Gilardi, al processo alle Iene parla l'assistente sociale: in RSA il professore era sereno e l'avvocato Barra lo 'coccolava'

Carlo Gilardi stava bene in RSA e aveva piena fiducia nell'avvocato Barra: così si potrebbe riassumere in poche parole il lungo e dettagliato racconto reso quest'oggi in aula da Sabrina Zanetti, assistente sociale presso gli Istituti Airoldi e Muzzi. La dottoressa è stata chiamata in qualità di testimone di parte civile – rappresentata dall'avvocato Elena Ammannato per la collega Elena Barra- nel procedimento per diffamazione aggravata a carico delle due “Iene” Nina Palmieri e Carlotta Bizzarri, nonché dell'ex badante del professor Gilardi, Brahim El Mazoury.
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Il "lancio" di uno dei servizi mandati in onda sul professore
Oggetto dell'istruttoria dibattimentale i famosi servizi mandati in onda nel 2020, in cui, secondo il capo d'imputazione, i tre avrebbero offeso la reputazione dell'avvocato Barra, all'epoca da poco nominata amministratore di sostegno dell'airunese.
In prima mattinata sono stati chiamati a deporre dapprima i due Carabinieri all'epoca in servizio presso la stazione di Brivio, presenti a quello che la trasmissione aveva dipinto come un prelievo forzato dell'anziano dalla casa di Brahim, il 27 ottobre 2020: la richiesta dell'intervento era stata fatta dalla stessa Barra, che quel giorno avrebbe dovuto accompagnare il proprio assistito al pronto soccorso (in ossequio al provvedimento del giudice tutelare, che con certificazione medica autorizzava un ASO, e non un TSO come riportato dalle Iene), finalizzato poi al suo ingresso in Rsa. “Temeva reazioni da parte del badante” ha ricordato il vicebrigadiere Domenico Basso “però il nostro intervento non si è reso necessario”. 
La scena descritta da entrambi i militari è stata pressoché la medesima: mentre l'avvocato cercava di convincere Gilardi - che nel frattempo pareva tranquillo - a seguirla in ambulanza per essere trasportato all'ospedale Manzoni di Lecco, El Mazoury si sarebbe mostrato “arrogante” nei confronti della stessa professionista e con frasi del tipo “se la segui ricordati che non tornerai più a casa, questi ti vogliono rinchiudere” tratteneva l'anziano. Dopo non poche perplessità Carlo (che in un momento di ribellione avrebbe anche detto che per portarlo via sarebbero servite le manette) si sarebbe “deciso autonomamente ad andare”. 
Quindi è toccato all'assistente sociale rendere la propria testimonianza: il suo primo incontro con il professore sarebbe avvenuto proprio l'indomani in ospedale. Quando gli avrebbero comunicato del ricovero in RSA avrebbe iniziato a scagliarsi contro la sorella, “poi dopo quello sfogo di un minuto che abbiamo imparato a conoscere con il tempo, si è rasserenato ed ha iniziato a parlare della propria vita”. La teste ha quindi precisato che l'opposizione al ricovero in RSA sarebbe una reazione ordinaria fra gli ospiti anziani, che più la struttura in sé, faticano ad accettare di non farcela più da soli. Infatti il giorno dell'ingresso agli IRAM – il 30 ottobre - Carlo non avrebbe protestato in nessun modo, anzi, si sarebbe fatto accompagnare in stanza a braccetto dalla stessa assistente sociale, chiacchierando. “Poi dopo qualche giorno il direttore sanitario mi ha riferito che aveva iniziato lo sciopero della fame, ma già mentre gli spiegavo che era lì per la sua protezione si stava bevendo un succo. Dopo qualche giorno è passato a pane ed acqua e poi ha ripreso a mangiare”.
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Un compleanno festeggiato agli IRAM da Gilardi
Sono quindi state elencate le varie attività svolte durante la sua permanenza in casa di riposo, tra cui i colloqui con una filosofa, le attività culturali con Luigi Gasparini della cooperativa Solleva (grazie al suo aiuto Carlo avrebbe anche scritto al Papa per sottolineare un presunto errore di traduzione nell'Ave Maria, ricevendo anche risposta) e i momenti di convivialità con gli altri residenti, per cui spesso si offriva di leggere passi dei Promessi Sposi o il giornale.
