Stralcio lecchese della corposa inchiesta sulle protesi: medico a giudizio per...250€

A processo per corruzione per... ipotizzati 250 euro. Questa “spannometricamente” la cifra che - secondo le risultanze delle indagini condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano - la dottoressa Olga Fraschini, medico di base a Lecco, avrebbe intascato per indirizzare alcuni pazienti - presumibilmente solo 4 o 5 - presso lo studio professionale di altro collega divenuto a sua volta - sempre secondo la tesi accusatoria - procacciatore di "materiale umano" da valutare - per il tramite di altro specialista mandato apposta in città -  per l'eventuale invio presso cliniche ortopediche legate al gruppo del Policlinico di Monza. Lì venivano impiantate, da ortopedici appositamente "remunerati" per scegliere quegli specifici dispositivi, le protesi commercializzate dalla società per cui lavorava Marco Camnasio, ritenuto dagli inquirenti il dominus di tale sistema malato, pronto a sborsare denaro contante o a offrire "vantaggi" quali partecipazioni a convegni o viaggi, per veder incrementato il proprio business.
"Disturbo"
- dal termine usato in gergo per indicare l'utilità - il nome dell'inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza che nel settembre 2017 ha fatto scattare 21 misure di custodia cautelare. Una delle quali, per l'appunto, a carico della dottoressa Fraschini, medico di famiglia, specializzata altresì in Urologia, Andrologia e Medicina Estetica Anti-Age. La sua posizione, stralciata per competenza territoriale rispetto al grosso del fascicolo, è ora all'attenzione del collegio giudicante del Tribunale di Lecco (presidente Enrico Manzi, a latere le colleghe Nora Lisa Passoni e Martina Beggio).
Ha già patteggiato, invece, l'altro lariano coinvolto, il dottor Davide Cantù, odontoiatra che avrebbe fatto da cinghia di trasmissione tra la collega e Camnasio.
Nel concreto, ritengono gli inquirenti, come inquadrato in Aula dal luogotenente Ivan Carmeli, primo ad essere escusso in apertura d'istruttoria, la dottoressa - su segnalazione di Cantù - sarebbe stata contattata dal rappresentante della casa produttrice di protesi per mettere a disposizione il proprio ambulatorio all'ortopedica Paola Danasini (mai indagata, oggi sentita come teste), collaboratrice del medico che poi alla Clinica San Gaudenzio si sarebbe fatto carico degli impianti (previo compenso extra, secondo l'impianto accusatorio). Per ragioni pratiche - condividendo lo studio con altri - da quanto si evince dalla intercettazioni telefoniche poste a base dell'indagine - il camice bianco lecchese concretamente non avrebbe fatto visitare la Danasini nei propri locali, indirizzando però alcuni suoi pazienti alla specialista per una valutazione presso la sede del collega Cantù. E proprio a quest'ultimo l'ortopedica ha quest'oggi ammesso di aver lasciato 20 euro ogni 100 chiesti per la propria prestazione, a titolo di rimborso. Nulla, invece, lei stessa avrebbe mai corrisposto alla Fraschini per l'invio di soggetti da visitare, sottolineando come da Lecco - piazza poco remunerativa - nessuno dei segnalati sia stato poi ritenuto necessitante di un intervento, tanto più di protesi. A "sistemarsi" con la Fraschini, secondo gli inquirenti, sarebbe stato direttamente Camnasio. Ciò emergerebbe sempre dalla chiamate "captate" durante i mesi d'indagine. Di nessuna - eventuale - dazione vi sarebbe però altra prova, se non per il riferito di altri coinvolti, come ha fatto sottolineare l'avvocato Redentore Bronzino, legale dell'imputata, tanto al luogotenente tanto al maresciallo Valentina Esposito, seconda ad accomodarsi al microfono, seguita poi - come detto - dalla dottoressa Danesini. Si tornerà in Aula il prossimo 6 maggio per l'escussione del dottor Cantù e di Camnasio, citati dalla pubblica accusa rappresentata dal sostituto procuratore Paolo Del Grosso. In quell'occasione anche la dottoressa Fraschini avrà modo di raccontare la propria verità.
A.M.
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