Cortenova: infurtunio mortale in azienda, chiesta la condanna del responsabile di produzione

Il tribunale di Lecco
Il pubblico ministero Silvia Zannini ne ha chiesto la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione, con il riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenendo provata la penale responsabilità di Paolo Marchionni in ordine all'infortunio che due anni fa esatti o quasi, era costato la vita a Marian Marinescu, il 48enne di origine romena residente a Lecco, operaio presso la Forge Nicromo Spa di Bindo, a Cortenova. Troppo gravi i traumi riportati dal lavoratore che, rimasto schiacciato all'interno di un laminatoio, morì praticamente sul colpo.
Se il legale rappresentante dell'azienda con quartier generale a Monza, Antonio Sala, aveva già patteggiato la pena lo scorso maggio al cospetto del giudice per le udienze preliminari Massimo Mercaldo, il responsabile della produzione presso il sito valsassinese -  Marchionni appunto - ha preferito affrontare il dibattimento, assistito di fiducia dall'avvocato Alessandra Carsana.
L'istruttoria si è chiusa stamani nell'aula del presidente della sezione penale Enrico Manzi, alla presenza del PM Zannini, titolare del fascicolo d'indagine, con l'escussione di Sala. A quest'ultimo sono state poste una serie di domande per meglio inquadrare i compiti e le responsabilità di Marchionni, ingegnere in forze da anni presso l'azienda di Cortenova, responsabile di produzione e preposto. Il teste ha spiegato che l'imputato rappresentava un punto di riferimento per i dipendenti del sito di Bindo, dove lavora tutt'oggi; proprio a Marchionni si rivolgono in caso di necessità relative anche all'utilizzo dei macchinari. A proposito del laminatoio dove si verificò l'infortunio mortale, Sala ha spiegato che si erano già manifestate delle criticità prima dell'incidente, segnalate dallo stesso imputato e causate da una valvola ritenuta difettosa. ''Io solitamente sto nella sede di Monza, a Cortenova vado soltanto di giovedì, ma con Marchionni avevo un rapporto quotidiano'' ha detto, specificando però che l'imputato non aveva alcun potere decisionale rispetto alla sicurezza dei macchinari. Nel caso specifico del laminatoio al quale stava lavorando Marinescu, il titolare della società ha riferito che la procedura di cambio stampi va effettuata alla presenza di almeno tre lavoratori. Nel corso dell'istruttoria tuttavia, è emerso che in quella circostanza il 48enne si trovò per alcuni istanti da solo nel locale sottostante il macchinario poichè i colleghi erano occupati nello svolgimento di altre mansioni. Un problema sorto nella chiusura della botola risultò fatale all'operaio, vittima di un grave trauma da schiacciamento che gli costò la vita.
Nella propria requisitoria, il pubblico ministero Silvia Zannini ha ripercorso la dinamica del sinistro sulla base anche degli accertamenti tecnici del personale di ATS e dei carabinieri, sostenendo come a suo avviso la carente manutenzione del macchinario avrebbe inciso su quanto accaduto quel maledetto 30 novembre 2016. I lavoratori avrebbero infatti segnalato le anomalie all'imputato che, in quanto preposto, rappresentava un punto di riferimento per l'azienda che si affidava alle sue valutazioni tecniche. Ritenendolo penalmente responsabile dell'infortunio, il PM ne ha chiesto la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione.
Si è invece battuta per l'assoluzione del proprio assistito l'avvocato Carsana che ha specificato in apertura del proprio intervento come i tre dipendenti - tra cui la vittima - che lavoravano sul macchinario dove si è verificato l'infortunio, fossero stati preparati e correttamente formati rispetto alle corrette procedure da attuare. Marchionni - a detta del difensore - avrebbe fatto presente ai vertici il problema della valvola ma gli era stato risposto di prestare attenzione durante la procedura di raffreddamento iniziale della stessa. ''Il preposto ha l'obbligo di vigilanza, ma non può essere una presenza fissa. In quel momento si era allontanato per pochi metri per svolgere altre mansioni'' ha puntualizzato l'avvocato Carsana, specificando che il suo assistito non era il responsabile della sicurezza (rspp) dell'azienda. Ha poi concluso l'intervento chiedendone l'assoluzione perchè il fatto non sussiste e in estremo subordine il minimo della pena e le attenuanti generiche. A discussione conclusa il giudice Manzi ha aggiornato l'udienza al prossimo 21 dicembre per le repliche e la sentenza finale.
G.C.
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