Si sarebbe poi “divertito come un bambino” quando gli ospiti dell'istituto hanno fatto visita all'Istituto Medardo Rosso di Lecco, passando la giornata con gli studenti: “gli alunni mi chiedevano se fosse lo stesso Carlo Gilardi di cui si parlava in televisione come di un uomo triste e solo, che non voleva stare in RSA. So che ne hanno anche parlato in un progetto in merito alle fake news”.
Il suo buon umore veniva invece turbato quando veniva a sapere di qualche manifestazione a suo favore: “Diceva di saper badare a sé stesso e si arrabbiava molto se trovava qualche trafiletto di giornale che parlava di lui”.
In merito al clamore mediatico che la sua vicenda ha sollevato, infatti, nonostante i primi tentativi di tenerlo all'oscuro per non suscitargli preoccupazione, ben presto è stato necessario rivelargli cosa stava accadendo al di fuori della RSA: “quando tornerò al mio paese dovrò girare con una maschera” avrebbe commentato per esprimere la propria vergogna. In più, quando gli è stato raccontato dei servizi messi in onda su di lui, avrebbe “bollato” “Le Iene” come una trasmissione “che fa pettegolezzo”. 
Non accettava nemmeno di buon grado le numerose richieste di visite che arrivavano agli IRAM (prontamente rigirate all'amministratore di sostegno, che lasciava liberamente decidere all'anziano se accettarle o meno): avrebbe filtrato qualsiasi richiesta con la domanda “è gente che fa pettegolezzo?”.  
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Uno dei presidi organizzati davanti alla Rsa
Questo soprattutto dopo aver saputo che una delle prime telefonate che aveva ricevuto dal suo ingresso in casa di riposo era stata registrata – dai cugini - e trasmessa senza il suo consenso in televisione. “Arrossisco dentro” avrebbe detto il 93enne quando gli era stato riferito l'episodio.
Ancora, quando gli era stato riferito che anche Andrea Bocelli aveva espresso il desiderio di incontrarlo, aveva con leggerezza rifiutato il colloquio, dicendo di non sapere minimamente chi fosse perché non ascoltava musica.
La dottoressa Zanetti ha poi snocciolato in Aula le diverse soluzioni alternative al ricovero che erano state prese in considerazione: dal ritiro in convento, come Carlo aveva desiderato da giovane, all'ospitalità presso la governante di famiglia Maria, fino alla sua casa del Cerè, una volta degnamente ristrutturato: “mi ero anche attivata con alcune cooperative per trasformarla in una struttura di accoglienza per persone in difficoltà, dove Carlo potesse essere un po' il protagonista”. Tutte opzioni bocciate dallo stesso Gilardi, specialmente l'ultima: “il Cerè non si tocca: o torno lì così com'è o rimango qui”.
E lì, agli Istituti Riuniti sarebbe voluto rimanere fino alla fine dei suoi giorni, una volta venuto a sapere della malattia, ma il trasferimento all'Hospice di Airuno è diventato necessario: “certi avvenimenti iniziavano a diventare pesanti” ha raccontato, facendo riferimento in particolare ad una “manifestante” che spesso entrava in struttura e insultava i medici, mettendo in discussione le cure palliative ed insinuando addirittura che Carlo fosse stato malmenato. “così abbiamo pensato che farlo tornare ad Airuno fosse un bel modo per chiudere il cerchio della sua esistenza, visto che del Nespolo era stato anche finanziatore”. 
In ultimo, in merito all'operato dell'avvocato Barra, l'assistente sociale ha voluto sottolineare come Carlo si fidasse ciecamente di lei e di come apprezzasse la sua estrema sincerità e l'impegno che metteva per esaudire nel limite del possibile ogni suo desiderio: “Lo viziava molto: una volta ricordo che aveva voglia di crostata, ma nella struttura non si potevano portare le torte fresche, quindi lei gli aveva portato delle crostatine confezionate, di cui da quel momento non poteva più fare a meno”.
L'udienza di oggi si è conclusa nel pomeriggio con le domande a contro esame della stessa teste da parte del pm Chiara Stoppioni e dei difensori Federico Giusti e Nicolas Pistollato. Si torna in aula il 23 febbraio per sentire l'avvocato Andrea Fumagalli, collaboratore dello studio Barra e finalmente, se decideranno di presentarsi, sarà la volta dell'esame degli imputati.
F.F.
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