Esino, un lettore: la storia dei ravioli, di 2 chiese e tanta povertà

Riceviamo e pubblichiamo

Il 17 gennaio, Esino si riempie di persone che vengono a degustare i ravioli di S. Antonio. .  Nel sito www.yoko-asdhes.splinder.com (un blog di due ragazze) ho trovato la seguente frase:
"Dio sono piena come un uovo! Oggi (17 gennaio) siamo andati a mangiare i ravioli di San Antonio a Esino.”

Ecco la loro storia
Quando S. Carlo Borromeo ( cardinale della Diocesi di Milano) visitò Esino nel 1565 le due chiesette di Esino Superiore e quella di Esiono Inferiore  erano cadenti e mal messe. Diede l'ordine  di rifarle. Iniziò allora una gara tra i due gruppi di abitanti. Mentre che per la chiesetta di S. Giovanni (E. Inferiore) non si sopraelevarono che le fondamenta già esistenti, per quello di S. Antonio la restaurazione fu fatta  con intendimenti vasti: furono fatte fondamenta nuove e più ampie cosicché ne risultò una Chiesa migliore di molte parrocchiali.
Nel 1611 la chiesetta di S. Giovanni fu terminata, mentre la chiesetta di S. Antonio fu terminata nel 1628.
Per festeggiare l’ultimazione della chiesetta il 17 gennaio, S. Antonio, gli abitanti di E. Superiore, pur avendo “perso” la gara, invitarono un loro compaesano, un certo Antonio Bertarini  (probabile avo dei grandi pastai Italiani  nella zona di Cremona) che era emigrato  in Emilia di professione pastaio. Questi venne a Esino con una bottiglia di anice e una scatola di biscotti amaretti. Con gli ingredienti esistenti in quel periodo: latte, burro, pane, uova, farina bianca, salvia, impasto delle salsicce, anice e biscotti amaretti, fece dei ravioli, e come si usava allora tra le popolazioni povere, con la pasta spessa e poco ripieno.
Al loro consumo gli abitanti di E. Superiore  invitarono anche gli abitanti di E. Inferiore. Oggi la tradizione si è allargata e gli invitati provengono da tutta Italia.
Solo dopo il 1850, con l’introduzione nella nostra provincia delle patate per merito dello scienziato A. Volta, la pasta di farina del raviolo originale divenne, per una questione economica e riempitiva a base di patate. Per cui  la sfoglia fatta principalmente di patate non sono gli originali ravioli fatto la prima volta nel 1628, ma un adattamento ai prodotti locali più economici.
Mia nonna mi raccontava  che prima che andasse in Argentina (1916) erano solo le famiglie più povere che aggiungevano le patate alla farina dell’impasto, ma quando è ritornata nel 1924, tutti facevano questi ravioli. Potenza della miseria anche provocata dalla prima guerra mondiale.
Durante la S. Messa vengono benedetti gli animali e da  qualche anno anche le automobili ed in ogni ristorante si possono degustare i ravioli di San Antonio.
Nel pomeriggio, in piazza San Antonio ci sarà l’asta dei prodotti locali.
G.Ferraroli
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