Lecco: 'trasferì' la figlia all'estero contro le disposizioni dei giudici, mamma a giudizio

Il Tribunale di Lecco
La donna di origini ungheresi - dopo la separazione dal marito – 3 anni fa avrebbe portato con sè, nel proprio Paese natio, la bambina, cui era stata diagnosticata una non lieve forma di autismo. Questo perchè a suo dire, lì avrebbe ottenuto le cure mediche necessarie.
A nulla sarebbe servito il divieto disposto in sede di separazione dal Tribunale di Lecco di far uscire la piccola dalla Lombardia: l’impuata, il 1° febbraio 2016 aveva inviato una mail ai servizi sociali che avevano in carico la bambina, annunciando che lei e la figlia non si trovavano più sul suolo Italiano e che avrebbe provveduto lei stessa ad auto-denunciarsi alle autorità competenti per aver disatteso le prescrizioni del giudice.
"La mia ex moglie aveva una completa sfiducia nei confronti del sistema sanitario italiano" ha raccontato questa mattina il padre della ragazzina al giudice Maria Chiara Arrighi. "Secondo lei erano tutti degli incompetenti".
Dopo due anni senza più avere notizie della figlia, finalmente nel 2018 l’uomo aveva ricevuto una lettera che suonava più come una richiesta d'aiuto: "mi chiedeva di andarla a prendere perchè non ce la faceva più a stare in Ungheria".
Ora la ragazza vive con il padre a Milano e segue un percorso terapeutico adatto alle sue necessità.
Fra i diversi testimoni che hanno risposto quest‘oggi alle domande del Vice Procuratore Onorario Caterina Scarselli, tutti hanno potuto attestare l'avversione della donna ungherese per le diverse terapie proposte alla bambina in Italia. Per prima l'assistente sociale presso il Servizio Tutela minori e legami familiari del Comune di Lecco Alessia Corti, che ha raccontato come la donna si fosse più volte opposta a tutte le cure farmacologiche e psicologiche intraprese dalla struttura per il benessere della minore, senza però mai proporre percorsi o specialisti alternativi.
Un particolare questo che è stato ricordato anche da Amalia Bonfanti, presidente dell'Associazione "L'altra metà del cielo" di Merate, che nel 2015 aveva ospitato presso la propria casa di seconda accoglienza l‘ungherese e la figlia: "Non si fidava del servizi sanitari italiani, secondo lei non avevano sufficienti capacità di diagnosi".
L'11 ottobre - data in cui il giudice Arrighi ha fissato la prossima udienza – si vedranno sfilare ancora alcuni dei molti testimoni citati dalla difesa della donna, l'avvocato Colzani Edoardo.
F.F.