Lecco: 61 anni, sposato, il fisiatra Alberto Tritini sarà ordinato Diacono permanente. 'Mi metto a disposizione, in umilità'

Alberto Tritini
«A disposizione di Dio, come segno vivo per la città di Lecco». Alberto Tritini, classe 1959, medico fisiatra, sarà ordinato Diacono permanente nel pomeriggio di sabato 7 novembre con una cerimonia nella Basilica di san Nicolò. Una particolarità che già distingue il suo percorso rispetto a quello di tanti suoi predecessori che hanno ricevuto l’Ordinazione nel Duomo di Milano, come normalmente avviene.
«La Diocesi ha fatto questa scelta – spiega – perché quest’anno sono il solo ordinato: quando siamo partiti come “aspiranti” nel 2015 eravamo in sei, ma nel tempo i miei compagni hanno scelto strade differenti. Dal momento che sono l’unico, si è quindi pensato di dare questo segno forte, per sottolineare il legame del diacono con il suo territorio».
Mentre il sacerdote può condurre la sua missione in qualunque parte della diocesi, o ancor di più se missionario in qualunque parte del mondo, il diacono permanente ha le sue radici lì dove abita, con il suo lavoro, le relazioni, la sua famiglia. La scelta di Alberto viene supportata sin da subito da sua moglie Laura, presenza discreta quanto fondamentale nel suo percorso di fede: «Tutta la nostra vita si inscrive nella Storia d’Amore del Signore per noi, che ci ha visti insieme, ci ha accompagnati e adesso ci chiama a questo servizio. Lei è stata con me sin dall’inizio, quando non pensando ancora al Diaconato ho voluto studiare Scienze Religiose e mi sono iscritto all’Università a Roma perché la frequenza era più compatibile con i miei orari».
Tritini consegue il Diploma di Magistero nel 2012, ma sente che non è finita ancora, che forse c’è di più. È in questo periodo che incontra padre Daniele Belussi, missionario del Pime e prima grande figura di riferimento per la sua vocazione, con il quale avvia un percorso di discernimento. Si susseguono gli incontri, di settimana in settimana, fino alla scelta: intraprendere la strada religiosa. «La vocazione matrimoniale non viene esclusa da questo percorso – sottolinea ancora Alberto – anzi! La tutela del diaconato passa dalla tutela della coppia e della famiglia, del lavoro e anche di se stessi. Se così non fosse non sarebbe segno del Signore. È una messa a disposizione in umiltà, senza deliri di onnipotenza, secondo le possibilità, il carisma e gli impegni di ognuno».
Così nel 2015 inizia un percorso quinquennale di incontri discrezionali in seminario, uno al mese, a Venegono o Seveso, accompagnato dall’équipe formativa di don Giuseppe Como del seminario di Milano. «Dal 2018 ho poi cominciato a frequentare la chiesa di San Giovanni, perché lì c’era necessità della mia presenza, pur non essendo io parrocchiano. Il sacerdote, don Claudio Maggioni, all’epoca era solo e aveva una Comunità pastorale di tre parrocchie da seguire. Gli ultimi due anni della mia formazione, quelli “pratici” li ho passati qui, dove sono stato accolto a braccia aperte e dove ho incontrato la figura del beato don Luigi Monza, che qui è stato parroco, e che insieme alla Madonna ho sentito molto vicino nel mio cammino».
A San Giovanni Alberto aspetta con un po’ di «trepidazione» la data fatidica, prestandosi come lettore, come volontario per gestire gli ingressi in chiesa durante le funzioni, o per le attività pastorali. Con il diaconato potrà celebrare anche Battesimi e Matrimoni, distribuire la Comunione, leggere e commentare il Vangelo durante le Messe.
«Sono attività liturgiche che fanno parte dei nostri compiti – conclude Alberto - La figura diaconale è una figura giovane se pur antica ed è sempre un po’ alla ricerca di una definizione di ruolo. Però il nostro carisma principale resta quello del servizio. Non so ancora a quale compito sarò chiamato: il diaconato è sempre un percorso da costruire. So che avrò anche un incarico sovra-parrocchiale, di cui riceverò conferma ufficiale con l’Ordinazione».
L’appuntamento è quindi per sabato 7 novembre in Basilica, alle 17.
Annalisa Infante
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