Calolzio: auto presa a mazzate e pretese di denaro, De Pasquale di nuovo a processo

Il sostituto procuratore Andrea Figoni
Tutto è partito... dalla fine. Presentatosi in caserma per denunciare i danni intenzionalmente arrecati alla sua auto ha "aperto il vaso" circa comportamenti "anomali" tenuti anche in precedenza da colui il quale avrebbe preso a mazzate la vettura, trascinandolo così a giudizio con una serie di pesanti accuse, a cominciare dalla tentata estorsione, contestata - all'esito dell'udienza odierna - dal sostituto procuratore Andrea Figoni, rimaneggiando una delle articolazioni del capo d'incolpazione. Al banco degli imputati Peppino De Pasquale, calolziese, classe 1962, non nuovo alla cronaca giudiziaria. Tornato in libertà grazie all'indulto, l'uomo nel novembre del 2007 era stato raggiunto, insieme a 18 altri soggetti, da ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'inchiesta "Ferrus Equi" attraverso la quale la Guardia di Finanza aveva acceso un riflettore proprio sui supposti interessi illeciti della sua famiglia. Otto anni e quattro mesi la pena irrogata in primo grado a suo carico all'esito del processo celebrato con rito ordinario al cospetto del collegio giudicante presieduto dal dr. Ambrogio Ceron, alleggerita rispetto alla richiesta di condanna avanzata dal PM Luca Masini, convinto della sussistenza del vincolo associativo e dunque di una vera e propria "cosca De Pasquale".
I fatti oggetto del nuovo procedimento apertosi quest'oggi sono ambientati invece tra il 2017 e il 2019. E' il 10 marzo di due anni fa quando un uomo, classe 1984, quest'oggi escusso in Aula come testimone, si reca dei Carabinieri di Calolzio raccontando di aver raggiunto un amico a casa per poi, all'uscita, ritrovarsi con la macchina distrutta a colpi di martello dallo zio del conoscente che, alla richiesta di spiegazioni circa il perché di un gesto tanto violento e inaspettato, brandendo un coltello, lo avrebbe minacciato asserendo "ti apro come un capretto, dobbiamo sistemare dei conti", con riferimento ad un presunto prestito da 10.000 euro che l'uomo avrebbe in precedenza chiesto al giovanotto – disoccupato - senza ottenere però il denaro. "Tirato in ballo" - nella versione resa dalla persona offesa, non costituitasi parte civile - anche suo padre, ragione per la quale avrebbe optato per presentare denuncia. In caserma - come oggi in Aula - la narrazione però si allunga. Il querelante racconta infatti anche di ulteriori pretese di denaro, "sistematicamente" avanzate dal 2016 in poi. Piccole cifre, chieste da De Pasquale, a detta del 37enne, quale aiuto per le spese di casa e da lui corrisposte in amicizia, senza alcuna aspettativa circa la restituzione. Negati solo i 10.000 euro già citati e prima ancora altri 4.000 euro legati ad altra attività che avrebbe visto coinvolto l'imputato che - nel 2017 - avrebbe però messo in guardia il ragazzo con una frase del tipo "ricordati: io mi ricordo di chi mi aiuta ma anche di chi non mi aiuta", suonata poi - nel 2019, due anni dunque dopo - come una non velata minaccia alla luce delle mazzate ricevute dalla sua auto. E a risentire della collera di De Pasquale non sarebbe stata solo la Panda. L'uomo in altra occasione, a Olginate, avrebbe danneggiato una porta a casa dell'allora fidanzata del nipote, alla ricerca del congiunto, già scappato però al suo arrivo nell'abitazione. Su questa e altre circostanze, saranno sentiti i diretti interessati, convocati così come il maresciallo della stazione Carabinieri di Calolzio Fabio Marra e i testi residui per il prossimo 7 ottobre, quando verrà completata l'istruttoria a carico dell'imputato, già gravato da precedente specifico infraquinquennale, come evidenziato tanto dal PM nel risistemare il capo d'imputazione tanto dal collegio giudicante - presidente Enrico Manzi, a latere le colleghe Martina Beggio e Giulia Barazzetta - interessato a capire dal denunciante se sapesse dei "precedenti pesanti" in capo al suo interlocutore, quest'oggi presente personalmente in Aula al fianco dell'avvocato Simona Bove, suo legale d'ufficio. “Quando ho iniziato a frequentarlo era ai domiciliari, ma non so il perchè”, la risposta di chi si è ostinato a sostenere di aver dato dei soldi al calolziese non per paura, avvertendo però paura –  soprattutto per l'incolumità del padre – solo dopo aver visto i vetri della sua auto in frantumi. L'ultimo atto di una storia poi ricostruita a ritroso dagli inquirenti.
A.M.
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