Pescate: la storia di 'rinascita' dopo il trapianto di fegato di Silvia, che con la mamma Miriam invita a donare gli organi

"Rinascita". Difficile trovare un'altra parola con cui iniziare questa storia. La protagonista è Silvia Gilardi, 32enne pescatese "tornata alla vita" grazie a un trapianto di fegato, che nei giorni scorsi è risultata vincitrice di un concorso fotografico promosso sui social dalla Niguarda Transplant Foundation (NTF) per descrivere attraverso un'immagine la rinascita resa possibile dal dono degli organi: la sua scelta artistica è stata quella di "giocare" con la sua cicatrice sul ventre, unendone gli estremi con un filo nero, un cuore rosso e un simpatico "smile".

Silvia Gilardi con mamma Miriam Lombardi nella sede dell'AIDO di Pescate

"Se l'equipe medica e infermieristica che mi ha curato ha quasi compiuto un miracolo, è stato soltanto grazie ai due "angeli" che nel corso della loro esistenza, in un gesto di altruismo e sensibilità, hanno acconsentito a offrire dopo la morte una parte di sè, per moltiplicare la vita": queste le parole con cui Silvia ha voluto coronare il suo intenso racconto, ripercorrendo le sue vicende insieme alla mamma Miriam Lombardi, già vice sindaco di Pescate e tuttora presidente dell'AIDO locale, un ruolo, quest'ultimo, che le ha dato la "spinta" necessaria a rendere nota questa storia a lieto fine.
"Tutto è iniziato tredici anni fa quando, dopo aver riscontrato alcuni gonfiori alle caviglie, mi è stata diagnosticata una cirrosi epatica del sistema immunitario. In un primo momento ho fatto riferimento all'Ospedale di Lecco, che poi mi ha dirottato al San Paolo di Milano dove mi è stata prescritta una cura per stabilizzare il decorso della malattia: fortunatamente sono sempre riuscita a condurre una vita normale, seppur intervallata da qualche ricovero e da alcuni lievi problemi di salute. È stato così a lungo, finchè le terapie a cui ormai ero abituata hanno cominciato a non essere più sufficienti".

La cartella clinica di Silvia dopo il ricovero per il trapianto

È l'inizio del 2020 e al quadro clinico di Silvia, per la prima volta, viene accostata una parola nuova: trapianto. "Allora ero seguita dal professor Massimo Zuin al San Paolo" ha proseguito la pescatese. "Dopo tutto l'iter necessario a marzo sono entrata in lista d'attesa, pensando di dover "resistere" circa un anno. La chiamata, invece, è arrivata in una notte di luglio: alle 7.00 del mattino ero al Niguarda di Milano, pur senza avere la totale certezza di poter entrare subito in sala operatoria, perchè sapevo che poteva capitare di essere rimandati a casa".
Il racconto prosegue, a questo punto, per bocca di mamma Miriam, rimasta al fianco della sua "bambina" in ogni momento, in un turbine di emozioni impossibile da descrivere a parole. "Il trapianto - con la parte di un fegato diviso tra Silvia e un altro piccolo paziente - è iniziato nella tarda serata del 29 luglio, per durare tutta la notte. Sembrava che fosse andato tutto bene, ma dopo qualche ora sono comparse delle trombosi all'arteria epatica. Il primo tentativo di un ripristino - già di per sè difficile - non ha funzionato, quindi i medici hanno cominciato a prospettare una seconda operazione. A quel punto, però, incombeva una domanda: con quale organo?".

Come da prassi in questi casi, dal Niguarda è stata quindi diramata un'allerta nazionale: per dare una speranza a Silvia serviva un fegato entro 36 ore. "È arrivato davvero last minute, e peraltro era del gruppo sanguigno B" ha proseguito Miriam Lombardi. "Sapevo che per mia figlia era necessario uno 0 positivo, ma l'equipe ospedaliera guidata dal professor Luciano De Carlis ha deciso di procedere comunque con un re-trapianto "contro gruppo" d'urgenza, anche perchè non si poteva più aspettare. Hanno avuto ragione, compiendo quello che ormai sembrava davvero un miracolo".
Rimasta in uno stato di sedazione dall'1 all'11 agosto, la 32enne pescatese ha iniziato ad essere cosciente intorno a Ferragosto, pur con tutte le incertezze del caso. "Naturalmente nessuno si sbilanciava, ma ero consapevole di non poter avere risposte chiare" ha aggiunto ancora la mamma, ricordando con un sorriso come ogni giorno ci fosse "una novità" nel già delicato quadro della ragazza, rimasta all'Ospedale Niguarda per ben 98 giorni di cui 42 in Rianimazione. Una volta dimessa, ha portato con sè a Pescate una cartella clinica... di 12 chili.

L'immagine con cui la pescatese ha vinto il concorso della Niguarda Transplant Foundation

"È stato davvero come tornare alla vita, ho dovuto re-imparare a mangiare, a camminare, praticamente a fare qualsiasi cosa: anche il rientro a casa non è stato facile, ma ora posso dire di avercela fatta" ha ricordato commossa Silvia, con un doveroso ringraziamento all'equipe di medici e infermieri che l'ha seguita con professionalità e umanità in tutto il suo lungo percorso di cura, ben rappresentato nella simbolica immagine creata per il concorso della NTF. "Abbiamo deciso di raccontare questa storia semplicemente per un motivo: trasmettere il messaggio - al centro dell'attività di AIDO - dell'importanza della donazione degli organi, un gesto di altruismo attraverso cui è davvero possibile moltiplicare la vita. Senza le due persone, purtroppo venute a mancare, che hanno acconsentito a offrire una parte di sè, io ora non sarei qui".
B.P.
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