Mandello, Gilardoni Raggi X: tutti assolti ''perchè il fatto non sussiste'' gli imputati per i presunti maltrattamenti in azienda
L'azienda di Mandello
Il verdetto è stato pronunciato nel tardo pomeriggio dal giudice monocratico Martina Beggio, titolare dello spinoso fascicolo incardinato dal sostituto procuratore Silvia Zannini sulla base delle risultanze investigative raccolta dalla Squadra Mobile della Questura di Lecco, dall'ATS Brianza e dall'Ispettorato del lavoro, ciascuno per le proprie competenze. Al centro dell'attenzione, nello specifico, i presunti maltrattamenti e le supposte lesioni patite da una parte dei dipendenti.
Imputato principale - dopo l'uscita di scena della Presidente Maria Cristina Gilardoni, giudicata non in grado di stare in giudizio stante le sue condizioni di salute, l'ingegner Roberto Redaelli, al tempo responsabile del personale. Per lui la pubblica accusa aveva chiesto una condanna onnicomprensiva a 3 anni e mezzo di reclusione, oggi ribaltata, con una sentenza di assoluzione nei confronti del professionista con casa a Pescate, dove siede anche in consiglio comunale, presente personalmente, udienza dopo udienza, durante tutta l'istruttoria apertasi dopo il rinvio a giudizio decretato l'11 ottobre di tre anni fa. Assolti, come da richiesta della Procura, anche Andrea Paolo Federico Ascani Orsini, classe 1963, socio di minoranza dell'impresa e figlio di Annapiera Gilardoni sorella di Maria Cristina nonché il camice bianco Maria Papagianni, per un breve lasso di tempo medico del lavoro per l'azienda mandellese. Entrambi a diverso titolo erano tacciati di una sorta di "colpa in vigilando" rispetto alle presunte lesione patite dalle maestranze, con una ventina di lavoratori e ex dipendenti costituiti parte civile in forma individuale o per il tramite delle organizzazioni sindacali con la CGIL rappresentata dall'avvocato Grazia Corti e la CISL dallo studio Pelizzari e Carsana con l'avvocato Alessandra Maggi.

Roberto Redaelli
Quella di quest'oggi è stata interamente dedicata all'arringa della difesa Redaelli con l'avvocato Emanuele Maschi chiamato a ripercorrere nel dettaglio l'intera vicenda riletta con gli occhi dell'Ingegnere - "tutto un altro film" secondo un commento espresso in Aula dal legale di una delle parti civili - lasciando poi all'avvocato Carlo Melzi d'Eril, che ha seguito il processo attraverso le carte, la chiosa in punto di diritto. Chiara la linea scelta, con le eventuali colpe scaricate in toto su Maria Cristina Gilardoni descritta quale "vera protagonista assoluta di questa vicenda, nel bene e nel male" nell'ampia premessa basata su tre caratteristiche peculiari della Gilardoni Raggi X al tempo dei fatti in esame ovvero l'organizzazione aziendale "esasperatamente verticistica", la figura stessa della Presidente il cui carattere sarebbe poi peggiorato negli anni e il suo rapporto con il figlio Marco Taccani Gilardoni, soggetto che poi l'ha sostituita alla testa dell'impresa dopo la "destituzione" imposta dal Tribunale nel 2017 su istanza del socio di minoranza Ascani Orsini. Un ambiente precostituito, quello descritto dalla difesa, al quale l'Ingegner Redaelli si affaccia nel 2005 quale impiegato di quarto livello arrivando poi nel 2008 a essere promosso a capo del personale, fino a diventare quadro nel luglio 2015, senza mai ricoprire dunque ruoli dirigenziali ma facendo celermente carriera, "altro fattore che ha suscitato poca simpatia se non antipatie" insieme all'essere stato incaricato a stretto giro rispetto all'assunzione - ha ricordato l'avvocato Maschi - del controllo dei tempi di lavorazione scoprendo alcune dilatazioni anomale che lo avrebbero reso da subito inviso alle maestranze.
In questo contesto Redaelli non sarebbe stato - come ritenuto dalla pubblica accusa - il braccio destro della padrona, bensì uno dei suoi sottoposti, ligio al dovere e oggetto anch'egli di rimproveri "coloriti".
"Il 95% delle persone sentite non ha subito insulti da lui" ha sottolineato l'avvocato Maschi, citando anche eccezioni bollate come "pochissime e episodiche". Un quadro ben distante da quello descritto dalla Procura "in uno scollamento tra la realtà dei fatti e le imputazioni".
Scollamento evidentemente ravvisato anche dal giudice.
A.M.