SCAFFALE LECCHESE/184: la magia della ''Pesa Vegia''

La “Pesa Vegia” di Bellano è ancora oggi una delle feste popolari lecchesi più sentite. E conosciute. Con ciò che la notorietà si porta dietro: ressa turistica a scapito della genuinità. Con tutto che la “Pesa Vegia” sconta già un vizio d’origine, quello di essere un’autentica invenzione, alla stregua di una qualsiasi sagra da pro loco. La magia semmai sta nell’averlo fatto dimenticare. Così da essere vissuta come una festa che affonda le radici addirittura nel Seicento. 
A quell’epoca e forse più indietro ancora, in realtà, risale un’altra tradizione che è quella della cavalcata dei Re Magi con la quale la “Pesa Vegia” si intreccia in un viluppo quasi inestricabile.
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Ce lo racconta il libro “Pesa Vegia tra leggenda e realtà”. L’autore è quell’Antonio Rusconi che di Bellano è sindaco dal 2016. Ma è stato nel 2003 che Rusconi pubblicò la prima edizione proprio con il Comune. Senza interrompere le ricerche e la raccolta di documenti e testimonianze. Così, nel 2018, già alla guida del paese, decise di dare alle stampe una seconda edizione, questa volta per i tipi delle Grafiche Rusconi. «Ho sempre amato la Pesa Vegia fin da piccolo – spiega l’autore nell’introduzione – e, come tanti bellanesi attendo ogni anno con trepidazione questo giorno così diverso da tutti gli altri sul calendario».

Un’invenzione, dunque: «L’origine è un ricettacolo di informazioni contraddittorie, stravolgimenti storici ed interpretazioni favolose. Si contano almeno quattro versioni dell’origine della festa, ed anche quella che da moltissimi anni si pensava corretta è da considerarsi errata».
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Come si saprà, la “Pesa Vegia” rimanda a un provvedimento di cambio di pesi e misure al quale i bellanesi si sarebbero opposti, riuscendo a spuntarla e scongiurando così l’introduzione della “pesa noeuva”.

«La versione ufficiale – scrive Rusconi – fa risalire l’episodio al 1862, al tempo dell’unificazione del Regno d’Italia, quando per ordine del Re Vittorio Emanuele, tutte le unità di misura dovevano uniformarsi al sistema metrico decimale. Di questa ipotesi si ha notizia per la prima volta nel dicembre 1933, quando Carlo Maglia, maestro elementare di Gittana che soleva narrare questa storia ai propri alunni, scrive un articolo sulla manifestazione pubblicato sulla rivista “Nei paesi manzoniani”. La versione più mitizzata e favoleggiante, quella che vuole la nascita della Pesa Vegia nel 1666 (o 1670) si deve invece al comitato che nel secondo dopoguerra portò avanti l’organizzazione della festa, benché di tale versione si trovino tracce già nel 1934, Ricercando tra gli articoli pubblicati nel primo novecento entrano in gioco altre due ipotesi, focalizzate però sul cambio di valuta anziché di pesi: la prima riguarda una questione nata all’inizio del 1800 sull’unificazione del valore della liretta nel territorio di Milano, l’altra si basa su una controversia tra i Comuni di Bellano e Rezzonico per parificare la valuta nei loro scambi commerciali».
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Rusconi passa in rassegna i vari articoli di stampa con i quali nel corso del tempo ha preso corpo la tradizione a dispetto di improbabili riferimenti storici. Sui quali l’autore si sofferma, analizzando vari documenti ed evidenziando incongruità e anacronismi. Per esempio, la favoleggiata processione degli Umiliati, ordine in realtà soppresso già nel XVI secolo.

La certezza, per ora, è solo che nel 1860 la festa già esisteva. E da tempo, visto che già era molto frequentata. Proprio in una corrispondenza di quell’anno, infatti, si legge che «ogni anno nella notte dal 5 al 6 gennaio, vigilia della festa dell’Epifania si rinnova in Bellano una specie di pubblico baccanale sacro-profano in commemorazione d’aver ottenuto dopo lunga vertenza di poter conservare la Pesa Vegia»; una consuetudine “immemorabile”: «In questa occasione vecchi e giovani, signori e popolani affratellandosi percorrono le strade facendo ogni sorta di clamoroso baccano e ad un tempo cantando sacre canzoni in onore dei tre Re Magi. La consuetudine ha concesso in tale incontro che già sia lecito ogni sorta di dimostrazioni pagane non per certo tollerabili in altre occasioni. Anche quest’anno successe come al solito la predetta orgia». 

