Parliamo del Magnodeno, monte da scoprire
“C’è voluto il dibattuto problema di ampliamento delle cave per scrivere e parlare del Magnodeno, il monte dimenticato del territorio lecchese, schiacciato dalla Grigna e dal Resegone”: così ci ha detto un nostro attento lettore.
Non sbaglia sicuramente, perché già nell’estate 1984, quindi oltre 35 anni or sono, un quotidiano scriveva: “La jella del Magnodeno è avere per fratello il gigante Resegone”. Nelle note dell’articolo si poneva in evidenza “Soffocato dalle vicinanze del famoso Resegone, si parla poco del monte Magnodeno, un fratellino piccolo di fronte al gigante noto per le sue guglie, il maestoso massiccio, i richiami letterari di scrittori e poeti. Eppure il verde Magnodeno ha il suo fascino, le sue passeggiate, i suoi fiori di primavera, le castagne d’autunno”.

Titolo dell'articolo pubblicato nel 1984
L’articolo citato ricordava poi che dal quartiere lecchese di Maggianico per raggiungere la vetta del Magnodeno sono necessarie due ore e mezza di buon cammino. E’ il tracciato che nel 1954 venne più volte percorso dai volontari che portarono sulla vetta (1241 metri) i tralicci per la nuova croce voluta dalla gente di Maggianico, con l’apporto del gruppo ANA Penne nere, del gruppo sportivo Colombo dell’oratorio, del GS Gattinoni, che aveva una squadra ciclistica con la maglia bianca ed azzurra, i colori del grande Fausto Coppi. Era stato costituito un apposito comitato con il colonnello Solofra, Camillo Polvara, Giuseppe Minonzio, Emilio Gamba, Rinaldo Perossi, il consigliere comunale Bonasio, Corti, Ghislanzoni, Mauri ed altri. La solenne inaugurazione avvenne il 5 settembre 1954, nel ricordo dei caduti e dei dispersi di tutte le guerre. La croce venne montata dai tecnici dell’impresa Briani, è alta 6 metri e 20, con il “braccio” di 4 metri e 10.

La croce sulla vetta del monte Magnodeno
Non mancano, ovviamente, amici del Magnodeno sia a Camposecco che sulla vetta del monte, presso un bivacco baitello realizzato intorno al 1975 dalle Penne nere, dove si può trovare un fuoco acceso nei giorni di freddo e di maltempo.

Amici di Maggianico presso il baitello vicino alla vetta
Ma la sorpresa maggiore del Magnodeno sono i segni “serenissimi” del leone alato sul confine di San Marco, con la Serenissima Repubblica di Venezia, la città sorta sulle acque, che proprio in questo 2020 festeggia i 1600 anni di una storia gloriosa. Da quel confine sul Magnodeno si delineava la linea degli avamposti con il ducato di Milano, nel periodo di splendore della Serenissima. I grossi cippi detti i “termina” sono ancora visibili dal Magnodeno al Resegone, entrando sul crinale valsassinese sino al Pizzo dei Tre Signori. Un vecchio confine che ha ricalcato la divisione fra le province di Bergamo e di Como, oggi fra Bergamo e Lecco.

Gruppo di escursionisti APE a Camposecco
Chi avrebbe detto tanta poesia e tante escursioni romantiche?
A.B.