Valmadrera: concerto, film e testimonianza di un istriano per la 'Giornata del Ricordo'

Una serata per riflettere sul dramma, per molto tempo controverso, dell'esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati e delle vittime delle foibe.

Il coro voci bianche di San Pietro di Civate. La prima da sinistra Ramona Acquistapace, mentre al centro Roberto Stanzione regge il tricolore italiano che ha sempre portato con sè

La Giornata del Ricordo, che ricorre il 10 febbraio, è stata istituita con la legge n.92 del 30 marzo 2004 per onorare questo triste avvenimento delle pagine di storia italiana. A Valmadrera, per questa ricorrenza, è stata promossa una serata in collaborazione con l'assessorato alla cultura del Comune di Civate (dove venerdì 30 gennaio si è celebrata la giornata della Memoria).
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"Con gli occhi nelle pieghe del dolore" si è tenuto, venerdì 6 febbraio, presso l'Auditorium del centro culturale Fatebenefratelli. Alla celebrazione hanno preso parte i sindaci dei due paesi, Donatella Crippa per Valmadrera e Baldassarre Mauri per Civate e i rispettivi assessori alla cultura, Raffaella Brioni e Angelo Isella.

Autorità civili di Civate e Valmadrera insieme ai coniugi Stanzione e a Ramona Acquistapace del coro voci bianche di San Pietro di Civate

Il momento di riflessione è stato introdotto dal coro voci bianche di San Pietro al Monte (composto da circa 17 elementi dalla prima elementare alla terza media) che, sotto la guida di Ramona Acquistapace, ha proposto una serie di brani tratti dalla tradizione istriana e invocanti la pace.
Al termine è seguita la proiezione del film "La città dolente" di Mario Bonnard, una pellicola realizzata nel 1948 - quasi in concomitanza con i fatti storici - che narra il dramma dell'esodo degli italiani dell'Istria, in particolare di Pola, dopo che, al termine del conflitto mondiale, il trattato di pace di Parigi tra l'Italia e le potenze vincitrici aveva decretato la cessione dell'Istria e di parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia.

Il film racconta la storia di Berto, un operaio che, convinto da un amico, decide di restare a Pola, attirato dalla prospettiva di diventare padrone dell'officina dove lavorava. Grazie a una funzionaria del partito comunista, l'operaio riesce a far partire la moglie e il bambino che ha bisogno di cure, mentre i suoi macchinari vengono confiscati dal governo. Disilluso e amareggiato, diventa l'amante della commissaria Lubitza. Tuttavia, dopo aver espresso il suo dissenso verso il nuovo sistema, viene inviato nel campo di concentramento con lo scopo di essere 'rieducato'. Grazie all'aiuto dell'amico, che verrà poi fucilato, riesce a fuggire e, dopo un lungo inseguimento, raggiunge la costa. Trovata una barca, cerca di raggiungere l'Italia, ma la sua vita finisce in mezzo al mare, prima che possa ricongiungersi all'amata.

'Una spina nel cuore chiamata foiba' a cura del gruppo giovani dell'Unione degli Istriani

 

L'allontanamento dalla propria abitazione, il cambiamento dello stile di vita, dell'idioma linguistico, della bandiera sono gli elementi che più hanno caratterizzato quel periodo storico nelle regioni italiane dell'ovest. Un cambiamento non desiderato, che ha però lasciato una profonda ferita nei cuori e nelle menti di chi ha vissuto in prima persona il dramma dell'esodo. Come nel caso di Roberto Stanzione, cittadino residente a Valmadrera sin dalla gioventù. Era il 1952 e Roberto, oggi arzillo 85enne, aveva 22 anni quando ha vissuto sulla propria pelle il momento "di dover lasciare ad altri quello che si era costruito e che era parte di sé".

Alcune immagini tratte dal film 'La città dolente' di Mario Bonnard

Ed è stata molto toccante la sua testimonianza venerdì sera quando ha raccontato il difficile cambiamento di nazionalità e della lingua: "Italiano sporco ci dicevano quando non capivamo". 
Le persone che avevano deciso di andarsene si portavano via ogni cosa: dal secchio per la fontana ai vari attrezzi tipici dell'artigianato classico. "Noi siamo venuti in Italia pensando di continuare a vivere, invece ci hanno messi in caserme buie abbandonandoci a noi stessi. Ci davano 100 lire al giorno ed è stato un periodo molto duro, di miseria". Roberto Stanzione ha poi raccontato con estremo vigore anche delle offese ricevute dagli istriani una volta giunti in Italia. "Qui ho cercato di inserirmi e di far capire che, se anche venivamo da Oriente, non eravamo 'zingari': avevamo la nostra cultura e il nostri ideale che ci vedeva uniti davanti la tricolore".

Da destra l'esule istriano Roberto Stanzione e gli assessori alla cultura di Valmadrera e Civate, Raffaella Brioni e Angelo Isella

Roberto Stanzione consegna ai sindaci di Valmadrera e Civate un'immagine a ricordo degli esuli dalmati-istriani

Al termine della sua breve riflessione, l'istriano ha consegnato ai rispettivi sindaci di Civate e Valmadrera un'immagine a ricordo degli esuli.
Michela Mauri
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