Galbiate: le medie raccontano la Shoah attraverso storie di vita, musica e riflessioni
“Quando qualcuno chiede a noi insegnanti perché sia importante parlare della Shoah ai ragazzi, ci possono essere delle risposte molto brevi: ad esempio, Primo Levi nei suoi libri scrive che i tedeschi dicevano ‘tanto nessuno vi crederà’, o ancora Goti Bauer – sopravvissuta al campo di Auschwitz – si chiedeva ‘cosa succederà quando sarà scomparso l’ultimo testimone?”.
Sono state queste alcune tra le domande che – attraverso la voce della professoressa Valeria Sellari – i ragazzi della scuola secondaria di Galbiate si sono posti (e hanno posto al pubblico di genitori ed insegnanti) durante la serata di venerdì 15, dedicata al tema della Memoria dei crimini dell’Olocausto. Nonostante siano stati costretti a posticiparla per includere tra i temi trattati la gita d’istruzione presso il campo di prigionia e concentramento di Fossoli, gli studenti delle medie hanno comunque deciso di non perdere l’occasione di promuovere memoria, consapevolezza e umanità attraverso quella che si è ormai trasformata in una tradizione per le classi terze del comprensivo.
“Intolleranza e pregiudizi sono elementi sui quali educare per combattere l’ignoranza” ha proseguito nella sua introduzione la professoressa Sellari, coordinatrice del progetto di “cittadinanza e costituzione” insieme alle docenti Elisabetta Spreafico, Patrizia Campagnoli e Paola Maggi.
La professoressa Valeria Sellari
“Certamente il rischio di banalizzare questi eventi c’è, ma il rischio di ignoranza è molto peggio. Di sicuro quello che è successo nei campi di concentramento ha cambiato la storia di tutto il mondo occidentale e il nostro modo di vedere, perché abbiamo assistito alla rappresentazione del male estremo e non possiamo ignorarlo”. A fare da sfondo all’appuntamento sono state così le decine di lavori creati personalmente dalle classi delle secondarie: cartelloni, composizioni realizzate a mano, suggestive scenografie e vere e proprie opere artistiche.
Tra queste, a spiccare è stata ad esempio la “scultura” a base di manichini e palloncini “sorridenti” realizzata da alcuni ragazzi che – per dare un tocco di originalità al progetto - hanno deciso di intervistare alcuni lecchesi per chiedere loro quanto conoscessero il tema della Shoah e delle leggi razziali: ciò che è emerso dalle interviste è che – sebbene la maggior parte delle persone si dimostrino ferrate sull’argomento – alcuni si sono rivelati ancora confusi circa la differenza con il tema le Foibe.
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Ad essere protagonisti delle “mini-interviste” ad opera dei ragazzi sono stati poi anche temi profondi come razzismo e libertà, affrontati dai giovani galbiatesi parlando con interlocutori di età, genere e etnia diverse: sono state le parole degli intervistati più anziani, a detta dei ragazzi, ad aver lasciato il segno più tangibile, nascondendo tra le righe il ricordo di una guerra che “i giovani non conoscono” ma che hanno il dovere di ricordare.
Ad intervallare le presentazioni dei ragazzi è altresì intervenuto il coro della scuola che, diretto dalla professoressa Cornelia Dell’Oro con il contributo del maestro di sassofono Davide Ambrosioni, ha trasposto su spartito le medesime emozioni suscitate dalle esposizioni snocciolate durante la manifestazione. “Parlare di Shoah ai ragazzi non è una semplice lezione sul razzismo o sui diritti umani, ma qualcosa di più – ha proseguito Sellari - e noi abbiamo il compito, come educatori, di non fermarci alla descrizione dei fatti ma comprenderne il significato senza elencare solo il numero delle vittime o la lista di eventi accaduti, ma comprendendo l’animo umano e capendo perché di fronte a dilemmi etici – come scegliere il bene, il male o l’indifferenza – certi uomini hanno compiuto quelle scelte”.
Proprio per riallacciarsi al fragile tema dell’umanità, ad animare la serata in salsa galbiatese sono state, così, non solo le descrizioni dei campi di sterminio, ma anche le diverse e drammatiche storie di donne, uomini, bambini e ragazzi che trasformano delle semplici cifre presenti sui libri di storia in vere e proprie testimonianze. Un ruolo, quello dei giovani, che deve essere non solo rivolto verso il passato, ma anche e soprattutto proiettato verso un futuro in cui i crimini dell’Olocausto sono stati sostituiti dal razzismo, dalla violenza, dalla discriminazione e dal bullismo.
F.A.