Siamo dunque nel pieno dei riti invernali, nel clima del carnevale. E non è un caso che tra le usanze vi siano le latte trascinate per le strade a provocare un chiasso infernale e il momento apicale della festa sia costituito dal gran rogo che richiama i “ginée” e le “giubiane” ancora diffusi in molte parti del nostro territorio e in qualche caso anch’essi avvolti in nuove confezioni fatte di leggende postume.
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Nel contempo, però, si cantavano inni ai Re Magi. Come non pensare, allora, alla tradizione premanese dei Tre Re? Tradizione peraltro diffusa in tutto l’arco alpino. La cerimonia, come altre usanze premanesi, era stato oggetto di studio da parte dei folkloristi che nella comunità dell’Alta Valvarrone si erano trovati davanti a un autentico scrigno. Dei “Tre Re” scriveva nel 1979 il grande etnologo Italo Sordi nel volume dedicato a Premana della collezione “Mondo popolare in Lombardia” promossa dalla Regione. Proprio Sordi sottolineava i collegamenti con Bellano pur rilevando come lo spirito dei due rituali «appare profondamente diverso»: circonfuso di un’atmosfera ancora profondamente religiosa quello premanese, immerso in una sarabanda pagana quello bellanese.
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La cavalcata dei Tre Re dello scorso anno

Se «datare la Pesa Vegia – scrive Rusconi – risulta essere alquanto difficile, se non impossibile», quindi «non è da tralasciare l’eventualità che la festa “dei Re Magi” sia sempre stata festeggiata in pompa magna a Bellano, cioè che l’Epifania è stata fatta oggetto di culto più o meno profano. (…) L’ipotesi quindi, sarebbe di una nascita della festa estranea alle dispute tra pesi e misure, entrata in gioco solo successivamente e divenuta poi in qualche modo parte integrante della tradizione. Oppure si potrebbe pensare che, in seguito ad un effettivo vantaggio ricavato da una riforma, i bellanesi abbiano deciso di accomunare i due eventi, la festa per la vittoria delle vecchie unità di misura con la festa dei tre re “venuti dall’oriente ad adorar Gesù”».

Da parte sua, comunque, il sindaco propone una propria tesi, conscio che «potrebbe essere un’altra delle versioni che un domani risulteranno poco probabili, ma il bello di questa festa è proprio il suo sfuggire ad una datazione certa, ad una collocazione storica precisa che ne sminuirebbe l’impatto emotivo, suggestivo e leggendario; questo, in ultima analisi, distruggerebbe una parte del fascino che la festa ha sempre esercitato sui bellanesi e sui visitatori».

La tesi, dunque: «La festa dei Re Magi di Bellano – sostiene Rusconi – ha origini antiche, non reperibili e difficilmente documentabili, una festa fatta di corteo, baccano, canti e balli, un’occasione per divertirsi, per portare i doni ai bambini e per ben propiziare il nuovo anno, festeggiando la fine di quello appena trascorso. Nel 1605, a seguito del ripristino delle vecchie misure, coinciso con l’inizio del nuovo anno, pieni di impeto e di esaltazione, i bellanesi hanno dato un nuovo significato alla festa, con il traino delle pese oltre alla consueta gazzarra. Nel corso degli anni e poi dei secoli, a causa della tradizione orale popolare, la festa ha visto moltiplicarsi cause e datazione della propria origine; in ogni caso ha avuto sempre un posto di primo piano nell’immaginario collettivo, creando curiosità intorno alle ragioni della sua nascita e diventando sempre più un evento da vedere, raccontare e interpretare».
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Chiuso il capitolo delle origini, nel libro si dà spazio anche all’evoluzione nel corso degli ultimi cento anni o poco più, grazie soprattutto a quanto riportato dai giornali. Con qualche aspetto ilare: un manifesto del 1907, infatti, avverte che «non saranno permessi gli idilli più o meno amorosi», ricordando così «l’aspetto per così dire piccante della manifestazione – osserva Rusconi -: per molti giovani era un’occasione per lasciarsi andare ad atteggiamenti ritenuti all’epoca poco dignitosi, tanto che negli anni l’usanza di toccare il sedere della donne è valsa a soprannominare la serata come la “sira di passpacuu”: quest’usanza, come dicono i nostri vecchi, è resistita fin oltre la metà del Novecento». E se il nostro autore la identifica «come fonte ispiratrice del più moderno rituale di far saltare in aria le ragazze», è più probabile si tratti di quella componente sessuale presente nei riti invernali e carnevaleschi.

Ciliegine (o, meglio, ciliegione) sono alcune straordinarie fotografie in bianco e nero di Carlo Borlenghi e un testo teatrale di Andrea Vitali.
Dario Cercek
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