiato ad un anno e nove mesi di reclusione davanti al GUP - e dall'altra i genitori dei due, rispettivamente soci accomandatari della Immobiladda Pietro Colombo e Giuseppina Formenti, condannati in abbreviato rispettivamente a due anni e due mesi di reclusione e un anno, sei mesi e venti giorni di reclusione.
Al cospetto del collegio giudicante presieduto dal dottor Enrico Manzi, dott.sse Maria Chiara Arrighi e Martina Beggio a latere, si è proceduto quindi ad analizzare ieri mattina la vicenda che ruota attorno all'immobile “contestato”, grazie all'audizione di diversi testimoni che sono sfilati in aula illustrando al Tribunale lecchese la vicenda delle due società. In particolare il dott. Cesare D'Attilio, curatore fallimentare della Colombo srl chiamato a testimoniare dal PM Andrea Figoni, ha spiegato che la società - che in quel tempo non versava in ottime condizioni economiche - per recuperare liquidità ha deciso di vendere - tramite il cda riunitosi il 30 marzo del 2010 - l'immobile in cui svolgeva la sua attività per 2 milioni e 200 mila euro alla Immobiladda sas, di proprietà della stessa famiglia. Contestualmente al rogito - effettuato l'8 aprile del 2010 - la Colombo srl stipulava con la società a cui stava vendendo i locali un contratto di locazione per 168 mila euro annui per sei anni, sempre pagati con puntualità alla Immobiladda. Circa un mese dopo, il 15 maggio dello stesso anno, la società venditrice vede finalmente incassarsi il ricavato dell'operazione, pagato tuttavia solo per metà. “E qui evidenziamo una delle tante stranezze dell'operazione” ha affermato il curatore fallimentare in udienza, “perchè la Colombo non ha costituito ipoteca a suo favore? La Colombo si è trovata ad avere un credito nei confronti della Immobiladda pari ad un milione di euro e più; già in partenza non poteva non sapere che anche la compratrice navigava in acque finanziarie non buone e che l'operazione non sarebbe andata a buon fine. Tant'è che il restante milione e 200 mila euro di vendita non è mai stato riscosso”. Solo dopo l'intervento del collegio sindacale della Colombo la società a febbraio 2013 ha firmato la risoluzione consensuale del contratto di locazione.
Anche il consulente del pubblico ministero, il dott. Mario Motta, ha affermato che l'operazione effettuata dalle due società non avrebbe prodotto utili né per l'una né per l'altra, anzi ha solamente creato danni alla procedura di fallimento della Colombo. Il teste ha anche sottolineato al collegio altre stranezze: la rata non pagata al rogito ma circa un mese dopo il passaggio di proprietà, la rischiosità del credito contratto per via della mancata costituzione dell'ipoteca e la mancanza nel bilancio societario della presenza di un credito nei confronti della Immobiladda.
Successivamente è intervenuto anche il maresciallo della guardia di finanza di Lecco Gerardo Fischetti che a dicembre del 2016 si è recato presso la sede di Immobiladda con un mandato di perquisizione di tutta la documentazione contabile della società, consegnategli da Stefania Colombo. In particolare il maresciallo ha evidenziato come le sedi delle due aziende risultassero attigue - una domiciliata al numero 20 di via Moronata e l'altra al civico 22 - e anche la commistione della documentazione delle due, perché legate alla stessa famiglia. La difesa dell'imputato ha poi chiamato a testimoniare due membri del collegio sindacale della Colombo ma i due - il dott. Nicola Giordano e il dott. Ivan Micheli - non ricordavano nulla sulle domande proposte dalle parti; solo il dott. Giordano ha rivelato che la Immobiladda avrebbe pagato l'acquisto dell'immobile parzialmente con i ricavi della presunta vendita di un terreno e parzialmente con la costituzione di un mutuo.
Sul finire dell'udienza è intervenuta anche Stefania Colombo, chiamata a testimoniare dalla difesa dell'imputato, assistita dall'avvocato Marco Sangalli. “L'intera operazione è stata valutata con il commercialista e con i sindaci” ha affermato la teste, sorella dell'imputato e amministratrice unica della Colombo srl, “l'idea era di acquistare l'immobile con un mutuo che coprisse tutto l'importo prestabilito ma a tre giorni dal rogito la banca ci ha comunicato che ce l'avrebbe erogato solo per metà. All'epoca non dissi nulla a mio fratello perché voleva dimettersi e aveva già espresso la sua contrarietà all'operazione. Le sue dimissioni formali arrivarono però dopo la vicenda, il 30 aprile del 2010”.
A precisare maggiormente la situazione famigliare e aziendale poi ci ha pensato l'imputato, rendendo spontanee dichiarazioni al collegio: “i fatti che mi hanno portato qui hanno devastato 4/5 famiglie” ha così cominciato Enrico Colombo, “e ricordare quei momenti per me è abbastanza drammatico. A Natale del 2009 manifesto alla mia famiglia, con cui i rapporti erano ormai già compromessi, la mia volontà di uscire dalle aziende. Dovete sapere che nel 2006 mi sono trovato membro del cda di Niscar - concessionario auto di proprietà della famiglia, ndr -, di Colombo e di Immobiladda solo perchè gli altri non si sono voluti assumere le loro responsabilità. Fidandomi della gestione tecnico finanziaria, ho notato che il lavoro non bastava fino alla metà del 2009: avevo un aumento del fatturato e della produzione ma i fondi per pagare i fornitori diminuivano. Così ho deciso di dimettermi: il 30 marzo del 2010 il primo punto dell'ordine del giorno del consiglio di amministrazione doveva riguardare le mie dimissioni ma non è stato discusso perchè avevo chiesto lo sganciamento delle mie fideiussioni, che ammontavano a circa un milione e mezzo. Io dal 15 gennaio al 30 marzo di quell'anno non sono mai entrato in azienda, ho saputo tutto quando ho ricevuto l'avviso di garanzia”.
Il processo è stato rinviato per le discussioni delle parti ed eventuale decisione al prossimo 14 marzo.
Beatrice Frigerio
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